Martedì 26 presso Palazzo Venezia sito in Via Benedetto Croce siamo stati ospiti della mostra “CITTÀ MADRE”, esposizione Di Pittura Contemporanea E Arte Orafa” allestita dai Maestri Giovanni Manzo, Ciro D’Alessio e Dario Gargiulo. Proprio con quest’ultimo abbiamo avuto modo di parlare per addentrarci, con il rispetto e l’ossequio che l’arte richiede, in un viaggio che, come spesso accade, nasconde, cela, molto più di quello che si vede.
- La prima cosa che colpisce entrando è che, questa, sia una mostra sulla città; come nasce questa idea, con quale intento?: Il tema che ci siamo dati è quello della “Città madre” inteso non come luogo fisico ma, invece, come luogo di “emozione”, un luogo dove sentirsi a casa. La città madre deriva come concetto dal termine latino “Metropoli” ossia Città madre ed è da qui che abbiamo preso il nome. In quest’ottica, ognuno dei tre artisti ha avuto la propria percezione di città-accoglienza, il nido…dove si sente a casa, e la casa è ovunque.
- Ci presenti gli artisti che hanno collaborato con te a questo evento e come hanno contribuito allo stesso?: Hanno collaborato a questo progetto il maestro Giovanni Manzo ed il Maestro Ciro D’Alessio. Il primo (Manzo) usa la città come “caos colorato”; dove c’è vita, per lui, c’è la città. Per il secondo, (D’Alessio) invece, ha come luogo del cuore, dov’è nato, la città in cui lavora. Io invece occupandomi di arte orafa ho scelto di trasportare la città lavorando ed incidendo l’argento al fine da poter concedere ad ogni persona la possibilità di portare con sé un pezzo del proprio cuore, che sia una casa di nascita, il luogo dove si giocava a pallone, una veduta di una città. Io ho trasposto, quindi, la città in emozione, luogo dell’emozione.
- Notavo all’ingresso, varie situazioni, con varie ambientazioni come Napoli, New York, un ritratto di Maradona; tutte accomunate dalla vivacità dei colori. Questo dualismo diversità/completezza dei colori come puoi motivarlo?: Posso motivarlo dicendo che avendo capito qual’era il modus operandi dei maestri quello di usare il colore come protagonista; anche il colore, al di là della forma che poi assume può essere un racconto. Saper domare l’emozione di un colore con dei fondi più tenui e dei pani più vivaci o dare la sensazione di movimento semplicemente dando un pretesto al colore ecco; il pretesto del colore come narrazione. E’ questo che ci siamo dati ecco.
- Una domanda un po’ più retorica. In una società odierna che va sempre più scurendosi verso toni cupi, quanto colore serve all’arte per risollevare la moralità delle persone?: Eheh servono i colori primari. Serve il giallo della gioia per poter attraversare le brutture quotidiane; serve il rosso della passione in quanto sembra sempre più che manchi la passione nel fare le cose. Ancora, serve il blu, soprattutto, della meditazione in quanto dobbiamo pensare a cosa stiamo facendo. Io tornerei all’essenza ecco, togliendo gli altri colori, tornare ai colori primari per far sì che fondendosi rinascano tutti gli altri colori e nuove sfumature.
- Il nero, di norma, è un colore comunemente visto di sottocchio. Qual è la bellezza di quel colore secondo te?: La bellezza del nero la conosco bene in quanto la uso spesso nei miei gioielli, le parti scure, le parti non in luce, ed è particolare in quanto dobbiamo saper convivere con il nero. Trovare, soprattutto, una bellezza nel nero che, essendo l’assenza di colore, possiamo pensarla come un punto di inizio in realtà. Mentre il bianco è la totalità di colore il nero ne è l’assenza, ed allora è lì giusto fare entrare i colori. Entrare in un angolo buio, accettare la differenza e poi riempirla di colori.
- Notavo nelle tue opere “Keplero”; me lo introduci?: Indifferentemente dal crederci o meno in ogni attimo, un giorno speciale, un momento speciale, le stelle si muovono creando sempre delle disposizioni diverse. Cosa possiamo fare allora con questa opera? Possiamo fermare, bloccare, le stelle, il sole ed i pianeti nel momento in cui abbiamo deciso che quello è il nostro momento emozionante. Tramite dei siti gratis è possibile risalire in ogni momento alla disposizione dei pianeti e, di conseguenza, tramite un sottile gioco di spostamenti possiamo modificare le stelle ed i pianeti in questo ciondolo, in questa opera, in modo tale da poter sempre portare con noi il nostro momento speciale. In questo modo che corre sempre più veloce ho provato a portare in gioielleria il concetto di “calma” di “tranquillità”…il godersi il momento.
- Dovendo tracciare un sunto sulla fine di questa mostra, cosa ci puoi dire: Beh sicuramente questa mostra chiude in modo molto più che positivo. I turisti ne sono rimasti entusiasti ma ancor più gli stessi cittadini, gli stessi napoletani che sono venuti in massa incuriositi ed interessati da ciò che potevano vedere qui. Pensa che abbiamo avuto la fortuna, addirittura, di prorogare questo allestimento. Proprio in base alla risposta più che positiva ottenuta.
- Ultima domanda; cosa ti aspetta nel futuro?: Beh c’è da premettere che, questa, è stata la mia prima mostra pubblica in quanto ho sempre preferito lavorare in modo riservato. Adesso ho ottenuto, attraverso questo lavoro, non solo degli elogi ma anche dei nuovi stimoli a fare ancora di più ed ancora meglio. Credo quindi di poter affermare che nel prossimo futuro ci saranno ulteriori mostre e gallerie
E’ importante, per i cittadini (nessuno escluso), poter visitare e avere modo di approfondire quella che è la forma più vicina a noi di bellezza, qual è l’arte. E’ anche da qui che passa la cultura del bello, della conoscenza, della scoperta e dell’accettazione…cultura nel quale, sempre più, ci dimostriamo carenti.
Esortiamo vivamente, quindi, quante più persone possibile a seguire i lavori (passati e futuri) di questi tre maestri che hanno scelto Napoli come meta del loro “dono di bellezza”.