Napoli-Parigi andata e ritorno. Interessante è la mostra allestita all’ interno di “Palazzo Zevallos”- sede della Banca Intesa-Sanpaolo a Napoli, in via Toledo 185, intitolata “Da De Nittis a Gemito”- I napoletani a Parigi negli anni dell’ Impressionismo fino all’ 8 aprile 2018, una esposizione che ricostruisce i rapporti tra Parigi, capitale mondiale della cultura moderna e gli artisti partenopei nella città francese nella seconda metà dell’ Ottocento, la presenza di pittori e scultori napoletani ai Salon e alle Esposizioni Universali avvenne sia di persona, sia con l’ invio di opere d’arte, dipinti sui paesaggi, pittura di storia, vedute urbane, marine e sculture di Vincenzo Gemito, esponente di spicco insieme al pittore Giuseppe De Nittis. Il primo napoletano a trasferirsi a Parigi fu Giuseppe Palizzi che entrò in contatto con la Scuola di Barbizon, la sua casa all’ interno della foresta di Fontainebleau divenne punto di riferimento per gli intellettuali, immersi nella natura si sviluppò un nuovo modo di concepire il paesaggio attraverso la tecnica en plein air che rendeva meglio gli effetti atmosferici e i valori della luce, grazie alle tante commissioni pubbliche Palizzi realizzò dipinti di dimensioni monumentali come “La traite des veaux dans la Vallée de la Touque, una tela di cui è presente in mostra il bozzetto preparatorio.
Nel 1872 Giuseppe De Nittis lascia Parigi a causa della guerra franco-prussiana, si trasferisce a Portici, in provincia di Napoli, in questi luoghi si confronta con una natura diversa, la presenza del Vesuvio con le sue pendici scoscese e riarse, corrose dalla lava, ispirerà il pittore nella realizzazione di una serie di tavolette che ricordano le inquadrature fotografiche delle Vedute del monte Fuji di Hokusai, di cui De Nittis era grande ammiratore.
“Sulle falde del Vesuvio” Giuseppe De Nittis
Una scelta stilistica diversa dell’ artista è visibile nella tela “Pranzo a Posillipo”, rappresentando sé stesso con la moglie Léontine insieme ad un gruppo di amici in una serata di luna piena, dove è evidente un parallelismo con Edouard Manet.
“Pranzo a Posillipo”-Giuseppe De Nittis
Sull’ asse Parigi- Napoli i pittori napoletani si fecero sedurre dalle opportunità offerte dal mercante Adolphe Goupil interessato alla “pittura della vita moderna”, un nuovo genere destinato a scalzare il primato della pittura storica, De Nittis e gli altri pur ammirando gli Impressionisti non si adeguarono al loro linguaggio, focalizzarono l’ attenzione sull’ atmosfera e sulla vita brulicante lungo i boulevard, l’ Avenue des Champs Elysées, l’ Avenue du Bois de Boulogne, il laghetto e i giardini del Lussemburgo e lungo la Senna.
“Un angolo di Place de la Concorde a Parigi” – Giuseppe De Nittis
Gli artisti partenopei grazie al mercante Goupil sono riusciti ad esportare all’ estero immagini seducenti, ma anche stereotipate di una Italia mediterranea tra gli incanti delle coste assolate attorno a Napoli e le spensierate scene di vita quotidiana, un esempio sono i dipinti di Antonio Mancini che portò a Parigi il suo mondo, insieme al suo amico Vincenzo Gemito e il suo modello preferito Luigiello, un orfano che con una folta chioma, dai capelli ricci e arruffati è raffigurato in molti dipinti realizzati tra Napoli e la capitale francese, un esempio è “Saltimbanchi suonatori”.
Dopo l’ esperienza vissuta tra il 1870 e il 1890 di De Nittis a Parigi, molti furono gli artisti napoletani che continueranno ad essere attratti dalla Ville Lumière, pittori come Edoardo Totano, Vincenzo Migliaro, Ulisse Caputo e Giuseppe De Sanctis diventeranno gli originali interpreti di una nuova rappresentazione figurativa, nella statuaria, invece, si affermano Vincenzo Gemito, Medardo Rosso e Auguste Rodin, protagonisti indiscussi della rivoluzione della scultura moderna. L’ originalità dell’ arte di Gemito si basa sulla straordinaria sintesi tra l’ eredità della grande statuaria classica studiata al Museo Archeologico di Napoli e l’ osservazione della natura, indagata sul vero, ma anche nelle figure dei pastori che poteva vedere durante le visite fatte con l’ amico Antonio Mancini ai laboratori degli artigiani dei presepi disseminati lungo San Gregorio Armeno. Grazie all’ aiuto di Matilde Duffaud, una modella francese che si trasferì a Napoli nel 1870, Gemito seguì Mancini e si trasferì a Parigi dal 1877 e il 1880. Nel 1877 al Salon parigino vennero presentati i due busti di Giuseppe Verdi e Domenico Morelli che lo fecero apprezzare per le sue originali qualità di ritrattista, ma sarà il suo capolavoro “Il pescatore” a schiudergli la fama e a trionfare nell’ Esposizione Universale del 1878.
Busti di Matilde Duffaud e di Giuseppe Verdi- Vincenzo Gemito.
Dalla frequentazione e dall’ amicizia con artisti di successo come Giovanni Boldini e Ernest Meissonier, dei quali realizzò due straordinari ritratti, trarrà nuovi spunti per una incessante sperimentazione ai confini tra la scultura e la pittura, la sua inquietudine esistenziale sfocerà, come in Mancini, in una grave crisi depressiva ai limiti della pazzia da cui sarà travolto nella seconda metà degli anni ottanta del 1800.
Ritratto di Giovanni Boldini- Vincenzo Gemito