Abbiamo già trattato numerose volte l’argomento “asino”, è sviscerato le potenzialità di questo fantastico compagno che viene troppo spesso sottovalutato e vessato.
In Italia vantiamo numerose e disparate razze autoctone, quella di cui parleremo oggi è L’Asino dei Monti Lepini.
Come facilmente intuibile dal nome proviene dall’Italia Centrale, precisamente a cavallo tra Latina e Roma, ma la carenza di prove storiografiche non rende facile il monitoraggio ed un periodo storico, se non le testimonianze di asini completamente neri nelle zone meridionali costiere dagli inizi del ‘900. Questa razza mi affascina perché è stata “allevata” si, ma “allo stato brado” proprio sui Monti Lepini.
Il mantello può variare dal baio al bigio, infatti, questa razza è conosciuta anche come “asino nero dei monti Lapini; solitamente l’addome ed il muso sono più chiari, ma alcuni esemplari sono completamente melanici. La riga mulina, che divide l’asino esattamente in due metà, sul dorso, può anche non esserci. Il pelo varia, come per tutti gli animali di questa specie, in base alle stagioni, infoltendosi in inverno.
Solitamente veniva utilizzato come animale da carne, essendo semi-selvatico, negli ultimi anni invece viene allevato per il latte dalle ottime caratteristiche di cui, appunto, abbiamo parlato negli articoli precedenti, ed anche per l’onoterapia, onodidattica, equiturismo e per il trekking someggiato.
Si tratta di un animale di taglia medio, l’altezza al garrese può arrivare a circa 130 cm, dagli occhi piccoli e sottili e dal muso lungo ed affusolato, gli arti sono sottili, ma robusti ed il baricentro basso garantisce ottima stabilità su ogni suolo.
Purtroppo non essendo tra le razze più conosciute e visto il quasi esclusivo utilizzo alimentare è rientrato secondo l’ARSIAL nella categoria di rischio “critica”, o meglio allo stato brado risulta praticamente “estinto” in quanto se ne contavano pochissimi esemplari, ad oggi rientra nel programma di salvaguardia e tutela della biodiversità della Regione Lazio nell’ambito del programma di sviluppo rurale e ci sono meno di 30 esemplari da allevamento.