Questo articolo nasce come risposta indiretta ad un altro articolo, uscito su un giornale che non intendiamo qui nominare semplicemente per non rischiare di fare così pubblicità (ormai si sa, persino la cattiva pubblicità rimane pur sempre pubblicità), che in un ardito minestrone di informi deliri dava voce ad una presunta e sotterranea preoccupazione di psicologi ed educatori di tutto il mondo nei confronti del gioco di ruolo (dal vivo, cartaceo, in forma di videogioco, insomma quando si dice “poche idee ma confuse”). Commentare punto per punto l’articolo in questione non è l’obiettivo che qui ci prefiggiamo: i contenuti sono davvero fin troppo poveri per azzardarsi in una polemica da tastiera come quella che ha infiammato sul web la community italiana dei giocatori di ruolo. Controversie e ostracismi verso questo genere sono sempre esistiti, fin dagli anni ‘80 in cui negli Stati Uniti di Ronald Raegan associazioni evangeliche e di genitori preoccupati accusavano Dungeons & Dragons (che da pochi anni aveva visto la luce) di circuire i loro figlioli e indurli sulla strada dell’autolesionismo, del satanismo e, in sostanza, dell’alienazione dal mondo reale.
Questa volta è interessante però sottolineare proprio la risposta che la community italiana ha dato (in maniera forse un po’ troppo infervorata) all’articolo sopracitato: il gioco di ruolo non è solo un mezzo d’intrattenimento ma soprattutto di benessere e socialità. Tantissimi video hanno inondato la rete, a seguito dell’appello lanciato da Nicola De Gobbis, CEO di Need Games, per ribattere alle accuse del giornalista. Risposta migliore sicuramente non c’era, in effetti, da parte di una comunità che è esponenzialmente cresciuta e ha acquisito la consapevolezza delle potenzialità esprimibili dal loro hobby preferito. Se la provocazione quindi non è andata a buon fine, ha permesso anzi ai giocatori di tutta la penisola di gridare a gran voce l’amore per questa passione fatta di schede e dadi, di come ha riconciliato padri e figli, fatto nascere amori e amicizie, creato momenti memorabili o anche solo riempito pomeriggi di noia. Oggi il gioco di ruolo è davvero un potente mezzo. Progetti come Kids & Dragons avvicinano i bambini (e persino gli insegnanti) di moltissime scuole al mondo dei giochi di ruolo, aiutando a superare tensioni di gruppo attraverso la simulazione che questo strumento permette; famiglie intere occupano i tavoli delle fiere nostrane per giocare tutti insieme alle novità, sintonizzandosi tutti sullo stesso mondo: quello creato collettivamente sul momento; il gioco di ruolo è utilizzato da team di lavoro, associazioni e gruppi di ogni genere per potenziare la collaborazione reciproca, la comprensione, l’immedesimazione nell’altro, insomma l’intelligenza emotiva. Ecco quindi la vera notizia indirizzata a chi scrive senza informarsi: il gioco di ruolo è di chi lo ama.