Ennesima impresa del Napoli targato Rino Gattuso: si, perché non è da tutti giocare in casa contro la penultima in classifica, fallire una quantità industriale di occasioni da rete, regalare il rigore del pareggio dopo aver trovato faticosamente il vantaggio, e riuscire a perdere subendo il gol partita in superiorità numerica.
Non c’è molto da aggiungere all’estrema sintesi di questo capolavoro al contrario, per il semplice motivo che si è trattato dell’ennesimo scadente remake di film già visti: non solo quest’anno, come capitato con Sassuolo, AZ Alkmaar ed Inter, ma anche nelle ultime due stagioni.
Le partite dell’anno scorso con il Cagliari, col Bologna, con l’Atalanta, con il Genk, e quelle di due anni fa con Chievo, Fiorentina, Torino, solo per citarne alcune, non solo non hanno insegnato nulla ai fuoriclasse in maglia azzurra (o albiceleste), ma semplicemente sono una prova, una delle tante, che questa squadra ha difetti endemici, radicati, dai quali non è mai progredita.
Non ha torto chi, oggi, dice che cambiare l’allenatore non servirebbe a molto, ma viene da chiedersi come mai non si sia fatto lo stesso ragionamento lo scorso anno, visto che in panchina, con tutto il rispetto per il simpatico tecnico calabrese, in quel caso c’era un allenatore serio, preparato, vincente come pochi al mondo, reduce da un secondo posto, che questa squadra voleva rifondarla, trovando l’ostracismo del fenomenale DS prima ancora che di De Laurentiis.
Gattuso invece ha voluto solo puntellare un gruppo alla frutta, pretendendo, con la complicità del fenomenale DS, di sostituire giocatori del calibro di Hamsik e Jorginho con Demme e Lobotka, facendo strapagare un giovane e, forse, fragile centravanti dalla dubbia prolificità, invece di cercare l’unico giocatore che a questa squadra manca da anni: un bomber vero, possibilmente anche in grado di prendere per mano questo gruppo di pecorelle smarrite.
Un De Laurentiis con 10 anni di meno e con una situazione covid-free avrebbe probabilmente operato ora una rivoluzione, che a giugno sarà comunque inevitabile a meno di non rassegnarsi ad un’aurea mediocritas: dunque, avanti così, per ora, sperando che una ormai complicatissima qualificazione Champions non divenga un miraggio già a fine girone di andata.
Con queste meravigliose premesse, il Napoli vola ad Udine dove domani (ore 15) affronta i bianconeri di mister Gotti, reduci dal pareggio in extremis di Bologna ed in una relativamente tranquilla posizione di centroclassifica.
Se i precedenti contano qualcosa, sarà meglio che Gattuso faccia gli scongiuri, visto che il deludente 1-1 del 7 Dicembre 2019, con gol dell’ex Zielinski, decise di fatto il destino di Ancelotti, cui non bastò ad evitare l’esonero la successiva vittoria per 4-0 col Genk, con relativa qualificazione ai gironi di Champions.
La panchina di Gattuso sembra in realtà particolarmente salda, con un credito illimitato da parte del presidente, ed un rinnovo che pare cosa fatta: se è comprensibile la scelta di non allontanarlo ora, per le ragioni di cui sopra, appare sorprendente la volontà di legarsi altri due anni ad un tecnico che, numeri alla mano, ha perso una partita su tre da quando allena il Napoli.
Con l’Udinese non dovrebbero esserci grosse novità di formazione, visto che nessuno degli infortunati appare in grado di recuperare: ancora out Koulibaly, dunque, e possibile esordio dal primo minuto di Rrahmani al posto del disastroso Maksimovic di mercoledì con lo Spezia.
A centrocampo, con Demme ancora fuori e l’impalpabile Lobotka verso la cessione, sembra scontata la conferma del centrocampo dell’ultimo turno: anche se Zielinski appare definitivamente a suo agio agendo da trequartista, non sarebbe folle provare ad invertire la sua posizione con quella di Fabiàn, per cercare di liberare lo spagnolo da compiti di impostazione ed interdizione che sembrano condizionarne terribilmente il rendimento nella mediana a due.
In attacco, con Osimhen lontano dal recupero e Mertens non ancora pronto, ci si augura che Gattuso decida di non togliere Lozano dalla posizione dove può fare più male, ovvero quella di esterno a destra, e di far giocare centravanti…l’unico centravanti disponibile, ovvero Petagna, con il riesumato Llorente non in grado di garantire un lungo minutaggio.
Lo psicolabile Napoli di questi ultimi mesi è tranquillamente in grado di vincere largamente a soli quattro giorni dal suicidio con lo Spezia, ma comunque vada, c’è da augurarsi che “Ringhio Star” smetta di utilizzare la stucchevole retorica del pericolo da annusare, del pezzo su cui stare e soprattutto del veleno che manca.
Perché, caro Gattuso, di veleno nel fegato dei tifosi napoletani ce n’è ormai fin troppo.