Annavera Viva: “Quarantena culturale per Uscire col Pensiero. In un momento di grande apprensione per noi stessi e per i nostri cari più a rischio contagio, la sfida è equilibrio e pensiero positivo che la lettura, gli interessi culturali e la creatività possono infondere”
Mentre si attendono buone notizie come auspicabile cambio di scena, è ormai chiaro come difendersi dal Coronavirus: restare a casa coltivando passioni, unica arma contro la diffusione. L’opportunità del tempo a disposizione, sebbene frutto di sacrificio e incertezza, è al momento l’unica ricchezza possibile, non da tutti letta come privazione.
“Non saranno certo i libri a salvarci dal virus- ha commentato la scrittrice Annavera Viva- ma di certo non incoraggeranno l’angoscia. E, magari, ci aiuteranno a trovare risposte, a consolare intelletto e corpo. Creare, leggere, riflettere, scrivere è l’invito che faccio a tutti. In un momento in cui si fatica a pensare ad altro, diventa una valvola di sfogo imprescindibile e un bacino immenso a cui attingere. La cultura e la creatività salvano l’uomo da sempre. Se per uomo intendiamo ciò che ci rende umani. Il fermento dello spirito ha permesso di preservare l’anima dei popoli oppressi per decenni, è servito a ritrovarsi intatti dopo guerre e catastrofi, ammaccati forse, ma pronti a ricominciare. E’ servito a non cedere alla paura, alla sconfitta, alla disperazione. A non lasciarsi abbrutire in circostanze che richiedevano una lotta continua per preservare la dignità, l’essenza stessa dell’uomo”.
E ha continuato- “Forse perché le mie ricerche attuali mi hanno catapultata in un periodo oscuro dove per salvarti ti toccava stare magari in un antro, una soffitta o uno scantinato buio e umido per anni, senza comodità, informazioni, cibo a sufficienza. Ad ascoltare la voce di testimoni, di prima e seconda generazione, che descrivevano l’angoscia di chi non sa cosa stia capitando in quel momento a un figlio, una madre, un fratello. Persone che mi hanno reso palpabile la paura di essere scoperti, traditi, venduti. La paura delle bombe, di un campanello che suona, la paura di tutto. Uomini e donne che a volte sono sopravvissuti perché affidati alla carità di un giusto che, per proteggerli, rischiava anch’egli la vita insieme a tutta la sua famiglia. Sarà per questo, ma le reazioni claustrofobiche di chi deve solamente stare nella propria casa insieme ai propri cari, con tutti i confort e in estrema sicurezza, per fare in modo che a tutti sia consentito di essere curati, le trovo un poco esagerate. E’ un piccolo sacrificio quello che ci viene chiesto e, forse, non lo è neppure. Anzi, andrebbe vista come un’occasione. Un’occasione per stare insieme alle persone amate, godersele senza quei ritmi affannosi da cui siamo sempre perseguitati e, a volte, addirittura riscoprirle, conoscerle.”
Dopo Questioni di sangue, Chimere e la Cattiva Stella, il pubblico di Annavera Viva sarà felice di scoprire altre storie della saga ambientata al Rione Sanità a Napoli, anche se per l’Ebreo, la sua ultima fatica, bisognerà aspettare la pubblicazione dopo l’estate. Ma non è qui che si ferma l’instancabile vena dell’autrice impegnata in questi giorni in un altro romanzo, quasi a voler esorcizzare la pandemia, immergendosi in un’altra avventura letteraria, molto lontana dall’attuale per epoca e luoghi. Un modo, non c’è dubbio, per trovare risposte attraverso la scrittura e la lettura, per immergersi in ricerche avvincenti e, comunque, viaggiare con la fantasia. Un modo sempre valido, ne fu esempio intramontabile Emilio Salgari, se consideriamo che i suoi romanzi di avventura non lo videro mai veramente viaggiatore, anzi scherzosamente diceva “Scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli”.