Il termine “chimera” dal greco “capra”, è conosciuto come un mostro leggendario della mitologia in varie culture (greca, etrusca e romana), in senso “figurato” questo termine viene adoperato per descrivere un’idea senza fondamento, un’utopia.
Si tratta di un unico essere costituito da parti del corpo di vari animali diversi come il minotauro, il grifone o la sfinge.
Nella mitologia greca (da cui ha origine) viene rappresentato come un leone con una seconda testa di capra sulla schiena ed una coda formata da teste di serpente che sputa fuoco ed incarna l’idea della potenza distruttrice.
Ci riesce assurdo credere che le “chimere” possano esistere nel mondo reale, ma ne abbiamo numerosi esempi “biologici”, infatti si tratta di individui le cui cellule derivano da due “uova” fecondate unite accidentalmente o in laboratorio, spesso può capitare nel campo della fecondazione in vitro di avere “bambini chimera”.
Difficilmente vengono scoperte chimere “naturali”, a meno che non si presentino evidenti anomalie o particolari colorazioni.
Un esempio lampante di chimere “ordinarie” sono i gatti “tartarugati” o colore “guscio di tartaruga”, per spiegarla semplicemtne e non entrare nel dettaglio scientifico che diventerebbe di comprensione difficoltosa, se non si hanno grandi conoscenze della genetica, è come avere due puzzle con l’intaglio identico dei pezzi ma che ritraggono due immagini differenti, pertanto il risultato pur essendo “funzionante” risulta “bizzarro”.
Nel campo della ricerca scientifica le chimere sono all’ordine del giorno e nascono dal mescolamento di cellule derivanti da due organismi diversi, da non confondere con gli “ibridi” per i quali si fondono i “gameti” di specie diverse (come il mulo).
Chimaera è anche un genere di pesci cartilaginei che comprende 14 specie, chimati così proprio per l’aspetto “particolare, infatti, pur essendo a tutti gli effetti pesci, il loro muso ricorda in maniera inconfondibile quello di un coniglio!
Nel 1984 è stata prodotto questo essere combinando gli embrioni di una capra con quelli di una pecora che venne chiamato caprapecora, oggi abbastanza diffuso.
Per le chimere intraspecifiche (appartenenti alla stessa specie) la possibilità di sopravvivenza e di resistenza maggiore sono ampie, invece per quelle interspecifiche (ossia appartenenti a specie completamente diverse) come il “conigliouomo” non si sviluppano al di la di pochi giorni.
L’aspetto interessante nel campo della ricerca è quello di creare specie maggiormente resistenti a cambiamenti climatici, epidemie, distruzione dell’habitat ecc., che potrebbe risultare utile nei soggetti a rischio estinzione… anche se, mi chiedo e vi chiedo, quanto sia giusto questo “abuso/stupro” della genetica e della natura, pur se mosso da nobili scopi.