Il Premio Letterario “Scrivere per Amore” nasce nel 1996 con l’idea di premiare un’opera di narrativa, edita in Italia, che abbia per tema l’amore.
Con gli anni il premio, che gode del Patrocinio del Comune di Verona, Assessorato alla Cultura, è cresciuto costantemente di livello e fama. L’organizzazione, è curata dal Club di Giulietta, nota associazione culturale, coadiuvato da una giuria composta da illustri rappresentanti della cultura, scrittori e giornalisti.
Già con la prima edizione del 1996 (vincitore Giampaolo Pansa con “Siamo stati così felici”) il premio ottenne grande successo di pubblico e di critica, distinguendosi per l’originalità ed il coraggio delle sue scelte.
Nel 1998 il premio diventa internazionale, selezionando anche romanzi di autori stranieri ma tradotti ed editi in Italia.
Tra i vincitori di maggior rilievo delle passate edizioni ne citiamo solo alcuni: da Meir Shalev, a Elena Loewenthal, da Maurizio Maggiani a Grazia Livi, da Per Olov Enquist a Eric-Emmanuel Schmitt e Marta Morazzoni.
La tenacia del Club di Giulietta nel tenere in piedi il premio “Scrivere per Amore” nel panorama italiano è stata premiata negli anni dalla partecipazione sempre attenta ed incoraggiante delle case editrici e di numerosi autori italiani e stranieri che partecipano di buon grado a questo premio atipico ma fortemente simbolico.
Ci sono moltissime forme di amore, diverse, facili o complicate, che però hanno una stessa qualità: cercano le parole per dire i sentimenti, studiano le parole per fare progetti, usano le parole per raccontarli. Sull’amore si scrivono romanzi, lettere, saggi, canzoni, poesie. Un esperimento che lascia auspicare un buon esito è allora quello di parlare di amore nei libri e di amore per i libri, praticandolo, in questo caso, attraverso la curiosità e il dialogo, proprio a Verona dove da sempre si narra la storia degli amanti più famosi della letteratura. Scrivere per amore, il noto premio al romanzo d’amore più bello dell’anno, si propone con una nuova veste: diventa quasi un festival e chiama a raccolta gli appassionati della lettura per incontrarli nel corso di quattro giornate dando vita a incontri, musica, prosa e poesia.
Il 26 ottobre, ad aggiudicarsi la XXV edizione è stato ‘Mio Signore’ di Barbara Alberti (Marsilio).
“Sono emozionata come una sposa per questo premio unico al mondo – ha commentato la vincitrice, Barbara Alberti – Che la giuria abbia scelto un libriccino fuori moda, fuori tempo, mi fa sentire la ragazza di un paese lontano che in una lingua semisconosciuta scrive a Giulietta come a una divinità, e si vede arrivare una risposta scritta a mano”. “La scrittura di Barbara Alberti – motiva la scelta della giuria il presidente, Paolo Di Paolo – fa saltare tutti gli schemi, mescola diverse possibilità della prosa in modo elettrico, visionario, anticonformista – e perciò spiazzante”.
Da una lettura a una vita: gli scrittori italiani raccontano del mondo e di sé partendo da un libro. Questa è “PassaParola”. Maria, la sguattera del bar, un giorno si accorge che il suo vicino di casa è Dio. Lo ravvisa nel garzone della lavanderia, Andrea, un attempato giovanotto senza onore, ex tossico, con le caviglie gonfie e una faccia non simpatica. Gli dice: «Signore, vi ho riconosciuto.» E lo invita a casa. Andrea è una carogna, e va da lei solo per riderne col cognato, padrone della lavanderia e un poco suo padrone. Si aspetta qualche gioco lercio e piccante. Invece Maria gli si inginocchia davanti, e lo adora come il nuovo Gesù. Lui mira al sesso più spiccio, ma l’assurda fede di lei lo seduce. Sul filo del desiderio, il culto segreto diventa gioco erotico crudele, nell’obbligo di una castità ardente. Andrea, respinto e beffato da Maddalena, sex symbol della Fratta, dubita di essere Dio. Però quel gioco santo e perverso lo fa sentire quasi un uomo. Quando il paese li scopre, c’è una congiura per rovinarli. Ma le vie del Signore sono infinite. E i finali, anche. L’autrice scrive partendo da La Madre Santa di Leopold von Sacher-Masoch, che ha dato il nome a una perversione sessuale. I dialoghi sono nel dialetto della Fratta, fatto per il paradosso, in una lingua che grida e canta, come tutti i dialetti italiani.