Ormai è da mesi che il piano di vaccinazione è partito e circa l’80% della popolazione di età superiore ai 70 anni è stata vaccinata; questo dato è fondamentale poiché stiamo parlando degli individui con il maggior rischio di contrarre una grave patologia in seguito all’infezione da SARS-CoV-2. Il nostro paese e tutto il resto del mondo sta finalmente ripartendo e tornando lentamente alla normalità, possiamo iniziare a ritenerci un po’ più liberi, ma dobbiamo stare attenti a non abbassare la guarda poiché vi è ancora una grossa fetta di persone a rischio di infettarsi e sono proprio quelle persone che conducono una vita più dinamica e sociale: gli under 50. La buona notizia è che sta iniziando in tutte le regioni italiane la somministrazione del vaccino anche per questa categoria, ma nonostante tutto quello che si è passato, molti ancora hanno più timore di sottoporsi alla vaccinazione piuttosto che dell’infezione da SARS-CoV-2. Queste paure sono giustificate dall’irrazionale ondata di terrore divulgata dai media e dai social – network; quindi facciamo un po’ di chiarezza su quali siano i rischi reali di questa “famigerata” trombosi.
Il vaccino potrebbe presentare come evento avvero una trombosi, questa affermazione è vera, ma è pur vero che è un evento rarissimo. Attualmente vi è un’attenzione meticolosa e quasi ossessiva sul verificarsi di tale condizione e sono diversi i dati a nostra disposizione. Informazioni significative ci giungono proprio dall’analisi dei dati del Regno Unito, il paese che ha sviluppato la campagna vaccinale sul farmaco dell’AstraZeneca sul quale è stata posta la maggiore attenzione mediatica. Al 27 aprile sono state vaccinate 33.959.908 con la prima dose, e sono stati registrati 169 casi di trombosi venosa cerebrale e 53 di trombosi venosa splancnica, quindi circa 6-7 casi su 1.000.000 di vaccinazioni.
Da un’analisi condotta dall’EMA (European Medicine Agency) si sono osservati 86 casi di trombosi su un totale di circa 25.000.000 di dosi AstraZeneca somministrate, cioè circa 3 casi su 1.000.000.
Non vi è bisogno di dire che siamo tutti dispiaciuti per quelle circa 200 persone che hanno sviluppato possibili e rari problemi legati al vaccino, ma siamo altrettanto rattristati e sconvolti dai 160.686.749 di persone infettate dal SARS-CoV2 nel mondo e dalle 3.335.948 di persone che non sono riuscite a superare la malattia COVID-19 e che purtroppo ci hanno lasciato (dati OMS mondiali aggiornati al 14 maggio 2021).
La scrupolosa sorveglianza che si sta attuando sui vaccini ci ha permesso di dimostrare che il rischio di sviluppare trombosi è un evento rarissimo ed è un rischio di gran lunga inferiore a molti altri farmaci. Infatti, come è noto da sempre, nessun farmaco al mondo è esente da eventi avversi, purtroppo è una condizione imprescindibile e un medico valuta sempre i rischi ed i benefici nel somministrare una determinata terapia. Purtroppo la diffusione mediatica incontrollata ha un peso enorme sulle persone, infatti, nel caso specifico della trombosi esistono diversi farmaci che presentano un rischio di gran lunga superiore rispetto ai vaccini, ma pur essendo l’informazione di completo dominio pubblico, non è mai stata divulgata nel modo così imponente come si sta facendo per i vaccini. Ad esempio per i contraccettivi orali il rischio assoluto di trombosi venosa risulta essere pari a 2-3 per 10.000 donne/anno.
Un studio danese del 2012 ha preso in considerazione, durante l’arco di circa 10 anni, l’uso dei contraccettivi in più di 1,5 milioni di donne danesi, non in gravidanza, di età compresa tra i 15 e i 49 anni che utilizzavano metodi contraccettivi ormonali. Dall’analisi dei risultati i ricercatori hanno rilevato che il tasso di tromboembolia venosa o TEV nelle donne che non usano la contraccezione ormonale è stato del 2,1 per 10.000 donne/anno. Il più alto tasso di tromboembolia venosa è stato registrato tra le donne che utilizzavano il cerotto, con il 9,7 per 10.000 donne/anno. Nelle donne che utilizzavano una comune pillola contraccettiva orale è stato registrato un tasso pari a 6,2 per 10.000 donne/anno. Quindi, in conclusione i ricercatori affermano che per le donne che fanno uso contraccettivi il rischio di trombosi venosa aumenta di 7,9 e 6,5 rispetto alle donne della stessa età che non fanno uso di contraccettivi ormonali (fonte AIFA; leggi l’articolo).
In poche parole il rischio di presentare trombosi in seguito all’uso di contraccettivi è di gran lunga superiore a quello del vaccino, ma nessuna donna hai mai pensato di non assumere tali farmaci per questo motivo; questo atteggiamento è da associare anche al fatto che non vi è stata la divulgazione mediatica attuata per i vaccini.
Si discute maggiormente della pillola contraccettiva poiché è uno dei farmaci più noti, ma il rischio di tromboembolismo è un dato già molto conosciuto nel campo medico, pensate che normalmente nel nostro paese i casi di tromboembolismo sulla popolazione generale oscillano tra i 1-2 casi su 1000 abitanti all’anno cioè circa 65.000 totali ogni anno! (Rif.:leggi l’articolo)
Quindi, dal punto di vista sanitario è sicuramente importante continuare con la scrupolosa registrazione degli eventuali eventi avversi, ma proprio in base alle evidenze sino ad oggi raccolte (eventi rarissimi) e soprattutto pensando all’immenso numero di vittime da SARS-CoV-2 è indubbio che si debba portare avanti il piano di vaccinazione in modo da ridurre al minimo possibile ulteriori perdite umane causate da questo terribile nemico.