Ascoli Piceno, nella regione Marche, è sempre stata una città con una antica vocazione manufatturiera, ed è l’epicentro di una mostra dal titolo: “Con la terra e con il fuoco. L’Arte della maiolica ad Ascoli Piceno dal XV secolo a oggi”, presso il Museo dell’Arte della ceramica, curata da Giuseppe Matricardi e Stefano Papetti, fino al 3 novembre 2019. E’ la storia di una florida tradizione artigianale raccontata attraverso una serie di opere realizzate nel territorio dalla fine del Trecento fino ai giorni nostri, includendo anche una selezione di opere di ceramisti ancora attivi nei territori delle province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata. L‘exihibit allestito negli ambienti del Convento annesso alla duecentesca Chiesa di San Tommaso, oggi sede del museo, è articolata in cinque sezioni e segue un ordine cronologico. Ad accogliere i fruitori nella prima sezione sono i bacini in maiolica arcaica realizzati ad Ascoli sul finire del Trecento: si tratta di manufatti decorati con stilizzate figure fitomorfe, dipinte in ramina, manganese e zaffera, secondo moduli comuni ad altri centri manifatturieri dell’Italia Centrale che venivano utilizzati per adornare le facciate delle chiese ascolane, come ancora dimostrano le ceramiche presenti nelle chiese di Santa Maria delle Donne, San Venanzio e San Tommaso.
La seconda e la terza sezione illustrano i rapporti tra la città di Ascoli Piceno e il centro manifatturiero di Castelli, attivo nel confinante Regno di Napoli, dove fra Cinque e Seicento si rifornirono gli Anziani del Comune, i principali monasteri cittadini e le più importanti famiglie del patriziato. Un esempio sono in mostra le tazze e le mattonelle dipinte con soggetti legati alla devozione ascolana, come l’ immagine di Sant’Emidio che battezza Polisia, realizzata dalla bottega dei Grue.
“Mattonella raffigurante Sant’Emidio”.
Nella quarta sezione sono esposte le ceramiche prodotte ad Ascoli Piceno dalla manifattura allestita nel 1787 dall’abate di Sant’Angelo Magno, Valeriano Malaspina, con l’intento di frenare l’importazione di prodotti castellani e di rivitalizzare la produzione locale. L’azienda manufatturiera, dopo essere stata diretta dal pesarese Biagio Cacciani e dal napoletano Nicola Giustiniani, venne rilevata dal ceramista Giorgio Paci, che per tre generazioni monopolizzò il mercato ascolano inserendo nuovi elementi figurativi e decorativi, come la caratteristica “rosa ascolana”, i motivi in rilievo di ispirazione classica e soprattutto la rara produzione di oggetti marmorizzati realizzati con una particolare tecnica.
“Piatto con stemma gentilizio”- Manifattura Sant’Angelo Magno.
La quinta sezione è incentrata sul Novecento fino ai giorni nostri e ricostruisce le vicende delle più importanti botteghe attive ad Ascoli. Cinquanta anni dopo la chiusura della manifattura Paci, l’ingegner Matricardi fonderà una nuova fabbrica di maioliche, servendosi da subito di artisti castellani e, succesivamente, di un grande ceramista pesarese, Gian Carlo Polidori. Quest’ultimo, portò ad Ascoli Piceno una straordinaria esperienza creativa che si esprime nella originali decorazioni dei grandi piatti con figure di portatrici, vedute adriatiche, scene in maschera di chiaro spirito dèco, valorizzate dall’uso di smalti brillanti e dalla ramina in rilievo. La crisi economica degli anni Trenta, colpì duramente l’artigianato artistico ascolano, ma i lavoranti della ditta Matricardi si organizzarono in modo autonomo, dando vita alla FAMA, (Fabbriche Artigianali Maioliche Artistiche), che proseguì nel solco della tradizione aperta dal Polidori.
“Piatto con barche dipinto da Giancarlo Polidori”- Manifattura Matricardi.
La mostra si chiude nel chiostro medioevale del Museo con una selezione di opere realizzate dai ceramisti attivi, ancora oggi, nel territorio di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata che, anche se colpiti duramente dal sisma del 2016, continuano ancora a mantenere viva quest’antica tradizione locale.
“Piatto con maschere veneziane dipinto da Giancarlo Polidori”- Manifattura Matricardi.