UNO NESSUNO CENTOMILA
Con
ENRICO LO VERSO
4 Aprile 2019 ore 21:00
TEATRO SUMMARTE
Via Roma, 15
Somma Vesuviana (Na)
tel. 081.3629579
info@summarte.it
250 repliche Sold Out – Oltre 200.000 spettatori
In occasione del 150esimo anniversario
della nascita di Luigi Pirandello
Dal romanzo di Luigi Pirandello
Adattamento e regia Alessandra Pizzi
Produzione ERGO SUM
Durata: 1h, 10’
L’omaggio a Luigi Pirandello, attraverso l’adattamento teatrale del più celebre dei suoi
romanzi: la storia di un uomo che sceglie di mettere in discussione la propria vita, a partire
da un dettaglio, minimo insignificante. Il pretesto è un appunto, un’osservazione banale
che viene dall’esterno. I dubbi di un’esistenza si dipanano intorno ad un particolare fisico.
Le cento maschere della quotidianità, lasciano il posto alla ricerca del SÉ autentico, vero,
profondo. L’ironia della scrittura rende la situazione paradossale, grottesca, accentua gli
equivoci. La vita si apre come in un gioco di scatole cinesi, e nel fondo è l’essenza:
abbandonare i centomila, per cercare l’uno, a volte può significare fare i conti con il
nessuno. Ma forse è un prezzo che conviene pagare, pur di assaporare la vita.
IL PROGETTO:
Avrei voluto che Pirandello fosse vivo, per mostrargli la grandezza della sua parola, la
contemporaneità di un messaggio, più attale oggi a 100 anni dalla sua formulazione, il bisogno
impellente, necessario, autentico del pubblico di approvvigionarsi della conoscenza di sé, di
leggere per provare a decodificare quei segni della quotidianità come codici di accesso ai meandri
delle proprie emozioni. Mi chiedo ogni sera, osservando il pubblico che, immobile, assiste allo
spettacolo, se Pirandello fosse veramente consapevole delle conseguenze che la portata della
forza tumultuosa, di quella giustapposizione di pensieri, di quella serie, interminabile, di quesiti,
della ricerca smaniosa di risposte, avrebbero potuto produrre sul pubblico. O se, come spesso
accade, il risultato abbia superato le intenzioni. Di certo nel suo pensiero e nella sua opera c’è la
consegna al mondo del fardello della conoscenza, che è peso per la presa in carica di sé stessi,
ma anche leggerezza per la scoperta meravigliosa di quella bellezza che ad ognuno la vita riserva.
Uno, nessuno e centomila è il romanzo chiave: non in quanto apoteosi o summa del pensiero, ma
quanto incipit per un’analisi introspettiva e macroscopica sulle dinamiche esistenziali, ma anche
socio culturali della società. Uno, nessuno e centomila “apre”, la mente a riflessioni e a dubbi, il
cuore alla ricerca della propria essenza, ma soprattutto apre alla vita, affinché scelga la forma
migliore con cui rappresentare l’individuo.
Ho raccolto l’eredità di questo pensiero, più per dovere che per amore per l’arte. Il dovere di chi fa
questo lavoro e che è chiamato ad interpretare strumenti di conoscenza, inventando specifici e
linguaggi in modo da renderli accessibili a tutti.
Ecco che UNO NESSUNO CENTOMILA, nel riadattamento del testo reso in forma di monologo,
che ho voluto dargli diventa il presupposto per un teatro che “informa”, che supera la funzione
dell’intrattenimento e diventa pretesto, occasione, spunto per la conoscenza. E in questo sta il
dovere di un drammaturgo, nel trovare un codice per offrire al pubblico l’occasione per superare sé
stesso. Poco importa se il pretesto sia una sera a teatro, del resto, Pirandello stesso ci insegna
che il pretesto è pur sempre una banalità.
Ecco che la messa in scena di UNO NESSUNO CENTOMILA, affidata alla magistrale bravura di
Enrico Lo Verso, è come una seduta psicoterapeutica: tutti ne sono attratti, ma in pochi sono
consapevoli degli scenari che possono profilarsi.
Ecco che 70 minuti sono il tempo necessario ad affondare le mani nella propria mente, ricercare
come in un dejà vu, gli elementi già noti, riconoscerli e iniziare a guardarli con una luce nuova.
Ecco che lo spettacolo rompe gli schemi, toccando uno dopo l’altro i conflitti di un’esistenza: il
rapporto con i genitori, i dubbi sulla provenienza, il rapporto dei generi, la ricerca dell’identità ed, in
fine, l’affermazione di sé.
Ecco che il pubblico si nutre di testo, in silenzio elabora, applaude e, ogni sera, ci chiede di farlo
ancora…