Nemmeno il tempo di sentirci un po’ più al sicuro da una pandemia che ha cambiato completamente le nostre vite che ci troviamo esposti ad un nuovo rischio: il vaiolo delle scimmie.
Si tratta di una malattia infettiva virale molto rara, fino ad oggi era limitata in Africa centrale ed occidentale.
Il “Monkeypox” venne studiato nel 1958 sulle scimmie, alle quali era stato trasmesso tramite morso da piccoli roditori.
Nel 2003 negli USA ci furono alcuno casi di contagio dovuti ai cani della prateria che in quel periodo si stavano diffondendo come nuovi animali da compagnia.
A quanto pare le vecchie generazioni vaccinate dal vaiolo risultano immuni a questo virus.
Il poxvirus quindi non deve mettere in pericolo le scimmie che non sono un “serbatoio” del virus, ma farci pensare più coscientemente come convivere con animali esotici e la loro gestione che ne garantisca il benessere nel loro habitat naturale; il virus infatti viene trasmesso tramite fluidi corporei e ferite, la trasmissione da persona a persona non è semplice e veloce come si possa pensare e c’è necessità di un prolungato contatto “faccia a faccia”.
Le lesioni cutanee del vaiolo delle scimmie sono a grappolo e si sviluppa linfoadenopatia, può anche sfociare in infezioni batteriche secondarie ai polmoni ed alla cute.
Per questa malattia in ogni caso il vaccino è già testato ed esistente e l’unico modo per limitare la diffusione è non esportare e lucrare su animali esotici quali cani della prateria, citelli, scoiattoli ecc. e qualora ne aveste uno sottoporlo a visite e controlli veterinari periodici e ad una corretta profilassi, certo la cosa meno sensata da fare sarebbe “disfarsi” di quelli che fino al giorno prima sono stati i nostri compagni di vita anche perché con tutti i danni che rappresentiamo per il pianeta, gli animali ancora non hanno deciso di disfarsi dell’essere umano, quindi…