Pubblicato il 19 Luglio, “Ubuntu“, è il quarto album di Giuseppe Dosi.
Il titolo dell’album si ispira alla filosofia africana che si basa sulle relazioni e la lealtà tra le persone.
“Dopo questo duro e prolungato periodo che ci è toccato vivere questa è l’essenza” – dice Dosi – ”l’insegnamento che dobbiamo trarne è l’Io che ha senso e si realizza soltanto attraverso il Noi e viceversa.” Le canzoni parlano di immigrazione di amicizie e del legame che unisce tutti gli esseri umani. In un periodo in cui si fronteggiano “umani” contro “pagnottisti” è rincuorante sentire parole di umanità da parte degli artisti, i nuovi poeti. Se non ci fossero state nella storia personalità di spicco a fare dei diritti umani la loro causa, saremmo stati persi. Grazie a Giuseppe per aver abbracciato questa causa.
Il filo conduttore musicale è il blues, inteso come linguaggio che è nato e si è evoluto viaggiando e attraversando le culture di tutto il mondo. Così che l’amicizia, la fratellanza e la pace, oltre al rispetto per ogni essere umano stanno alla base di questo nuovo progetto del cantautore lombardo che vive a Madrid
CIAO GIUSEPPE BENVENUTO A SENZA LINEA E COMPLIMENTI PER LA TUA MUSICA!“UBUNTU” è IL TUO QUARTO ALBUM. COSA SIGNIFICA QUESTA PAROLA E CHE CONCETTO VUOI ESPRIMERE?
Ciao e grazie a voi per ospitarmi. Ubuntu è traducibile come “Umanità” ma concettualmente indica uno stile di vita che si fonda sul rispetto reciproco e sulla compassione verso l’altro. Sostanzialmente si potrebbe intendere come “la credenza in un legame universale che unisce l’intera umanità”.
LE TUE CANZONI PARLANO DI LEGAMI, AMICIZIE E ANCHE DI IMMIGRAZIONE. QUANTO è IMPORTANTE L’INCLUSIONE OGGI GIORNO?
È fondamentale, non solo nei confronti dei migranti, anche se le mie canzoni fanno riferimento proprio a questo argomento, ma nei confronti di tutti coloro che per una ragione o per l’altra non vedono riconosciuti tutti i loro diritti. Sto pensando per esempio all’uso del linguaggio inclusivo, alcuni continuano a pensare che sia una questione grammaticale ma secondo me è una questione sociale, è importante identificare tutti con il linguaggio. Bisogna far sì che tutti i componenti della società si sentano coinvolti in essa, la bocciatura del ddl Zan è una grossa sconfitta per tutta la società, si è persa un’occasione per fare un passo avanti verso una società più civile, più rispettosa, più inclusiva.
IL BLUES è UN LINGUAGGIO UNIVERSALE?
Assolutamente sì, basta fare un viaggio nelle sue radici per rendersene conto. Ma la musica in sé è un linguaggio universale.
ANCHE IL TANGO è SEMPRE PRESENTE NEI TUOI BRANI. TI PIACE ANCHE BALLARLO?
Mi piacerebbe, ma ahimé non so farlo, da piccolo mio padre provò a insegnarmi dei passi ma mi fermai al valzer. Entrambe sono musiche sensuali, anche se di solito solo il tango lo si considera come tale, vuoi anche per l’idea che tutti abbiamo del tango figurato argentino. Pensa che alla base del tango “normale”, di casa nostra, delle balere, c’è l’azione di mettere la propria gamba tra quelle della compagna di ballo che di per sé è già un movimento sensuale. Ma anche il valzer ai tempi fu proibito perché visto come provocatorio poiché l’uomo e la donna ballavano abbracciati, ai tempi si ballava staccati, tenendosi per mano.
CI SARA’ UN TOUR? DOVE TI ESIBIRAI PROSSIMAMENTE?
Non credo, al momento non c’è nulla di previsto. Per me poi è complesso: vivo a Madrid e suono con musicisti italiani e mettere assieme tutte le variabili è complicato.
QUANTO è STATO DIFFICILE CONTINUARE A CREDERE NELLA MUSICA DURANTE QUESTO PERIODO DI PANDEMIA?
Nella musica in sé personalmente credo sempre, per quanto riguarda il sistema sono molto deluso con o senza pandemia. Personalmente poi ho ricominciato a scrivere dopo qualche anno di silenzio proprio durante il lockdown, quindi, per assurdo, la pandemia mi è servita da stimolo.
QUANDO PARLI DI “ANIME” DISPERSE, QUANTO FA MALE VEDERE UN CERTO TIPO DI POLITICA CHE IGNORA LA SOFFERENZA DI ESSERI UMANI CHE CERCANO DI SOPRAVVIVERE?
Fa molto male, la sentenza di Mimmo Lucano fa molto male. Pensavo che la pandemia ci rendesse più solidali “Ubuntu” appunto. Pensavo che attraverso la nostra sofferenza potessimo comprendere quella degli altri, avevo una grossa speranza che il virus ci rendesse più uniti. Peccato, ho sbagliato anche stavolta, anche stavolta, come dicevo prima, abbiamo perso una grande occasione come società di fare un passo avanti, di uscire dall’anonimato. Anche stavolta, chi si dice cristiano si contraddice coi fatti.