Cosa si può chiedere ad uno dei grandi della musica? Mi sono trovata di fronte a questo mostro sacro della chitarra e, in generale, della musica italiana. Maurizio Solieri non ha bisogno di presentazioni: storico chitarrista di Vasco Rossi, ma già compositore, chitarrista e voce di tanti suoi progetti personali dagli anni ’80. Un’emozione unica poter parlare con chi ha composto le musiche di tante canzoni che hanno segnato un’epoca e che continua a dare emozioni, questa volta con un album tutto suo, tutto rock, che alterna brani più “hard” a delle ballads. Davvero da ascoltare e da apprezzare dal primo all’ultimo brano.
Dal giugno 2022 è disponibile sulle piattaforme digitali, in vinile e anche in formato cd, “Resurrection”, il nuovo album di Maurizio Solieri.
“Resurrection” è un progetto discografico musicalmente molto vario, si passa dal cabaret pop di Tommy all’hard rock di Rock’n’roll Heaven, dalla ballata Jimmy al pezzo “rollingstoniano” Checkin’ out your throne con tanto di fiati. Le prime registrazioni del disco sono iniziate nell’ottobre 2020 presso gli studi Gadda a Bologna, continuando poi, sempre nel periodo della pandemia, con la collaborazione di Eric Solieri (figlio di Maurizio) alla batteria e altri amici come Michele Luppi e Lorenzo Campani.
TRACK-LIST:
- Rock’n’roll heaven (cantato da M. Solieri)
- Resurrection (cantato da M. Luppi)
- I didn’t know (cantato da M. Solieri e M. Luppi)
- Jimmy (cantato da M. Solieri)
- While the lights go down (cantato da M. Solieri)
- Lacrime e sangue (cantato da Lorenzo Campani)
- Sei già qui (cantato da Lorenzo Campani)
- Checkin’ out your throne (cantato da M. Solieri)
- Tommy (cantato da Lorenzo Campani)
- Renaissance
INTERVISTA
“Resurrection” è il tuo nuovo album, composto da 10 tracce, qual è il filo conduttore dell’album?
Ho cominciato nell’ottobre del 2020 in studio e l’idea era quella anche di passare un po’ di tempo perché a causa del covid eravamo costretti in casa. In studio avevo progettato 4/5 pezzi, poi man mano che andavo avanti chiaramente l’entusiasmo e la felicità di vedere che questi pezzi stavano venendo molto bene mi ha portato ad andare avanti, a scrivere cose nuove e nel giro di pochi mesi (anche se con delle pause), già verso Natale il disco era già pronto e masterizzato e ho pensato di farlo uscire in questo periodo perché d’estate è tutto più bello: ci sono i concerti, si vive di più. Adesso il pubblico è tornato grandemente ai concerti, ha tanta voglia di star insieme dopo tanto isolamento. È disponibile in digitale ma anche in vinile e CD. È venuto molto bene sono molto contento e forse il filo conduttore è la serenità: lavorando in un clima in cui tutti i giorni avevamo solo cattive notizie con questo problema della malattia e forse per combattere questa malinconia è venuto più “sereno”. Ci sono canzoni che vanno dall’hard rock alle ballate a cose più acustiche però c’è sempre questo filo conduttore di serenità ed allegria.
Alcuni pezzi vengono cantati da te, altri no poiché tu sei un chitarrista affermatissimo. Come hai scelto gli altri cantanti?
Allora io sono un chitarrista che canta ogni tanto. Ho sempre cantato nella mia vita ma non come cantante principale, mi occupavo della voce più che altro nei pezzi blues perché ho una voce abbastanza adatta. Poi ho già fatto un po’ di dischi solo dalla fine degli anni ’90 e negli ultimi tre in particolare i pezzi in italiano li canta Lorenzo Cattani perché è bravissimo e poi è specializzato in varie cose: rock, musical (sono 11 anni che fa “Notredame de Paris”), cantautorato, altri in inglese li canto io altri Michele Luppi che si occupa anche delle tastiere (ricordiamo che da qualche anno è tastierista e corista dei Whitesnake).
Quando scrivi preferisci scrivere in Italiano o in inglese?
