Se la Meteora è essa stessa portatrice del caos ed emblema dell’Apocalisse, poteva mancare tra i suoi araldi un cavaliere come Peste? Secondo il team che ha intessuto il Ciclo della Meteora di Dylan Dog la risposta è ovviamente no, e con l’albo 397, intitolato simbolicamente Morbo M, Paola Barbato ci introduce in un’atmosfera cupa, e verrebbe quasi da dire come da sua abitudine.
Come in una qualsiasi pestilenza medievale, Londra è invasa da vittime di un misterioso morbo che sta colpendo la popolazione con un contagio molto rapido del quale nemmeno è chiara la natura: gli esperti parlano di Morbo della Meteora, e le sue manifestazioni sono le più disparate, dalla consunzione alla formazione sul corpo di strane escrescenze deformanti. Non esiste una sintomatologia ben definita, la morte arriva in poche ore o in giorni, ma… c’è un ma. Qualcuno sopravvive, li chiamano i figli della Meteora, e rappresentano l’unica carta in mano a studiosi e medici per affrontare il Morbo e trovare una cura.
Dylan, insieme alla sua fidanzata Billie e ad un ispettore Bloch raramente visto così risoluto (la Meteora sta forse influenzando anche lui?) si intrufola nel centro di Stockton dove queste cure vengono studiate e somministrate, scoprendo delle mezze verità delle quali si fa portavoce a modo suo in un finale volutamente ambiguo.
La Meteora del ciclo è stavolta incombente quasi in ogni pagina dell’albo, sia per il senso di disperazione in cui trascina i londinesi che per la rassegnazione indotta in tanti altri. Per una storia incentrata sull’incubo della malattia e sulla fobia degli spazi ospedalieri non poteva esserci autrice più adatta di Paola Barbato, che si inserisce con la sua ben nota padronanza del personaggio in un filone che tratta alcuni temi già molto cari allo stesso Tiziano Sclavi e che persino Roberto Recchioni ha riportato in auge nella sua personalissima visione inclusa in Mater Morbi.
La trama si sviluppa in crescendo, tra atmosfere surreali e orride, ed è basata quasi interamente sui dialoghi offrendo molteplici spunti di riflessione. La Meteora è come detto un invisibile coprotagonista che spande ovunque i suoi effetti, disgregando non solo fisicamente la popolazione ma esercitando influsso anche sulla psiche, sulle capacità di reagire, sulla fiducia, divenendo una pulsante metafora. Gli infermi hanno perso tutto e si ritrovano immersi in una amara desolazione che non offre scampo, in un racconto al limite dell’onirico che ci restituisce il personaggio che ben conosciamo in tutte le sue ossessioni.
Non si può infatti negare, al netto delle considerazioni che sono state espresse sulla struttura narrativa di questo Ciclo della Meteora e sulle implicazioni future del peculiare tema (e molte ancora ne verranno!), l’evidenza di trovarsi in questo caso davanti a un albo di Dylan Dog vecchia scuola, con una storia in bilico tra il surreale e l’orripilante e che va a stimolare l’attenzione su temi inquietanti.
L’accordo tra Paola Barbato e Corrado Roi sembra quasi simbiotico per l’abilità di questo autore di eccezione nel trasformare in immagini il plot. Il suo tratto è infatti funzionale dalla prima all’ultima vignetta al senso di straniamento, e riesce a sconvolgere l’abituale percezione della realtà con le deformazioni orrende che mette in scena. Non si può trascurare inoltre l’abilità nel raffigurare in maniera asettica le ambientazioni ospedaliere, veri labirinti di orrore e disperazione raffigurati quasi con degli schizzi in ampie campiture bianche.
L’albo è incorniciato dall’evocativa copertina del solito Gigi Cavenago, il quale cita e richiama apertamente la locandina della recente serie TV Chernobyl. Persino nei colori l’omaggio è lampante, con una palette acida e sfumata che avvolge Londra nella nebbia asfittica della pestilenza.
Con una copertina di questo genere si riceve un chiarissimo indizio circa l’opera in corso, ovvero l’attualizzazione e contestualizzazione del personaggio in tempi a noi prossimi, uno dei tasselli di partenza della “ricostruzione” recchioniana della serie.
uscita: 28/09/2019
Formato: 16×21 cm, b/n
Pagine: 96
Soggetto: Paola Barbato
Sceneggiatura: Paola Barbato
Disegni: Corrado Roi
Copertina: Gigi Cavenago