Nessun personaggio è davvero al sicuro in questa nuova stagione di Big Mouth. Ogni scelta è severamente condannata a perseguitare i ragazzi tormentandoli con il senso di colpa e la vergogna. La serie di Nick Kroll ed Andrew Goldberg racconta il momento transitorio più cruciale dell’adolescenza, la dogana più temuta: l’istante in cui i sacri dogmi familiari si sgretolano, i cambiamenti del corpo inghiottono la mente e ci si ritrova assolutamente soli, con i propri mostri e i propri fantasmi, ad affrontare qualcosa di davvero grande per la prima volta in assoluto. Oltre a Andrew e il suo gruppo di amici, i principali personaggi della serie sembrano essere due: un irrefrenabile e libidinoso istinto ormonale e una dirompente voglia di rompere gli schemi e trasgredire le regole.
In un modo o nell’altro entrambe finiscono con il risolversi nell’angoscia. Nel primo caso, sia i personaggi maschili che femminili si trovano coinvolti in situazioni imbarazzanti e sperimentano la vergogna, la crescita esponenziale dell’insicurezza e l’odio verso le istituzioni (da quella familiare a quella religiosa) incapaci di aiutare concretamente in questo determinato tipo di situazione. Nel secondo caso, invece, diventa angoscioso il senso di colpa. Tradire la fiducia della famiglia, gli amici o i propri principi etici è decisamente troppo per degli adolescenti che di fatto altro non sono che bambini trapiantati in un corpo strutturalmente ingannevole. Insomma, tra le vertiginose circonvulsioni di sentimenti dolorosi e bizzarri, fantasie erotiche assurde, confusione dovuta a letteralmente qualsiasi impulso della realtà circostante è un’immagine eccellente e pedagogicamente impeccabile per descrivere questo periodo infernale che è la transizione dall’innocenza puerile all’amara consapevolezza adulta.
La critica che si potrebbe muovere alla serie è quella di esagerare decisamente nei toni o di essere eccessivamente esuberante ed esplicita in alcune rappresentazioni. Non è certo questo il luogo mediatico in cui parlare di liberismo etico, politico o civile, ma possiamo dire, seppur con cautela, che il metodo comunicativo intrapreso dagli sceneggiatori e dal team di animatori è eccellente. La comicità funziona, il messaggio passa senza essere imbarazzante, vengono rappresentate le paure più recondite e per esorcizzarle ci si ride su, insieme. Quale metodo migliore?
Se poi la critica è mossa verso l’eccessiva ripetizione del tema centrale forse si riescono a trovare meno giustificazioni o apologie. Ma alla fine il senso dello show è accompagnare un cambiamento, comunicando dolore, angoscia, insicurezza, ma certamente anche il valore dell’amicizia, della famiglia, dell’amor proprio. Con un umorismo per adulti fuori dagli schemi, struggente e fresco, Big Mouth è il modo forse più giusto per arrivare a ogni tipo di ragazzo, è un’ironia semplice da cogliere per certi aspetti e sopratutto può aiutare ad evitare tantissimi errori, grazie ad alcuni episodi del tutto dediti alla pedagogia ed estremamente attenti a misurare le parole e le immagini.