Per lo più io scrivo la musica, come con Vasco mi occupavo della stesura poi in demo facevo delle prove, delle tracce vocali, o in un finto inglese o in inglese fatto bene (come in “C’è chi dice no”, “Lo show”, “Ridere di te”, “Dormi dormi”). Ad ogni modo quando scrivo lo faccio solo in inglese perché mi viene più spontaneo poiché da quando ero piccolo il mio background musicale è sempre venuto dai territori anglo americani per cui sono più abituato a cantare in inglese, in genere rock stile gruppi anni ’70.
Poi hai deciso di staccarti da tutti e di seguire la tua carriera da solista. Cosa è cambiato?
Non è stata una decisione gia dagli anni ’80 scrivevamo pezzi con Vasco e con Massimo Riva, il progetto di fare cose da solo c’è sempre stato. Poi dalla fine degli anni ’90 ho fatto un disco con Fernando Proce, un grande amico e radiofonico che ha lavorato per molti anni per RTL (ora lavora a Radio 101), che ha una voce bella molto soul per cui nel ’98 ho fondato una band che si chiamava Class in cui non cantavo ma cantava Vic Jhonson di madre inglese e padre italiano. Quando avevo poi avevo dei momenti liberi mi divertivo ad andare in studio e comporre i miei dischi, alla fine dove ci arrivavo cantavo io, dove non ci arrivavo chiamavo i miei soliti amici.
Sei stato ad un concerto di Slash e non ti ha emozionato. Che cosa è successo?
È un chitarrista che mi piace molto ma mi emoziona di più quando suona con gli altri. Quando suona come ospite è più melodico. È un bravissimo chitarrista mi piace molto, quando l’ho visto dal vivo con la sua band, un chitarrista quando fa un “solo” deve farlo breve e interessante se vai avanti per mezz’ora… Il troppo stroppia. Ci vuole la brevità di modo che il solo ti resti in testa. Quella volta (una delle tante volte che l’ho visto) si mise prima a fare il tema de “Il padrino” poi però è andato avanti 20 minuti. Uno strumento che va avanti 20 minuti poi sturba. Il rock non è come il jazz in cui è bello improvvisare. Io ascolto il suono la tecnica e la melodia però poi mi stufo se va avanti troppo.
Com’è oggi il tuo rapporto con Vasco?
È un rapporto che non c’è perché non ci vediamo dal 2017. Ho molto rispetto di lui come artista: grande cantante, grande voce, fa concerti in cui richiama migliaia di persone. Siamo stati amici per tanti anni, tra l’altro sto leggendo una bellissima biografia di Joe Perry, chitarrista degli Aerosmith, che parla spesso del suo rapporto con Steven Tyler che per lui è come un fratello ma litigano spesso. Si sentono più vicini quando vanno nei pressi di questo lago vicino Boston (perché sono due amanti della natura) e fuori dal lavoro, dalle paranoie, dai dischi, delle case discografiche ritrovano la loro amicizia. Quindi è una situazione simile alla nostra però io sono contento di fare ora le mie cose anche se sono stato contento di tutto quello che ho fatto con lui in passato. Quando con una persona ci collabori per 30 anni è anche bello avere la serenità di fare quello che ti pare. I tempi sono cambiati, la musica è cambiata, in Italia la musica nuova non andrà da nessuna parte non ci sono cose interessanti, mentre all’estero anche il pubblico dei giovani hanno la cultura musicale che riesce a mischiare il passato col presente. In Italia è tutto molto modaiolo e soprattutto per quanto riguarda il rock non danno la possibilità a gente brava che ci sarebbe di fare dischi, di suonare. Io ho la fortuna di avere una carriera lunga e sono molto conosciuto per questo posso permettermi di fare determinate cose anche se chiaramente il discorso è sempre un rimandare (da parte degli altri) a quando suonavo con Vasco perché la maggioranza del pubblico mi lega a quel momento li.
Ho sentito il tuo disco e sinceramente fai delle cose molto belle.
