Moriva vent’anni fa Stanley Kubrick: l’ultimo regista del Novecento, secondo molti il più grande. Un artista più che un semplice regista, un innovatore unico nel suo genere che ha spaziato in tutti i generi possibili dell’arte filmica: il noir, il thriller, l’horror, il peplum, la fantascienza, la commedia nera, la satira politica, il genere di guerra, il genere storico, il dramma psicologico e la fantascienza sociologica. Talmente capace e versatile che riusciva a ricoprire molteplici ruoli in ogni fase della realizzazione delle sue monumentali opere: da direttore della fotografia a montatore e scenografo, da creatore di effetti speciali a scrittore e fotografo. Nel corso di più di quarant’anni di carriera Kubrick ha realizzato tredici indimenticabili lungometraggi (ne citiamo alcuni come 2001: Odissea nello spazio, Shining, Arancia Meccanica, Eyes Wide Shut, Full Metal Jacket, Lolita) tutti grandissimi successi sia di pubblico che di critica. Tredici può sembrare un numero limitato per la filmografia di qualsiasi regista, ma Kubrick impiegava anni per portare alla luce ogni suo film: celebre infatti è la sua mania della perfezione che, però, gli ha permesso di eccellere. Quest’anno ricorre dunque il ventennale della morte di questo mostro sacro, scomparso per un infarto il 7 marzo 1999. Per celebrarlo noi di Senza Linea vogliamo dedicargli un articolo nel quale vi racconteremo qualche curiosità su di lui e sulle sue opere.
Kubrick e la scuola
Stanley Kubrick era un ebreo del Bronx. A scuola si sentiva vittima dei soprusi di insegnanti oltremodo conformisti e bigotti che favorivano chiaramente gli alunni di origini altoborghesi. Durante il liceo era uno studente che mostrava poca passione per le varie materie e che non si impegnava per il raggiungimento dei propri obiettivi. Un quadro difficile da credere considerando la sua estetica come regista, ma che si spiega nel fatto che egli non provava grande fiducia verso il sistema educativo americano.
Kubrick e gli scacchi
Kubrick era un appassionato ed eccellente giocatore di scacchi. Nel 1940, il padre di Stanley decise di mandarlo in California per vivere con lo zio e fu proprio qui che il giovane sviluppò per la prima volta un vero e proprio interesse verso qualcosa: il gioco degli scacchi, grazie al quale iniziò a guadagnare di tasca sua. Kubrick ha affermato che questo sport insegna a pensare attentamente prima di agire, a controllare le emozioni per non farti cadere in errore e a escogitare soluzioni e vie d’uscite quando ti trovi in difficoltà. Il cineasta era talmente patito di questo gioco che era capace di bloccare le riprese di un film per iniziare o proseguire una partita. Un giorno un attore, sul set, portò una scacchiera. Kubrick fermò le riprese e giocò con ogni persona del cast. Inutile dire che vinse ogni partita.
Gli scacchi poi sono presenti in quasi in tutti i suoi film, più o meno dichiaratamente: in Rapina a mano armata si gioca al club scacchistico di Maurice, in Lolita vi è una partita tra Humbert e Charlotte e in Orizzonti di gloria vi è una scena particolare, quella del processo, in cui il pavimento del salone è a scacchi e i personaggi sono vestiti con due tonalità di grigio e disposti come fossero pezzi del gioco. Infine ricordiamo la sfida tra l’astronauta Frank Pool e il “robot” HAL 9000 in 2001: Odissea nello spazio che riprende una vera partita: l’incontro Roesch – Schlage svoltosi ad Amburgo nel 1913.
La paura del volo e gli ambienti riprodotti in vitro
Ad un certo punto della sua vita Kubrick ha abbandonato gli Stati Uniti per l’Inghilterra, dove ha vissuto per quasi quarant’anni, fino al giorno della sua morte. Era il 1960 quando si trasferì a Londra e, a causa della sua paura di volare, girò sempre i suoi film in Inghilterra. Ne deriva che anche le scene ambientate negli USA siano in realtà riprodotte in studio e questo vale anche per il Vietnam di Full Metal Jacket.
