Un pò di storia non fa mai male!
Chi ha vissuto gli anni ’90 non potrà non ricordare i beat em up, un genere di videogiochi che ha appassionato e divertito milioni di videogiocatori (che non si chiamavano ancora gamers) e ovviamente la sottocategoria degli hack’n’slash, dove si usavano armi “bianche” e magie.
Final Fight, Golden Axe, Street Of Rage e Double Dragon sono tra le saghe principali che hanno contraddistinto un genere che nel corso degli anni è diventato fin troppo inflazionato ed ha perso tutto il suo appeal. Errore frequente delle software house, infatti, è quello di “buttarsi” letteralmente sul carro del vincitore ed abusare di un genere fino a provocare la saturazione del mercato (qualcuno ha detto “battle royale?”). Ma tra i tantissimi picchiaduro 2D del periodo ce n’era uno che si distingueva dalla massa, anzi 2: Dungeons & Dragons: Tower of Doom ed il suo diretto seguito Dungeons & Dragons: Shadow over Mystara di Capcom.
Usciti rispettivamente nel 1993 e nel 1996 su scheda arcade CPS2 e successivamente riuniti sotto collection per Sega Saturn. Dungeons & Dragons Collection (questo era il nome del pack) uscì nel 1999 in Giappone e grazie alla cartuccia che espandeva la memoria della console Sega di 4mb era un arcade-perfect. Nel 2013 la collection fu riproposta con il nome Dungeons & Dragons: Chronicles of Mystara , in versione digitale su Steam e sulle console della settima generazione . Ma cosa distingueva i 2 titoli con licenza dei famosi Gdr (giochi di ruolo n.d.r.) pubblicato da TSR con tutti i maggiori antagonisti della decade? A parte la possibilità di giocare fino a 4 giocatori contemporaneamente, e per questo i due titoli sono annoverati tra i migliori titoli cooperativi della storia, c’era la forte caratterizzazione dei vari protagonisti e le abilità uniche che li differenziavano e permetteva al giocatore di affrontare i combattimenti con approcci differenti “spezzando” letteralmente la monotonia “patologica” del genere. L’uso di abilità di classe, magie e pozioni non era per nulla scontato alla metà degli anni ’90.
Vanillaware Ltd: storia di una mosca bianca
Nell’attuale, fin troppo ampio, panorama delle software house ci sono le mosche bianche come Vanillaware. La piccola software house giapponese nasce nel 2002 (con il nome Puraguru), dopo che la maggior parte del team aveva partecipato nel 1997 alla creazione, sotto etichetta Atlus, di un piccolo gioiello chiamato Princess Crown uscito in esclusiva per Sega Saturn (e convertito anni dopo per Sony Psp). Nel corso degli anni Vanillaware ha realizzato una decina di titoli, quasi tutti caratterizzati da una grafica bidimensionale con tratti artistici di notevole qualità, dei veri e propri acquarelli.
In attesa di 13 Sentinels: Aegis Rim in uscita (si spera) entro il 2018 la software house nipponica ripropone per la current gen un titolo che è da ritenere l’erede spirituale di Tower Of Doom e Shadow Of Mystara: Dragon Crown Pro. Dragon Crown uscì nel 2013 per Ps3 e Ps Vita e tutta la premessa dei 2 titoli Capcom non è stata per nulla casuale dato che l’art director George Kamitani aveva già collaborato nel 1993 allo sviluppo di Tower Of Doom.
Da Dragon’s Crown a Dragon’s Crown Pro.
Ma cosa differenzia la versione appena pubblicata da quella pubblicata nel 2013?
- Grafica in HD con supporto alla risoluzione 4k
- Colonna sonora rimasterizzata eseguita da un’orchestra dal vivo.
- Doppiaggio del gioco in giapponese ed in inglese.
- Salvataggi compatibili con le versioni Ps3 ePs Vita.
- Cross Play online con le versioni Ps3 e Ps Vita.
- Inclusione di tutti i DLC usciti nella versione originale.
L’ennesima remastered?!?
Si, e in questo caso non posso che essere pienamente d’accordo con la scelta degli sviluppatori. Dragon’s Crown infatti uscì nel 2013, quando il ciclo vitale della Playstation3 era praticamente finito, passò quasi inosservato a pochi mesi dall’uscita della Playstation4. Riproporlo nel 2018 anche se non ad un prezzo budget è comunque un’affare.
Ma il gioco com’è?
Nel gioco affronteremo una lunga serie di dungeon traboccanti di nemici, trappole ed enormi boss. Nonostante i cinque anni sulle spalle, Dragon’s Crown Pro si conferma il punto più alto mai raggiunto dal questo genere. Un vero e proprio atto d’amore di Vanillaware nei confronti di un genere ormai caduto nell’oblio da troppo tempo. La campagna non è estremamente lunga, il gioco basa la sua longevità sul fattore della rigiocabilità, dalla difficoltà e la possibilità di potenziare il nostro alter ego. Dragon’s Crown Pro è un titolo in grado di catturarvi per tantissimo tempo.
Voglio il loot!!!
Le solide fasi hack’n’slash sono esaltate da un sistema di looting particolarmente gratificante con una gestione delle risorse in grado di portarvi via parecchie ore nella ricerca della build “perfetta”. Fa sorridere il fatto che in molti giochi della current generation regalano, a patto di spendere (parecchi) soldi reali oggetti in game assolutamente inutili, mentre un gioco old school come questo sa regalare, grazie solo all’impegno del giocatore degli ricompense tanto utili (ovviamente ai fini del gioco) e belle.
Sei personaggi in cerca di autore
Tutto il sistema di Dragon’s Crown è basato sulle differenze tra le varie classi. Scegliere un guerriero o una maga cambierà l’approccio al gioco e anche le strategie da utilizzare in battaglia. Attraversare la decina di dungeon, che raddoppiano con le strade alternative presenti all’interno del gioco, non risulta particolarmente monotono dato che Vanillaware ha pensato di adottare un sistema di abilità e accessori unici per le diverse classi. In aggiunta potremo guadagnare dei punti abilità che ci daranno diversi benefici e miglioramenti che vanno dall’ aumento dei punti vita, fino alla possibilità di innalzare scudi che proteggeranno alleati. Naturalmente ci sarà anche la possibilità di aumentare il numero e la potenza dei vari attacchi.
E l’online?
Già nella sua versione originale, Dragon’s Crown adottava una modalità cooperativa immediata e divertente. Entrando all’interno delle zone adibite alla scelta della fase da affrontare, è possibile decidere se unirsi ad una partita causale o organizzarsi con i propri amici. Un netcode stabilissimo permette di ritrovarsi in partita con altri giocatori in poco tempo, senza dimenticarsi il già citato cross play.
Pro
+ Graficamente un’opera d’arte
+ Moltissimi contenuti
+ Le sei classi sono talmente diversificate che sembra di affrontare ogni volta un gioco nuovo
+ Multiplayer divertentissimo
+ Farming estremo e loot box gratificanti
Contro
– Nessun nuovo contenuto
– Prezzo non esattamente budget