Spesso è colpa delle radio principali che mettono sempre su della musichetta, spesso anche loro costretti a fare passare sempre gli stessi pezzi che vanno di moda tra i tredicenni di tik tok. Purtroppo non c’è un ricambio, perché il pubblico va a vedere i grandi concerti ma spesso nn sa nemmeno di chi si tratta. Non ci sono più i grandi cantautori come Lucio Dalla, De Gregori, lo stesso Vasco, perché non sono più i tempi. Ricordo che io e Vasco andavamo a suonare nelle balere con le chitarre acustiche e la gente girando ascoltava i nostri pezzi e si incuriosiva e man mano il pubblico cresceva perche ci si passava la parola di quanto fosse brava quella band, ma ci volevano anni anni e anni e non si basava il successo solo su un pezzettino che va in onda su tik tok con due ragazzine che sculettano e su visualizzazioni comprate. Oggigiorno ci sono solo alcune ragazze di talento in Italia che si sente che ha studiato, ma tanti ragazzi sono un po’ improvvisati. Pensiamo alla buona musica che per fortuna c’è ancora e spero di aver fatto un buon lavoro.
Come verrà promosso questo disco? Ci sono dei live?
Farò dei live ma non inerenti solo al mio disco, sarà un po’ un misto. Tra l’altro è uscito il mio libro “Questa sera rock and roll” con 4 capitoli nuovi poiché era uscito già nel 2010 ma l’ho arricchito e quindi farò anche delle presentazioni.
Non posso che ringraziare Maurizio per il suo talento, per le emozioni che continua a darmi e per il tempo che mi ha concesso. Grazie mito.
Biografia
Maurizio Solieri nasce il 28 aprile 1953 a Concordia sulla Secchia (Modena). All’età di dieci anni folgorato dall’ascolto del primo disco dei Beatles comincia a suonare da autodidatta la chitarra acustica. Ha una grande passione per i gruppi in attività tra gli anni ’60 – ’70, The Yardbirds, Cream, Eric Clapton, Jimi Hendrix, Jeff Beck, John Mayall. Segue con passione l’evolversi della musica rock che via via si tingerà di psichedelia, di sonorità più hard, di progressive, di folk e di jazz.
Nel 1976 Solieri parte per compiere il servizio militare obbligatorio, lasciando l’università. Nel 1977 tramite il suo migliore amico Sergio Silvestri, conosce Vasco Rossi, in una delle prime radio libere dell’epoca, “Punto Radio”. Nell’estate di quell’anno terminati gli obblighi di leva, arriva a Zocca e inizia come speaker nel programma “Jazz Time”. L’anno successivo tutto lo staff della radio si trasferisce a Bologna e, negli studi della primissima Fonoprint, inizia la collaborazione musicale con Vasco e Gaetano Curreri. Cominciano i primi successi, dalle discoteche dell’Emilia-Romagna ai festival estivi; i dischi si succedono e l’audience aumenta, fino al successo nazionale con “Vita spericolata”.
A metà degli anni ’80 comincia a comporre musiche per Vasco Rossi, la prima è “Canzone”, poi quelle che diventeranno “Dormi, dormi”, “C’è chi dice no”, “Lo show”, “Ridere di te” e altre ancora. Nel giugno di quell’anno fondano la Steve Rogers Band, che da backing-band di Vasco inizia ad avere vita propria e a raggiungere nel 1988 un grande successo con “Alzati la gonna”.
Dopo qualche anno, rientra in tournée con Vasco Rossi ma alla fine degli anni ’90 si separa nuovamente. Nel 1997 forma un duo con Fernando Proce, pubblicando l’album “Proce & Solieri”, preceduto dal singolo “Radio Show”.
Nello stesso periodo fonda una band rock chiamata Class, con alcuni membri della Steve Rogers e il cantante anglo- bolognese Vic Johnson. Suona nel trio Chitarre d’Italia con Franco Mussida (PFM) e Dodi Battaglia (Pooh). Poi nel 1999 il ritorno con Vasco Rossi, con cui rimane fino al 2013. Si susseguono altre collaborazioni soprattutto femminili, come Skin (durante un concerto di Natale a Montecarlo), Dolcenera (Festival di Sanremo del 2006) e Bianca Atzei.
Il 12 marzo 2010 esce l’album da solista “Volume One”, che contiene brani cantati e strumentali. Il brano “Please, believe me” vede come ospite alla voce Michele Luppi.
Anticipato dai singoli “Tommy” e “Rock’n’roll Heaven”, venerdì 24 giugno esce “Resurrection”, il nuovo album di Maurizio Solieri.