È successo proprio come in tantissime scene del cinema, nel più classico dei modi: un uomo è evaso dal carcere di Poggioreale, calandosi dal muro di cinta con una corda fatta di lenzuola. Il detenuto ha approfittato del tragitto in direzione della cappella all’interno del complesso, dove di domenica, per chi è credente, ci si reca ad ascoltare la messa. A quanto pare, in cento anni di storia, è la prima volta che si registra un fatto del genere presso l’istituto penitenziario napoletano. Il criminale in questione è un trentduenne polacco, Robert Lisowski, il quale era stato arrestato nel dicembre del 2018 per omicidio. Il soggetto è accusato di aver assassinato un muratore ucraino di trentasei anni, Iurii Busuiokv, che aveva eroicamente cercato di difendere una donna italiana dalle avances moleste del polacco. Il fatto è successo a via Mario Pagano, nei pressi di piazza Cavour, dove si trova un locale molto frequentato dalla comunità proveniente dall’Est europeo.
La Questura, chiaramente, a seguito di quanto successo, ha diramato la foto segnaletica dell’uomo e ha esortato a contattare i numeri di emergenza, nel caso lo si fosse avvistato, sottolineando che si trattava di una personalità pericolosa. Dopo 48 ore di latitanza, l’evaso è stato, appunto, ritrovato in Borgo Loreto, a circa un chilometro di distanza dal luogo di fuga, e riconsegnato alla Giustizia. Impegnati nella ricerca vi sono stati gli uomini del Nucleo Investigativo Centrale, il personale del Nucleo Investigativo Regionale e altre unità giunte in supporto dal Nucleo Operativo Traduzioni e Piantonamenti di Secondigliano e dallo stesso carcere di Poggioreale.
Resta da chiedersi come sia stato possibile il verificarsi un episodio di questo genere; di certo, attribuire il “merito” – ci si passi il termine – alla sola furbizia e scaltrezza del detenuto è alquanto semplicistico e per nulla corretto. La risposta a tale quesito ci giunge, tra gli altri rappresentanti sindacali che si sono espressi in maniera simile sulla vicenda, da Emilio Fattorello, responsabile campano del Sappe, “Sindacato autonomo polizia penitenziaria”, il quale ha parlato, riportando le sue parole riprese da diverse testate giornalistiche, di “un’evasione annunciata”. “Un’evasione annunciata per le modalità con cui lavoriamo. Basti pensare che ieri, i circa 150 detenuti che erano presenti nella chiesa dalla quale Lisowski è scappato riuscendo poi a scavalcare il muro di cinta, sono stati accompagnati da 2 o 3 agenti. In tutto l’istituto ci sono dalle 50 alle 60 unità nei diversi padiglioni e posti di servizio, sono coperti solo i minimi livelli di sicurezza”. “Da tempo – ha aggiunto – abbiamo denunciato lo stato di invivibilità e difficoltà operativa che come corpo di polizia viviamo a Poggioreale. Abbiamo circa mille detenuti in più rispetto alla capienza, in una struttura vecchia, creata oltre un secolo fa per un concetto di detenzione retributiva.”
Aldo Di Giacomo, segretario generale del sindacato di Polizia penitenziaria Spp, in una conferenza stampa dinanzi al penitenziario napoletano, è arrivato addirittura a chiedere “provocatoriamente” che l’istituto di pena di Napoli “venga abbattuto”, segnalando però che sono stati già effettuati circa 300 trasferimenti in altre strutture per ridurre il sovraffollamento.
Ma pure il Garante dei detenuti della Campania, Samuele Ciarambello, ha evidenziato in questa occasione, come sempre, la generale situazione di carenza e precarietà che, inevitabilmente, si ripercuote tanto sulla vivibilità degli spazi della casa circondariale – diversi sono stati i suicidi nei complessi della Regione -, quanto sull’operatività del personale preposto, che non risulta essere sufficiente. Del resto, su Senza Linea, nei mesi passati, abbiamo parlato proprio di una protesta – fortunatamente rientrata dopo poche ore – che si è avuta nella struttura da parte di diverse decine di detenuti che lamentavano le scarse condizioni igieniche e sanitarie.
Purtroppo, bisogna ammettere che su questo tema la maggior parte dei politici tende a sorvolare, anzi c’è persino chi, per parlare alla pancia dell’elettorato, alimenta un approccio populistico e becero, accusando di buonismo quanti, ricordando il fine rieducativo del carcere, pongono l’attenzione sulle gravi fallacie del sistema italiano. Eppure, siamo ancora uno Stato di diritto e garantire, secondo quanto sancisce la nostra Costituzione, dignità ed efficienza gestionale nelle case circondariali è questione di civiltà che riguarda noi tutti e che, con evidenza, serve pure ad evitare questi fenomeni che rischiano di compromettere la sicurezza generale.