Con la diffusione del Corona Virus molti artisti si sono ritrovati in un baratro di disperazione emotiva e di difficoltà economica, questo perché il 95% della musica italiana è composta da artisti indipendenti che, già in tempi non sospetti, fanno acrobazie per sopravvivere. Secondo un’indagine effettuata da Slc, Cgil e Fondazione Di Vittorio, chiamata “Vita da artisti”, gli introiti della musica live in nero corrispondono ad una cifra compresa tra i 3 e i 5 miliardi di euro. A questo aggiungiamo il ruolo degli speaker, dei dj, proprietari di locali e persone che lavorano nelle discoteche, le quali, molto probabilmente, resteranno chiuse fino a fine dicembre 2020.
Con il decreto “Cura Italia” molti di questi artisti sono stati esclusi dal bonus di 600 euro (sarebbe poi bastato a ripagare i danni derivanti dalla perdita di introiti live o derivanti dal lancio e dalla vendita di un album?) poiché tra le condizioni per accedere a tale bonus c’è il dovere aver corrisposto all’INPS almeno 30 giornate lavorative nel 2019, a godere di tale beneficio è stato meno del 50% degli artisti italiani. Il decreto si è dovuto basare su vecchie congetture e sulla mancanza di leggi a tutela degli artisti. Questo accade perché la musica viene vista come un “prodotto” e non come un bene, un servizio, atto a migliorare la vita delle persone. Sconcertante è che non sia mai stato istituito un tavolo tecnico istituzionale che coinvolga gli operatori del settore (artisti, giornalisti musicali, piccole etichette indipendenti, uffici stampa, locali che portano musica dal vivo…).
Ne abbiamo parlato con Salvatore Imperio, fondatore del sito “MIE: Musica Italiana Emergente”, in cui si occupa, insieme ad altri appassionati e ricercatori musicali, di sostenere la musica emergente
“Nel 2019 (spiega Salvatore) io e il mio socio, Matteo Pagnoni, parlavamo delle difficoltà che gli operatori della musica hanno, come vendita del prodotto. La musica non ha tutele né leggi, si sarebbe arrivati all’esplosione di una bolla come successe nel 2008. Il settore della musica indipendente italiana stava vivendo sul filo del rasoio. Arrivato il corona virus ci siamo ritrovati tutti sull’orlo del crollo non solo economico, ma anche emotivo. Ciò deve far pensare che la politica italiana invece di occuparsi della cultura come settore, se n’è occupata come industria, un’industria che crea un prodotto da vendere, pensando quindi esclusivamente al fatturato e non alla funzione sociale ed economica che il settore cultura crea attraverso la riqualificazione umana e attraverso la conoscenza che si può dare ad un pubblico che non è cliente ma è ascoltatore e che attraverso la musica si arricchisce anche a livello personale.”
Salvatore, insieme ad altri collaboratori (oltre Salvatore, hanno aderito Emanuele Proietti di Music.it, Alexo Vitruviano di Smartrise Music, Joe Carfi con Off Topic, Luca Sammartino di 0371 Music Press), ha creato proprio in questo periodo di forte sofferenza, un’iniziativa dal nome #lamusicanonsiferma, che ha garantito per tutta la quarantena un susseguirsi di spettacoli in streaming di vari artisti emergenti, i quali hanno sostenuto sin da subito l’iniziativa.
A completare la situazione, già alquanto drammatica, la notizia del 22/4/2020 che dà per certo la sospensione dei concerti per almeno tutto il periodo estivo, in quanto possibile veicolo di contagio, incontrollabili assembramenti. La proposta del ministro Franceschini di una “Netflix della musica” non sembra per niente fattibile, né soddisfacente, poiché va ad ignorare completamente l’emozione e l’attesa di un concerto, il viaggio e il contatto umano con le persone, l’attrattiva che ha di vedere con i propri occhi un artista amato, o il sentimento di comunanza che esplode durante un live.
Speriamo in nuove leggi che sanciscano l’importanza che la musica ha per l’Italia, Paese riconosciuto all’estero soprattutto per la cultura: l’arte, la musica, il teatro, il ballo…