Kubrick e David Lynch
Il film preferito di Stanley Kubrick era “Eraserhead” di David Lynch. E’ lo stesso Lynch a raccontarlo: “Kubrick mi fece il complimento più bello. Poco prima di iniziare le riprese di The Elephant Man, in Inghilterra, arrivarono sul set alcuni tizi della Lucas Films. Si erano fermati a far visita a Jonathan Sanger ed erano passati a salutarmi. Stavamo chiacchierando all’entrata dei Lee International Studios, a Wembley, quando a un certo punto dissero: “Siamo felici di averti incontrato David, perché l’altra sera eravamo a Elstree con Kubrick. Abbiamo discusso un po’ e poi lui ci ha chiesto se volessimo andare a casa sua a vedere il suo film preferito”. Quel film era Eraserhead. Per me fu una botta di euforia, poiché ritengo che Kubrick sia uno dei più grandi registi di tutti i tempi. Praticamente ognuno dei suoi film è nella mia top ten”. Durante le riprese di Shining poi, il maestro proiettava “Eraserhead” in continuazione per mostrarlo al cast come esempio.
Kubrick e Giancarlo Giannini
La scrupolosità di Kubrick è leggendaria. Le scene potevano essere girate decine e decine di volte prima che fosse soddisfatto del risultato, ma i suoi interventi non si limitavano alla regia: arrivava persino a dirigere il doppiaggio dei suoi film! Oltre ai migliori tecnici italiani, il regista di esigeva anche i nostri doppiatori eccellenti: Giancarlo Giannini è uno di loro. L’attore fu chiamato a doppiare il protagonista di Barry Lyndon interpretato da Ryan O’ Neal, la cui interpretazione non aveva “esaltato” Kubrick e il risultato finale fu talmente perfetto per il regista che amava la versione italiana come quella originale. Passati cinque anni Giannini diede voce a Jack Torrance, il protagonista di Shining, e quando fu la volta di scegliere un doppiatore per il soldato Joker di Full metal jack Kubrick gli disse: “We need a young Giannini” (“ci serve un giovane Giannini”).
Leggende su Kubrick
Non potevano mancare alcune leggende su un artista del calibro di Kubrick. Una vuole che l’inquadratura finale di Blade Runner in cui si vede un bosco, sia in realtà una di quelle scartate da Kubrick per The Shining. L’altra invece è quella sulla presunta menzogna dell’allunaggio: c’è chi ancora oggi mette in dubbio che l’uomo sia realmente sbarcato sulla luna. Fra i sostenitori di questa tesi circola la convinzione che le scene dell’allunaggio trasmesse in tv siano state girate proprio da Kubrick.
Cantando sotto la pioggia
Nel film Arancia Meccanica vi sono diverse scene di “ultraviolenza” tra cui quella di uno stupro. In origine la sequenza in cui i drughi attaccano lo scrittore e ne violentano la moglie nelle prove era poco esaltante così, per rendere meglio la doppiezza euforica del personaggio di Alex, Kubrick chiese all’attore Malcom McDowell di fare qualcosa di “oltraggioso”: ballare. L’attore allora improvvisò e iniziò anche a canticchiare il classico di Gene Kelly tratto da Cantando sotto la pioggia: “Perché quella canzone esprime euforia” ha raccontato poi McDowell “ed è esattamente quello che prova il personaggio”. Kubrick rimase estasiato: acquistò immediatamente i diritti per l’utilizzo del brano per 10.000 dollari.
Il sergente Hartman in Full Metal Jacket
L’attore che interpretò il sergente Hartman era davvero un sergente. Proprio così: l’attore era un vero drill instructordei Marines. Ronald Lee Ermey prestò servizio in qualità di sergente istruttore a San Diego dal 1965 al 1967, nel 1968 invece andò in Vietnam per 14 mesi: venne mandato in missione per due volte a Okinawa, in Giappone. L’uomo venne congedato nel 1972 a causa di alcune ferite. Per ottenere la parte stupì Kubrick improvvisando e cominciando ad insultare tutto il cast nel peggiore dei modi. Fu così che Kubrick lo scritturò per il ruolo. La cosa incredibile è che il cineasta acconsentì addirittura che Ermey si scrivesse i propri dialoghi e questo nonostante la sua celebre “mania del controllo”.