E’ allestita nella Dep Art Gallery di Milano, la prima mostra personale di Carlos Cruz-Diez, dopo la sua recente scomparsa, dal titolo “Carlos Cruz-Diez. Colore come evento di spazi”, fino al 21 gennaio 2020. E’ un richiamo al fondamento dell’opera, che dagli anni Sessanta, si è concentrata sull’indagine percettiva del colore non come elemento compositivo, ma come accadimento reale. Attraverso le sedici grandi opere si ripercorrono le fasi salienti del pensiero dell’artista franco-venezuelano, e ne mette in luce l’originalità della ricerca, includendo lavori tratti da cinque delle sue serie più significative: Couleur Additive, Physichromie, Induction Chromatique, Chromointerférence, Couleur à l’Espace, oltre a uno spazio interattivo realizzato appositamente per la galleria milanese: Pyramide d’Interferences Chromatiques (2018). E’ considerato tra i maggiori esponenti dell’arte cinetica e ottica, la sua opera lo ha portato ad affermarsi come uno dei principali pensatori del XX secolo nell’ambito del colore.
Le opere della serie Couleur Additive, presente in mostra con Color Aditivo Yuruani (2017, cromografia su alluminio, 80×240 cm), si basano sulla radiazione del colore: quando un colore tocca un altro, nel punto di contatto appare una linea verticale più scura. Questa linea virtuale contribuisce all’opera con un terzo colore che non è stato inserito dall’artista.
Il colore diventa oggetto di una ricerca ottico-cinetica declinata non unicamente sulla superficie visuale, ma nello spazio fisico e concreto dell’esperienza sensoriale. Come ricorda Francesca Pola, autrice del testo in catalogo, già dal 1963, l’artista descrive in questa chiave le sue Physichromie (Fisicromie) che costituiscono uno dei nuclei principali della mostra: “Le Fisicromie, queste strutture cangianti che proiettano il colore della superficie nello spazio creando un’atmosfera che varia con l’intensità e la posizione della luce, con la posizione e la distanza dello spettatore, finalmente riuniscono tre modalità del colore che toccano stati emotivi quasi ossessivi: l’addizione, il riflesso, la sottrazione”.
In Couleur à l’Espace, di cui in mostra si ammirano due opere, fa parte degli esperimenti, che dal 1959,
Cruz-Diez ha condotto sul colore irradiato. Ponendo sulla superficie multicolore un’asta di metallo, emerge uno spettro di colori nuovi che l’osservatore può autonomamente “creare” e mutare muovendosi nello spazio e cambiando le condizioni di luce.
Sono queste coordinate a caratterizzare l’opera di Cruz-Diez dalla fine degli anni Cinquanta, in un contesto che lo vede attivo da subito in un dialogo serrato con le emergenti tendenze del cinetismo internazionale. Il suo lavoro si connota da subito per questo dinamismo luminoso del colore, in una continua vibrazione determinata dalle relazioni reciproche di addizioni e sottrazioni, riflessi e interferenze, saturazioni e proiezioni. Il colore non è per l’artista l’elemento compositivo o simbolico, quanto, invece, materia concreta che costituisce la possibilità di creare uno spazio emozionale autonomo, dove l’evento spaziale si materializza davanti ai nostri occhi e viene continuamente riconfigurato attraverso le nostre dinamiche percettivo-sensoriali. È un colore “in tempo reale” quello che gli interessa, e che con precisione scientifica, egli modula e declina nella relazione percettivamente significante, e mai nella semplice giustapposizione decorativa.
L’artista è presente nei più prestigiosi musei del mondo come il “MoMA”- Museum of Modern Art a New York, la “Tate Modern” a Londra, il “Musée d’Art Moderne” de la Ville de Paris e il Centre “Georges Pompidou” a Parigi, il “Museum of Fine Arts” a Houston, il “Wallraf-Richartz” Museum di Colonia.