Ci troviamo alle soglie delle festività natalizie 2021 e la battaglia COVID-19 continua, già si minacciano nuove chiusure e restrizioni nella speranza di ridurre i contagi ed evitare il sovraffollamento ospedaliero. Fortunatamente, grazie allo sforzo dei sanitari e soprattutto alla campagna di vaccinazione, è stato fatto un enorme passo avanti e ridotto in modo significativo il numero di ricoveri. Si ribadisce che anche una persona vaccinata può infettarsi, ma sicuramente ha un rischio estremamente più basso di contrarre una malattia severa che necessiti ricovero e di cure intensive o che metta il soggetto in serio pericolo di vita.
Parallelamente alla campagna vaccinale, avanza anche la campagna No-Vax, solo che quest’ultima a differenza della prima è sostenuta da fervida immaginazione e concetti privi di alcun fondamento scientifico. Uno dei miti indiscussi ed ormai un evergreen dei No-vax, è l’errata affermazione che i vaccini inducano il cancro. Questo pensiero non solo è del tutto falso, ma praticamente opposto alla realtà. Alcune di queste teorie complottistiche nascono da storie del passato continuamente alimentate da facinorosi nel corso degli anni. Prendiamo alcuni esempi:
Nel passato, ben oltre 50 anni orsono, si è molto discusso della possibilità che i vaccini antipolio potessero indurre tumore. Questo equivoco nasce dal fatto che alcuni lotti dei vaccini antipolio usati negli anni ’60 vennero contaminati da un virus chiamato SV40; tale virus ha dimostrato effetti cancerogeni in alcuni studi su cellule isolate di laboratorio, ma nessuno studio epidemiologico retrospettivo negli esseri umani che hanno ricevuto tale vaccino (che comunque non è più in commercio da oltre 60 anni) ha mai trovato evidenze di un aumento dei casi di sarcomi o altri tumori.
Un’altra affermazione diffusa tra gli antivaccinisti è quella dell’aumentato rischio di sviluppare linfomi di tipo non Hodgkin nei bambini vaccinati. Alla base di questa ipotesi vi è la teoria che l’attivazione del sistema immunitario indotto dai vaccini possa sviluppare mutazioni cellulari. Fortunatamente anche in questo caso la scienza (che è imparziale) ci viene incontro; infatti, sono stati eseguiti numerosi studi di confronto tra popolazione vaccinata e non vaccinata per valutare il tasso di tumori riscontrati in entrambi i gruppi. Da tali analisi si è evidenziato che potrebbe esservi una possibile associazione solo con il vaccino per il bacillo di Calmette-Guerin (BCG), un vecchissimo vaccino attenuato (parliamo del 1921) che protegge contro la forma cerebrale e infantile della tubercolosi. Il BCG non è inserito né raccomandato nelle misure di profilassi generale in Italia. Paradossalmente oggi tale bacillo è utilizzato proprio nel trattamento di alcuni tumori ed in particolare quello della vescica. Inoltre, dai medesimi studi si è acquisita un’informazione importante, infatti sembra che i vaccini contro la varicella, il colera, la febbre gialla, l’influenza, il morbillo, il tetano e la poliomielite siano addirittura protettivi, dato che il numero di casi di linfoma non Hodgkin tra i vaccinati è risultato inferiore a quello tra i non vaccinati.
A differenza di quanto potranno sostenere molti no-vax, non sono tanto i vaccini ad essere associati ad un maggior rischio di sviluppo di tumore, ma al contrario sono proprio molti dei nostri ospiti indesiderati (per l’appunto i virus) a creare le condizioni biologiche per la crescita di cellule cancerogene.
A dimostrazione di quanto detto vi sono due esempi eclatanti che stanno facendo la storia della medicina come il vaccino contro l’HPV (Papilloma Virus) e HBV (Epatite B).
Per quanto riguarda il Papilloma virus, gli studi epidemiologici condotti hanno dimostrato che l’incidenza del cancro al collo dell’utero si riduce dell’87% nelle donne vaccinate contro l’HPV tra 12 e 13 anni, del 62% in quelle vaccinate tra 14 e 16 anni e del 34% in quelle tra i 16 e 18.
Riguardo il vaccino contro l’epatite B, questo previene l’infezione e la sua cronicizzazione con il conseguente sviluppo di cirrosi ed epatocarcinoma. Le evidenze scientifiche riferiscono infatti che le persone vaccinate hanno una riduzione del 70% del rischio di cancro al fegato rispetto a quelle non vaccinate.
I timori nell’affrontare una qualsiasi terapia sono comprensibili, ma la soluzione non è quella di rinnegare la realtà e cercare risposte alquanto fantasiose e faziose su siti fasulli, è invece fondamentale rivolgersi a persone esperte del settore (medici e ricercatori… con una laurea!) per chiarire i propri dubbi. Infine, è importante ribadire che vi è sempre un’attenta e minuziosa farmacovigilanza grazie alla quale è possibile fare maggiore luce su eventuali eventi avversi.