E’ allestita nelle sale del Museo Civico di Castelbuono (Palermo), la mostra dal titolo “Migration”, curata da Susanne Anna, Laura Barreca e Raya Zommer-Tal, fino al 12 aprile 2020. E’ una esposizione itinerante, co-prodotta da tre musei: dallo StadtMuseum di Dusseldorf (Germania), dal Museo Civico di Castelbuono (Italia) e del Janco-Dada Museum di Ein Hod (Israele). Tre poli geografici che esprimono tre punti di vista differenti sul tema della migrazione, analizzandone gli elementi e le problematiche secondo prospettive e latitudini diverse, europee e mediterranee. L’intento del progetto è di coinvolgere i musei nel loro ruolo di “osservatori” privilegiati sul presente, sollecitando nel pubblico una riflessione critica attraverso gli occhi di sei artisti, di altrettante nazionalità, selezionati dai tre direttori dei Musei. Il progetto espositivo, con il coordinamento curatoriale di Alessandro Pinto, comprende circa venti opere di Oren Fisher, Hadar Mitz, Margherita Moscardini, Edith Oellers, Klaus Richter, Francesco Simeti, che indagano le diversità politiche, economiche e geografiche sulla migrazione, questione di portata storica, generata da condizioni di vita precarie, da situazioni di violenza, da guerre, e dal divario crescente tra paesi poveri e ricchi.
Oren Fischer (Israele) è uno street artist, autodidatta e attivista; il suo lavoro artistico è influenzato dalla lotta quotidiana tra i suoi vicini nel rumoroso quartiere di Tel Aviv dove vive. Nelle sue opere crea un suo personale linguaggio, con caratteri tipografici con ironia e critica sociale. E’ noto per i suoi disegni, video e sculture. Negli ultimi anni ha abbracciato uno stile artistico infantile, creando un linguaggio che incorpora immagine e testo con un approccio ingenuo. Disegna per le strade di Tel Aviv, e con questo solleva questioni socio-politiche.
Hadar Mitz (Israele) osserva la natura e da essa deduce il comportamento umano: in mostra una serie di fotografie e video evocativi della complessità della natura umana e non.
Margherita Moscardini (Italia), con l’opera al neon “The Decline of the Nation State and the End of the Rights of Man”, (Il Declino dello Stato Nazionale e la Fine dei Diritti dell’Uomo), titolo del nono capitolo del testo di Hannah Arendt “Le Origini del Totalitarismo” (1951), fa riferimento al destino dei diritti umani, e a quello dello Stato nazione, il paradigma con cui siamo abituati a vedere ormai diviso il mondo. La storia dimostra che alle minoranze senza Stato non sono mai stati garantiti i diritti inalienabili, perché il mondo non ha trovato nulla di sacro nella nudità dell’essere uomo. Rendere pubblica questa riflessione di Arendt significa introdurre il fruitore dentro un’epoca che ha finalmente compreso la necessità di un cambio di paradigma.
Le due opere in mostra di Edith Oellers (Germania) dai titoli Plötzlicher Aufbruch, (Partenza improvvisa) e Geheime Wanderung, (Escursione segreta), mostrano gruppi di persone in movimento: migrazione per l’artista significa abbandonare la propria patria e il proprio posto nel mondo, ma anche avere una forza interiore alimentata dall’immaginazione. Le immagini sono simbolicamente dipinte sul retro di mappe geografiche tipiche delle scuole.
Klaus Richter (Germania) ricorda come, dopo la seconda guerra mondiale, la sua famiglia sia stata costretta ad abbandonare la Boemia, regione in cui i tedeschi avevano vissuto per Seicento anni. Il personalissimo ritratto del 1948 della famiglia e di altri espulsi in un campo della città di Hof, in Alta Baviera, affianca una scultura in cui un migrante dalla lunga falcata va verso il suo destino di paura, ma anche di curiosità e speranza.
Francesco Simeti (Italia) porta in mostra la sua grande tenda di velluto, “Curtain” (2017). Sulla superficie sinuosa si intrecciano storie provenienti dall’arte orientale e occidentale, fornendo un compendio di pittura, scultura e fotografia. “Curtain” diventa un portale che trasporta lo spettatore dalle sculture in Russia alle Trump Towers in India, tra fiori, fogliame, montagne e nuvole provenienti dalla storia dell’arte italiana. La scala degli elementi rappresentati inverte la loro dimensione naturale. L’artista priva le sculture e gli edifici della loro dimensione monumentale e ingrandisce a tal punto gli elementi vegetali fino a spingerli oltre la loro classica funzione ornamentale.
Nell’ottica di sviluppare conoscenza e consapevolezza sulle tematiche della mostra nelle giovani generazioni, il Museo Civico di Castelbuono ha programmato un ciclo di conferenze, dibattiti, proiezioni e incontri pubblici e destinati al coinvolgimento delle scuole. Ospiti del Museo: giornalisti, attivisti, associazioni, esperti in diritti umanitari e dei rifugiati che direttamente e quotidianamente affrontano la questione migratoria, chiamati a dare testimonianza del loro operato con lo scopo di accrescere conoscenza dei fatti e maturare un rinnovato senso di responsabilità civica.