Nella sede della Galleria Corsini a Roma, è allestita la mostra intitolata: “Robert Mapplethorpe. L’obiettivo sensibile”, a cura di Flaminia Gennari Santori, fino al 6 ottobre 2019. Sono quarantacinque opere che affrontano diverse tematiche, dallo studio delle nature morte, dei paesaggi, della statuaria classica e della composizione rinascimentale. Fotografie accostate alle opere di artisti del passato, Michelangelo, Hendrick Goltzius e Auguste Rodin, attraverso dialoghi sorprendenti e rivelatori. Il percorso espositivo inizia nella cosiddetta Anticamera, dove “Winter Landscape”, un raro paesaggio del 1979, è esposto sotto “Paesaggio con Rinaldo e Armida” di Gaspard Dughet. Sono due immagini accomunate dal movimento, in cui è la presenza del vento a scuotere gli alberi, una composizione dove la presenza umana è limitata.
“Winter Landscape”- Robert Mapplethorpe.
Nella prima galleria emergono le risonanze della poetica dell’artista con il luogo. Con le istantanee “Ken and Lydia and Tyler” (1985) e “Self Portrait” (1988), viene messa in luce la rielaborazione in chiave contemporanea dell’equilibrio del tema classico delle “Tre Grazie” della prima fotografia. Di diversa connotazione è l’autoritratto del 1988, dove Mapplethorpe, consapevole della morte imminente, guarda dall’oscurità con un gesto vigoroso e antico. Le altre immagini presenti in sala, “Italian Devil” (1988), evidenziano la passione dell’artista per il collezionismo, e in particolare la sua raccolta di sculture di satiri o la serie delle quattro stampe di “Ajitto” (1981) che esaltano i bronzetti sistemati sulle consolle settecentesche della Galleria.
Nella Galleria del Cardinale, è la presenza femminile ad accogliere i fruitori. La foto “Puerto Rico, Woman”, è un ritratto di donna imbronciata del 1981 e si specchia in un cinquecentesco “Ritratto di vecchia” di un seguace di Jan Van Scorel. Entrambe sono caratterizzate da una posa austera e da un volto segnato dallo scorrere del tempo. Un nudo artistico su una roccia di “Lisa Lyon” (1980), invece, langue accanto a due piccole scene mitologiche di Francesco Albani, “Giove invia Mercurio ad Apollo” e “Venere e amorini”.
“Lisa Lyon”- Robert Mapplethorpe
Nella Camera del Camino (o Sala del Trono Corsini), la foto del nudo “Marcus Leatherdale”, con in mano un grosso coniglio drappeggiato al collo mentre guarda lo spettatore, è collocato su una parete in dialogo con i bronzetti di “Adone e Diana Caccatrice” di Antonio Montauti, diventa un personaggio ovidiano di ritorno dalla caccia. Nella stessa sala lo scatto di “Samia” (1978), seduta su una sedia antica all’interno di una casa, indossa una gonna a pois e scarpe da sella, incrociando una gamba sopra il ginocchio, e “Catherine Olim” (1982) con i capelli scuri tirati indietro a coda di cavallo, seduta su uno sgabello, indossando una veste di seta nera, tenendo un lembo della veste con una mano, sono fiancheggiate da opere storiche, simbolo della collezione, “Salomè con la testa del Battista” di Guido Reni, e la splendida “Testa di vecchio” di Pieter Paul Rubens.
Entrando nella sala Alcova di Cristina di Svezia, si nota l’immagine di “Bernine” (1978), con elaborata pettinatura di trecce e perle, indossa una cima con una spalla arruffata, sullo sfondo una parete a motivi reticolari. E’ una composizione che ricorda i ritratti di Lorenzo Lotto e dei maestri lombardi del Cinquecento. Vicino al motto della regina “Nacqui libera, vissi libera e morirò liberata” è collocata “Lisa Lyon” (1981), la culturista immortalata da Mapplethorpe in centinaia di fotografie in una sorta di manifesto di libertà fisica e intellettuale. Furono due libere e in controtendenza rispetto ai propri tempi. Allo stesso tempo il ritratto è posto in correlazione con i tre ovali di Guido Reni, la “Vergine Addolorata”, il “Cristo coronato di spine” e il “San Giovanni Evangelista”.
Proseguendo nel Gabinetto Verde, “Guy Neville” (1975), con espressione compiaciuta in attrezzatura per l’equitazione e cappello a cilindro, seduto di profilo contro una parete di carta da parati a motivi floreali, si accompagna al suo alter ego antico, esempio di eleganza, il “Cardinal Neri Corsini senior”, ritratto da Giovan Battista Gaulli nel 1666, mentre “Harry Lunn” (1976) e il cardinal “Ferdinando de’ Medici”, ritratto da Alessandro Allori, rivelano un’innegabile somiglianza.
“Apple and Urn” del 1987, è esposta nella Sala verde tra le nature morte di Christian Berentz (1658 – 1722), mette in luce la profonda assonanza tra le fotografie di Mapplethorpe e la pittura del Seicento. Interessante è la comparazione della foto fra le nature morte dipinte da Berentz. Le mele catturate dall’obiettivo sembrano “quasi dipinte” in relazione ai frutti e ai cibi descritti minuziosamente dal pittore tedesco. In questa sala, opposte ad alcune delle opere più importanti della Galleria, il “San Giovanni Battista” di Caravaggio e “Venere e Adone” di Jusepe de Ribera, troviamo “Black Bust” e “Apollo”, entrambe del 1988, immagini nelle quali l’artista coglie l’equilibrio perfetto tra luce e ombra, durezza e morbidezza.
Il famoso ritratto del 1976 di “Holly Solomon” è esposto nella Sala rossa come anche quello di “Carol Overby” del 1979, accanto a sequenze di fotografie dedicate ai temi della scultura classica, della ricerca della geometria nella luce, ed a immagini raramente esposte: due interni, “Texas Gallery” (1980), “New Orleans Interior” (1982), e “Marty Gibson” (1982). In una piccola stanza adiacente sono esposte alcune fotografie più esplicite e beffarde, che potrebbero far arrossire gli spettatori più pudici, affiancate a immagini di fiori.
La mostra “Robert Mapplethorpe. L’obiettivo sensibile“ è un’occasione straordinaria per guardare le sue fotografie da punti di vista inusuali e riscoprire la collezione del museo in una luce contemporanea.