INTRODUZIONE
La serie Yomawari di Nippon Ichi Software/Nis America è da sempre l’esempio lampante che un gioco dall’aspetto kawaii* non debba essere necessariamente infantile. Questa saga ha sempre affrontato tematiche decisamente horror sebbene l’ aspetto chibi** possa confondere il giocatore. Yomawari: Lost in the Dark, è il terzo capitolo della serie; è uscito lo scorso l 25 ottobre, giusto in tempo per Halloween.
*”grazioso”, “adorabile”, “carino”
**super deformed/basso
Pescando alcune idee dai capitoli precedenti e aggiungendovi nuovi elementi, Nippon Ichi Software presenta un nuovo incubo a occhi aperti con una durata dell’avventura decisamente più lunga. La protagonista è sempre una ragazzina che vive in una cittadina pullulante di esseri notturni intenzionati a eliminarla nel modo più cruento possibile, ma in questo caso queste creature sono legate alla trama in modo più tragico rispetto ai precedenti capitoli.
Questa volta sembra che le chiedano aiuto, nel gioco la giovane protagonista attraverserà una zona della cittadina rimasta nascosta per molti secoli. Non resta che mettere lo zaino in spalla, accendere la torcia e munirsi di monete da offrire alle statue Jizo*** ed iniziare l’avventura.
***Statue di monaci dislocate nei cimiteri giapponesi che “proteggono” i defunti
INIZIAMO
Il gioco mette il giocatore nei panni di una ragazzina vittima di bullismo scolastico. I bulli la isolano, la offendono, le lanciano oggetti, le rovinano il banco e le fanno mangiare insetti. Un giorno la protagonista sembra decisa a farla finita, salendo sul tetto per suicidarsi: alza per l’ ultima volta lo sguardo al cielo ed è allora che qualcosa cambia… si sveglia in un luogo sconosciuto, innevato ma nel quale non percepisce il freddo. Lì incontra un’altra ragazza, che la guida raccomandandole di tenere gli occhi chiusi e la porta “al sicuro”: c’è però qualcosa che non va e la protagonista scopre di essere stata colpita da una maledizione che potrà essere spezzata solo recuperando le memorie perdute e riallineando i pezzi di un puzzle che sembra irrisolvibile.
GAMEPLAY
La misteriosa cittadina è, per estetica, familiare a chi ha giocato ai titoli precedenti. Gli sviluppatori hanno deciso di mantenere la stessa cittadina come connessione principale , insieme alle meccaniche principali e a buona parte dei demoni che infestano le strade. Ora la protagonista, però, potrà chiudere gli occhi per superare alcune zone altrimenti non affrontabili.
Questa meccanica serve sia a livello di trama, sia per superare qualche piccolo enigma. Non è un’aggiunta invasiva perché ci sono molte creature che sono più lente da cui si può fuggire. Rallenta l’azione, ma permette di continuare l’esplorazione senza dover per forza fare giri lunghi come nei capitoli precede. Insomma ha una propria importanza senza per questo diventare il perno del gioco ed è una cosa positiva perché mantiene più varietà di approcci degli altri due capitoli della serie.
La mappa di Yomawari: Lost in the Dark è molto più grande rispetto ai giochi precedenti offrendo ovviamente un’avventura più lunga, che lo diventerà ancora di più se si vorranno scoprire tutti i segreti. Per arrivare alla fine del gioco, bisognerà recuperare un certo numero di memorie e, attorno a ciascuna di esse, ruota un evento specifico che si svolge in una parte della cittadina precisa.
L’esplorazione è guidata e le aree non saranno tutte accessibili da subito e le indicazioni su dove andare saranno vaghe. La mappa si costruirà durante l’esplorazione, ma fortunatamente, sparsi per la città, ci sono diversi cartelli che in modo sommario indicano dove la posizione del giocatore.
Bisogna specificare che l’esplorazione non è mai noiosa; potrebbe succedere di tutto e questo aiuta a mantenere vivo l’interesse. Durante il percorso troveremo le già citate statue di Jizo, i punti di salvataggio che fungono da teletrasporto verso altre statue. Più se ne sbloccano, e più sarà facile spostarsi da un punto e l’altro della mappa senza perdere tempo.
Una mappa più grande vuol dire, ovviamente , una maggiore quantità di oggetti collezionabili. Trovarli tutti non sarà obbligatorio, ma sono oggetti interessanti perchè ognuno di esso racconta in qualche modo un po’ di più della storia della cittadina. Agli oggetti si accompagnano anche segreti o piccoli puzzle, alcuni metteranno alla prova la pazienza del giocatore.
Yomawari: Lost in the Dark, però, pesca molto dal passato in termini di grafica e questo potrebbe risulare ripetitivo per chi ha giocato i titoli precedenti. Dall’altro lato però non si può negare la presenza di tanti nuovi nemici. Ogni ricordo ha un particolare mostro alla base da cui ci si dovrà difendere,. Un buon mix, nel complesso, che inizia però a lasciar intravedere un po’ di ripetitività; nel caso che Nippon Ichi decida di lavorare ad un nuovo capitolo si spera che il “parco nemici” sia totalmente rinnovato.
Yomawari si basa sulla risoluzione di piccoli o grandi puzzle , non potevano certo mancare qui, anche se non tutti sono gratificanti; alcuni risultano brillanti, mentre altri scadono un po’ nella ripetitività pur cercando di offrire un minimo di varietà. Per esempio particolare a quelli legati alla trama che dopo poco finiscono col somigliarsi tra loro.
CONSIDERAZIONI FINALI
La necessità di sapere come andrà a finire la storia, perché siamo stati maledetti, l’identità della ragazza misteriosa e soprattutto sapere se siamo davvero morti a seguito delle vessazioni subite a scuola sono i anti quesiti che saranno risolti via via nello svolgimento del gioco. Uno sviluppo che potrà sembrare lento anche a causa di una mappa molto più estesa, ma non è un gioco da sottovalutare, il gioco è pieno di jump scare e momenti enfatizzati dall’ottimo comparto sonoro. Yomawari: Lost in the Dark un capitolo che non stravolge le meccaniche della saga.
Il peso di una certa ripetitività cominci a farsi sentire, un’eventuale quarto capitolo dovrà prendere distanze dai precedenti se vorrà evitare di proporre per l’ennesima volta lo stesso gameplay.