Una affermazione che potrebbe generare confusione, “Amori divini”, inteso come rapporti di coppia unici, inimitabili, “divini”, non in questo caso, è semplicemente il titolo della mostra allestita al Museo Archeologico di Napoli fino al 16 ottobre 2017, esposizione incentrata sulla mitologia greca con due ingredienti narrativi: seduzione e trasformazione. L’ Amore, sentimento analizzato dal punto di vista razionale dagli studiosi e dal punto di vista irrazionale, platonico, sentimentale, passionale, tormentato, dagli artisti e dai poeti. Una mostra che racconta i “miti amorosi” del mondo antico e della reinterpretazione di questo sentimento ad opera della società europea dal 1500 al 1800 con un costante parallelismo fra le tele e le sculture degli ultimi cinquecento anni e il vastissimo repertorio archeologico pompeiano, protagonista assoluto l’ uomo e le divinità che cambiano forma divenendo animali, piante, oggetti o fenomeni atmosferici per vicende sentimentali.
La prima parte del percorso espositivo è incentrata sugli “Amori rubati”, quelli di Danae, Leda, Io e Ganimede, in cui la metamorfosi è l’espediente utilizzato per conquistare la persona amata, tutte storie narrate su pittura vascolare, dèi e uomini che si incontrano e danno vita o ad una forte attrazione o repulsione, un esempio lampante è la figura di Zeus, la divinità più potente, che utilizza le sue virtù per conquistare i comuni mortali e per trasformarli in animali ed allontanarli.
Al mito greco si ispiravano i romani, mentre gli artisti greci prediligevano l’ atto della seduzione e della trasformazione fra le divinità e il genere umano e le vicende ad esse collegate, soprattutto la nascita di nuovi eroi, il pubblico romano preferiva narrazioni di carattere erotico e drammatico, le “Metamorfosi” di Ovidio riassumevano tutto questo repertorio. Nella seconda sezione della mostra si evidenzia il passaggio tra gli “amori rubati” e gli “amori negati”, i miti di Dafne ed Apollo, Narciso ed Eco, Ermafrodito e Salmacide, tutti personaggi ripresi o inventati da Ovidio. Nelle “Metamorfosi” Ermafrodito è un adolescente vagabondo, concupito dalla ninfa Salmacide che invoca gli dèi nel tentativo di possederlo, il rifiuto da parte di Ermafrodito scatena l’ ira della ninfa che grazie all’ aiuto di una entità suprema si fonde con quest’ ultimo dando vita ad un personaggio lascivo, amante delle scorribande nei boschi insieme a dei satiri, una scena immortalata dal pittore Francesco Albani, olio su tela del 1635-40 circa.
Alcuni miti, di amore e di trasformazione hanno ben poco, sempre da Ovidio che si basa sulle leggende e sulle tradizioni nasce il mito di “Apollo e Dafne”, in cui Apollo è bramoso di possedere Dafne, quest’ ultima per sfuggire alla cattura chiede al padre Peneo di distruggere il suo corpo che l’ aveva reso oggetto di passione, un desiderio esaudito con la giovane che si trasforma in alloro, un arbusto che Apollo dichiarerà pianta sacra, un episodio visibile nell’ intonaco dipinto ad affresco proveniente dalla Villa Arianna dall’ antica Stabiae. Nella terza sezione “Dio trasforma”, il contatto con la divinità è spesso gravido di infauste conseguenze per i comuni mortali, l’ esempio più celebre è quello di Atteone, qui la trasformazione è innescata dalla ripugnanza di Artemide (Diana per i romani) nei confronti dell’ amore.Il cacciatore Atteone sorprende ed ammira il bagno della dea che lo trasforma in un cervo e lo rende da cacciatore a preda, nulla può il giovane contro la furia dei propri cani che lo divorano. L’ elemento dominante nell’ iconografia del mito di Atteone è il paesaggio, raffigurato in maniera ombrosa con le ninfee ed Artemide che si bagnano e con il cacciatore che osserva la scena, un esempio è la tela, olio su tela, di Louis Galloche del 1725. A completare la mostra sono le sale dedicate al mito di Callisto, con elementi in comune con quello di Atteone, e quella di Io e Argo. In tutte le storie la metamorfosi è il tema caratterizzante che evidenzia il contrasto fra il corpo desiderabile e desiderato di uno dei protagonisti e l’ animo fanciullesco riluttante alle lusinghe d’amore. Sono ben 80 le opere provenienti dai siti archeologici vesuviani e dai maggiori musei italiani e stranieri, artisti di caratura internazionale da Baccio Bandinelli a Nicolas Poussin, da Tiepolo ad Ammannati, hanno rielaborato e dipinto la “letteratura greca” attenendosi meticolosamente all’ aspetto filologico, amori divini che in una ipotetica trasposizione contemporanea potrebbero essere identificati come “amore criminale”.