Il 20 aprile Netflix ha rilasciato The Midnight Gospel, serie animate creata da Duncan Trussell (Curb Your Enthusiasm, Drunk History) e Pendleton Ward (Adventure Time). Partendo dall’idea del podcast, la serie esplora una vasta gamma di argomenti attraverso un’esteitca coloratissima e psichedelica. Il protagonista Clancy, è il conduttore e l’ideatore dello “spacecast” eponimo della serie, e viaggia attraverso pianeti morenti, intervistando ogni genere di strana creatura.
Uno dei tanti particolari interessanti di The Midnight Gospel è che le interviste sono clip tratte da The Duncan Trussell Family Hour, podcast realmente esistente in cui Trussell incontra personalità della cultura statunitense. I dialoghi della serie, sempre molto divertenti ma spesso discretamente ponderosi, rappresentano dunque posizioni ben strutturate di diversi esperti. Le interviste riguardano i temi più disparati: si va dall’uso di droga alla magia, dal rapporto con il lutto alla spiritualità orientale. Nel corso di ogni puntata Clancy chiacchiera con gli intervistati chiedendo consigli, ascoltando pareri e scambiando esperienze di vita. Ogni puntata costituisce un viaggio in mondo diverso ed assurdo, che più che una realtà coerente sembra il prodotto magmatico di un inconscio, non si sa se individuale o collettivo. Tutto questo si traduce per il protagonista in un percorso altalenante di ricerca emotiva e spirituale, ben reso da una struttura narrativa che accorda felicemente trama orizzontale e verticale, indipendenza episodica e sviluppo complessivo.
The Midnight Gospel deve molto del suo fascino proprio allo straniamento che riesce a suscitare, soprattutto grazie alla strana doppiezza sensoriale su cui si sviluppa gran parte di ogni episodio. Sul piano visivo le azioni fisiche si susseguono in maniera rocambolesca e drammatica, sullo sfondo di mondi alieni e improbabili. I mondi del simulatore di Clancy non hanno nulla di lineare o razionale, almeno non secondo i canoni diurni che siamo abituati ad applicare. Ciascuno di essi è un diverso sfondo immaginifico, del quale si intravede appena una coerenza stilistica, ma di cui non ci è mai dato conoscere completamente le regole di fondo. Se per i personaggi coinvolti tutto sembra normale, a noi spettatori ogni pianeta si presenta come un insieme un puro susseguirsi, inseguirsi, accavallarsi di fenomeni, in una logica non-sense più psicotropa che onirica. E ciò vale tanto per i “mondi del simulatore” (ma saranno poi simulati o alternativi? E entrambe le cose? O nessuna delle due?), quanto per la “realtà quotidiana di Clancy.
Sul piano verbale, il racconto è interamente attraversato dai dialoghi dei podcast, espressi con la calma e la leggerezza tipiche dello small talk, della chiacchiera, ma anche piuttosto complessi e articolati. Una tranquillità verbale che spesso contrasta platealmente col dramma visivo. Contrasta, ma non stona: argomenti e immagini, parole e visioni nella maggior parte dei casi appaiono slegate, ma ad una visione più accorta sono intimamente legate da connessioni segrete, non lineari. Il tutto produce un insieme armonico e avvolgente di disarmonie imprevedibili.
D’altronde Pendleton Ward, l’altro autore della serie, non è nuovo ad immaginari straripanti e mondi assurdi. Il suo nome dovrebbe anzi essere una garanzia. Si veda la già citata Adventure Time, celebrata serie prodotta da Cartoon Network. Ora che però la creatività dell’autore si confronta con un prodotto apertamente e dichiaratamente adulto, ha potuto scatenarsi in maniera non mediata, dando vita ad una narrazione visionaria e densissima: simbolismi, citazioni e rimandi a diverse tradizioni culturali convergono in un pluriverso rizomatico rigorosamente incoerente, senza cedere mai né a tentazioni sintetiche né ad impulsi polemici.
Graficamente, The Midnight Gospel è un tripudio di colori vivacissimi e acidi, che esplodono in un susseguirsi di immagini proteiformi. Debitrice tanto all’immaginario psichedelico degli anni ’60, quanto a certa estetica lofi a base di neon light dei ’90, la serie deve molta della sua potenza evocativa anche alla colonna sonora, composta principalmente da Joe Wong (Russian Doll, Superjail!). Alcuni dei pezzi, soprattutto l’endcredit, sono però firmati dallo stesso Duncan, che ha descritto la musica come “un ottimo modo per sondare le profondità della propria psiche”. Un altro dei punti in cui personaggio e autore si confondono: anche a Clancy nella serie piace armeggiare con strumenti e sintetizzatori. E anche lui, come il suo autore, non è un compositore professionista.
Il fatto è che per Duncan: “fare musica è una forma di meditazione, una sorta di test di Rorshach per ovunque mi capiti di essere in qualsiasi giorno”. Infatti nella serie la colonna sonora è ben più di un elemento di sostengo. Suggestione uditiva, strumento meditativo e narrativo, la dimensione musicale fa parte integrante dei percorsi di Clancy, quasi amalgamandosi con le figure cangianti e i colori acidi. Più che una serie animata insomma, The Midnight Gospel si rivela una esperienza sensoriale e psicologica, divisa in 8 episodi da 20 minuti ciascuno. Intensa, divertente, spesso toccante e quasi sempre spiazzante.
Altamente consigliata. Difficilmente avrete visto qualcosa di simile.