In settimana è uscita la notizia, divenuta virale in pochi minuti, che Chiara Ferragni ha creato in collaborazione con Evian una bottiglia d’acqua da 75 ml Limited Edition, brandizzata con il suo logo dalle lunghe ciglia, venduta a 8€. Si è scatenato il putiferio.
Piccola premessa: la suddetta acqua è in vendita da un anno, ma evidentemente certa gente si è svegliata solo adesso. Lentezza mentale? Probabile! Altri argomenti più impellenti su cui dare l’illuminato parere in veste di avvocati, ingegneri, medici? Sicuramente!
Piccola premessa (2): Evian è un’acqua già cara di suo, fa parte di quel gruppo di acque di lusso che copre il 12% sul totale del mercato mondiale delle acque confezionate.
Ci tengo a sottolineare, per dovere di cronaca e non perché sia una fan della Ferragni (non faccio infatti parte dei suoi 15,2m di followers o dei 7m di Fedez o ancora di uno dei gruppi del Baby Raviolo), che non è la prima persona che crea bottiglie in collaborazione con la lussuosa marca di acqua francese: ben prima di lei ci sono stati stilisti del calibro di Christian Lacroix (il primo, nel 2008), Kenzo, Alexander Wang, Elie Saab che hanno creato le “loro” bottiglie dal design iconico, tutte vendute a 8 euro. Quella disegnata da Jean Paul Gautier è stata venduta addirittura a 14 dollari. Evian non è neanche il primo brand ad affidare il suo design ad alcuni nomi famosi, l’hanno fatto anche Amaretto di Saronno e Coca Cola Light, senza creare tutto questo scalpore, anzi, le loro creazioni sono diventate in breve tempo oggetto del desiderio di vari collezionisti. Quindi, perché solo l’acqua della Ferragni ha creato tutto questo scompiglio, accompagnato da insulti, pontificazioni su persone che muoiono di sete nel mondo e addirittura un’interrogazione parlamentare da parte dell’esponente di Fratelli d’Italia Giampietro Maffoni?

A me sembra che nessuno vi punti una pistola alla tempia per comprare le suddette bottiglie d’acqua e che il “costo della firma” si trovi in moltissimi oggetti di culto tra cui borse, smartphone e vestiti, magari posseduti proprio da coloro che sproloquiano sui social, digrignando i denti con la bava alla bocca, mentre abbaiano insulti, lividi di invidia. Eh si, signori miei, perché questa sembrerebbe essere proprio invidia per la bionda fanciulla, accusata di basare il suo successo sul nulla, almeno questo è quello che vogliono credere molti, così possono continuare a raccontarsi la palla che il mondo è tanto cattivo, che sono tutti scemi e che nessuno capisce loro, unici portatori della suprema intelligenza. Ripeto, se non volete spendere 8€ per una bottiglia di acqua (o 72€ per il pacco da 12), nessuno vi obbliga, ma abbiate la decenza di non tirare in ballo la sete nel mondo o il fatto che l’acqua sia un bene pubblico, perché, pur essendo un argomento di vitale importanza, non è questa la scusa adatta per discuterne.
In Germania, dove vivo attualmente, puoi arrivare a pagare un bicchiere d’acqua anche 4 euro e non è certo acqua di lusso, ma molto spesso, solo acqua del rubinetto filtrata. Perché non vi sento sbraitare contro questa cosa?
Dobbiamo accettare che al momento la notorietà e importanza di una persona e di conseguenza la sua visibilità, ruotano intorno al numero di seguaci che questa ha sui vari social network. Una notizia dell’ultima ora riporta che un ristorante di sushi di Milano, consente di variare l’entità dello sconto sul conto finale, in base al numero di followers che si hanno su Instagram, in cambio ovviamente di foto del cibo e hashtag vari. Per intenderci, dai 1000 followers in su si hanno uno o più piatti gratis, fino ad arrivare ai 100mila dove il pasto è offerto dal ristorante. Strategie di marketing? Furbizia pubblicitaria? Nascita di una nuova forma di pagamento? Non saprei dirlo, ma tutto questo dà un quadro abbastanza preciso dei tempi che stiamo vivendo, senza bisogno di accanirsi contro gli influencers che possono mangiare sushi gratis.