Circa un mese fa, scorrendo le storie di Instagram, mi sono imbattuta nel profilo di Fedez, emozionato, che parlava di un progetto che aveva in mente e di cui non voleva ancora parlare… Dopo un paio di settimane il suo entusiasmo continuava a manifestarsi sui social, dicendo che aveva parlato di questa iniziativa con altri colleghi e che, sorprendentemente, avevano quasi tutti aderito. Passa ancora qualche giorno e Fedez non ne fa più menzione, non come iniziativa pensata da lui almeno, ma come un “collettivo”, un’opera corale a cui hanno aderito più di 70 artisti.
L’iniziativa si chiama “Scena Unita” ed è un fondo per gli operatori della Musica e dello Spettacolo che sarà gestito da Cesvi, un’organizzazione umanitaria italiana laica e indipendente, in collaborazione con La Musica Che Gira e Music Innovation Hub e patrocinato da Mibact. Tanti i nomi coinvolti, da Achille Lauro a Gianni Morandi, da Emma a Gianna Nannini, da Tommaso Paradiso a Manuel Agnelli. L’iniziativa ha già raccolto 2 milioni di euro in due settimane.
“Non sono un portavoce, tutti gli artisti hanno partecipato in modo spontaneo, è un’iniziativa di gruppo. Non ci sono capigruppo, senza glia artisti non avrebbe la stessa forza che il progetto vuole mettere in campo. È un’iniziativa di gruppo che dà un senso di coesione in questo clima divisivo. È una raccolta fondi per le maestranze che lavorano ai nostri spettacoli. Infine Scena Unita ha il fine di agevolare l’apertura di un tavolo tecnico per la mappatura dei lavoratori. Dire che tutti quelli a cui l’abbiamo proposto hanno aderito sarebbe dire una cosa non vera ma siamo veramente in tanti. E questa conferenza serve non a farci i complimenti tra di noi ma a cercare di coinvolgere più artisti e più aziende in maniera che questa iniziativa possa crescere”, queste le parole di Federico.
Il 50% del ricavato della raccolta fondi andrà ai lavoratori dello spettacolo, il 25% in attività formative e l’ultimo 25% in progetti che possano generare nuove occasioni nel settore.
In un Paese in cui esistono lavoratori di serie A e lavoratori di serie B, in cui la musica – e l’arte in generale – non viene considerata un lavoro, ma un passatempo, un “di più”. In una Nazione in cui non c’è tutela per gli operatori dello spettacolo, in cui non esistono leggi adeguate, in cui chi lavora a nero prende il reddito di cittadinanza ma chi lavorava come fotografo, attore o cantante gli sono stati datti quattro spicci come palliativo (e attenzione solo ai “big”), in questo contesto, in questo posto in cui lo Stato è assente e i vuoti vengono sempre più colmati dall’illegalità latente, si prende carico di questa situazione un cantante, che ci piaccia o no, una persona che con strategie o non strategie di marketing, con la pubblicazione di ogni momento della sua vita, attraverso la condivisione sui social anche dei momenti familiari. Non sarà ortodosso, ma quel che conta è il risultato, un risultato positivo, di cui, ahimè, non è fautore lo Stato, che recluta mediante la televisione medici in pensione e specializzandi (con scarso successo) e chiede aiuto proprio ai Ferragnez per spingere i giovani ad usare la mascherina. In questo strano universo, un sottosopra al contrario, va bene anche questo, soprattutto se funziona.