Il ciclo di Dampyr si fa sempre più ampio e articolato. Estendendosi ad ogni volume sia nel passato che nel presente, la creatura di Mauro Boselli e Maurizio Colombo vanta ormai, dopo 16 anni di pubblicazioni, un universo di storie quasi indipendente dal suo protagonista principale, Harlan Draka.
É questo il caso del lungo racconto che comincia in questo in questo N.198, Lyonesse, scritto dallo stesso Boselli per le matite di Michele Rubini. Quasi uno spin-off della serie principale, l’intero episodio ricorda quasi una ballata antica, un canto di eroi e leggende in bilico fra mito e realtà storica.
La vicenda è però narrata da una testimone diretta: una trappola (non riuscitissima) ordita da Harlan, Matthew Shady e Lady Tremayne dà l’occasione a quest’ultima di tornare con la memoria al periodo in cui lei stessa faceva parte della compagnia di Artos (ovvero re Artù), assieme al bardo Taliesin. I suoi ricordi si concentrano però sulla vicenda del cavaliere Drustan e la principessa Essylt, figlia del vampiro Oenghus, re d’Irlanda.
Altra caratteristica di Dampyr, è la capacità dei suoi autori di pescare a piene mani, con fedeltà e inventiva, in varie mitologie e tradizioni letterarie per strutturare l’ampio mondo in cui si muovono i personaggi. Così, dopo aver esplorato, nei mesi scorsi, i cosmici orrori lovecraftiani e l’esoterismo ottocentesco, Boselli si rivolge ora ad un classico evergreen: il mai dimenticato ciclo arturiano. Proponendone una lettura tutta particolare.
Il riferimento infatti diventa subito chiaro: Lyonesse ricalca la sfortunata vicenda di Tristano e Isotta, leggenda del così detto ciclo bretone (o arturiano), già ampiamente saccheggiato da cinema e letteratura. Lo arricchisce però di due elementi inusuali, se non proprio inediti: prima di tutto ricercando una prospettiva storiograficamente realistica, almeno dal punto di vista estetico e linguistico. Usanze, nomi e costumi dell’epoca vengono ricostruiti con una certa ricchezza di particolari, soprattutto grazie al tratto preciso e particolareggiato di Rubini, rinunciando all’atmosfera mitica e astorica che spesso circonda le vicende arturiane. C’è da dire che negli ultimi anni proprio questo approccio è stato preferito nel recupero narrativo del materiale in questione. Non sempre con successo però, né con la necessaria freschezza.
In secondo luogo, l’esigenza di inserire il racconto nella più ampia narrazione dampyresca, costituisce l’occasione – certo non nuova su queste pagine, ma sempre potenzialmente interessante –
di intrecciare l’avventura romantica di Tristano e Isotta con suggestioni ed elementi pesantemente esoterici, tracciando sentieri narrativi inediti lì dove la notorietà del materiale rischiava di generare un’ennesima, noiosissima ripetizione.
Anche se leggermente rallentata dagli spiegoni iniziali (d’altronde la trama di Dampyr si fa sempre più intricata), la lettura è piacevole e intensa. L’intrico di trame orizzontali e verticali, personaggi, riferimenti metatestuali e richiami interni, se da un lato rischia in certi momenti di rendere non agevole lo scorrimento dell’episodio, dall’altro aumenta la curiosità e il senso di continuità della serie (specie se siete lettori fedeli).