La storia che andiamo a raccontare è quella di un uomo che è stato più volte ricordato, come il serial killer più cruento e feroci di tutti i tempi, protagonista di efferati delitti negli Stati Uniti fra il 1972 e il 1973. Stiamo parlando di Edmund Kemper, un assassino che nascondeva le sue più perverse intensioni dietro i suoi modi, affabili e tranquilli. Ma dietro quella maschera di normalità, l’uomo affamava i suoi demoni interni con il sangue delle sue vittime.
Edmund si da bambino mostra delle ottime doti intellettive, a scuola è brillante ed educato, ma qualcosa già da quel periodo, cercava di uscire fuori dalla sua anima che si manifestò attraverso alcuni disturbi psichici. Amava torturare e uccidere gli animali, passava il tempo facendo degli strani giochi sessuali con le bambole delle sorelle e sopratutto subiva il fascino del fuoco con atti di piromania. Quando i genitori divorziarono, l’uomo ne fu letteralmente devastato, la madre non aiutò sicuramente questo distacco, trattava Edmund in maniera molto dura, cercando di placare le sue tendenze sadiche, spesso lo rinchiudeva in cantina, per la notte. La donna temeva che l’uomo, allora ancora un giovane ragazzo, potesse violentare la sorella più piccola.
Nel 1963 Kemper scappò di casa per raggiungere il padre in California, arrivato a destinazione venne a conoscenza che il padre si era rifatto una nuova vita e non ne voleva sapere di lui, così fu spedito a casa dei nonni, perchè potessero badare a lui. I nonni vivevano in un ranch in Arizona e l’uomo trovò deprimente vivere lì, soprattutto perchè non aveva un buon rapporto con la nonna. Il 27 Agosto 1964, sparò alla nonna mentre quest’ultima era seduta in cucina a scrivere le ultime pagine del suo libro di fiabe. Appena il nonno tornò a casa, Kemper sparò anche a lui, poi chiamò la madre al telefono, che lo convinse di avvertire le autorità. Quando fu interrogato si giustificò dicendo che “Voleva solo sentire cosa si provasse a uccidere la nonna” e che aveva sparato anche al nonno perchè sapeva benissimo che si sarebbe arrabbiato per quello che aveva fatto.
Fu internato in un ospedae Psichiatico Criminale, diventando amico del suo psicologo e poi suo assistente, i test che effettuarono su di lui portarno alla luce un quoziente di intelligenza pari a 145. Guadagnandosi la fiducia del medico, Kemper ebbe l’opportunità di visionare i test fatti sugli altri prigionieri e riuscì a uscire di prigione nel 1969, dopo appena cinque anni dal duplice omidicio di cui si era macchiato. Venne riaffidato alle cure della madre, convincendo la maggior parte degli psichiatri che la follia omicida era passata e che stava in ottima forma, lasciandosi alle spalle ti turbamenti giovanili. Trovò anche un lavoro da impiegato nel dipartimento dei lavori pubblici, in quel periodo aveva superato i due metri d’altezza e tutto lo conoscevano come un ragazzo rispettabile e serio, tanto da diventare un caro amico del capo della polizia della sua città, che gli diede anche l’affettuoso soprannome di “Big Ed”.
Ma il passato e i suoi demoni, si risvegliarono nella mente di Kemper, che effettuò una serie di omicidi efferati, raccogliendo giovani autostoppiste e portandole in zone isolate per ucciderle, le accoltellava o strangolava, poi portava i loro cadaveri nel proprio appartamente, per abusarne e sezionarli. Furono in tutto sei le giovani che uccise fra il 1972 e il 1973.
Il 7 Maggio 1972 mentre stava guidando vicino al Campus Universatirio, diede un passaggio a due ragazze di diciotto anni, Mary Ann Pesce e Anita Luchessa, che stavano facendo l’autostop per raggiungere la Berkeley. Si diresse in una zona di campagna, fermò la macchina e le strangolò entrambe, poi accoltellò ripetutamente entrambe le ragazze, con un coltello che aveva comprato dal ferramenta per l’occasione. L’uomo portò i corpi senza vita delle ragazze in camera sua e scattò foto porno alle due giovani senza vita. Poi fece a pezzi i cadaveri e abbandonò i resti di una delle ragazze in una valigia e si servì della testa decapitata per praticare sesso orale.
Il 14 Settembre Kemper raccolse la quindicenne Aiko Koo, che ebbe la cattiva idea di fare l’autostop per tornare a casa, stanca di aspettare il bus, la minacciò con una pistola, prima, per poi strangolarla a morte poco dopo. Come già aveva fatto portò il cadavere in camera sua, lo violentò per poi smembrarlo per occultarlo.
1l 7 Gennario 1973 la sote fece incontrare Kemper con Cindy Schall, le sparò con una pistola calibro 22 che aveva comprato al mercato nero e portò il cadavere in camera sua per sembrarlo. Ebbe l’accortenza di rimuovere i colpi di proiettile nel cranio della ragazza e ne seppellì la testa nel suo giardino, con il viso rivolto verso la camera della madre. Durante un interrogatorio, l’uomo affermò che fece quel gesto perchè la madre amava farsi guardare.
Il 5 Febbraio, dopo una lunga discusione con la mader, Kemper uscì di casa con l’intento di cercare potenziali vittime e incontrò Rosaling Thorpe e Alice Liu, due giovani donne in cerca di un passaggio. Sparò a entrambe a sangue freddo, una volta raggiunta una zona sicura, poi come ormai è sua abitudine, le violnentò e smembrò.
Venerdì 20 Aprile la furia criminale di Kemper colpisce la madre, uccidendola con un martelo, prima di decapitarla e violentarne il corpo senza vita. La testa la mise in bella mosta su di una mensola sul caminetto, che usò come bersaglio per le freccette. Alla fine le strappò le corde vocali e le buttò nel tritarifiuti. Dopo il suo arresto reputò il gesto “Appropriato visto che non feceva altro che urlare e strillarmi contro”. Non sazio di quella ferocia invitò la migliore amica della madre a cena, strangolandola a more appena entrata in casa.
Poi guidò tutta la notte per cercare di uscire dallo stato della California, credendo di essere braccato dalla polizia, quando però dalla radio si accorse che nessun poliziotto gli stava dando la caccia, si fermò, chiamò la polizia e confessò gli omicidi.
Quando in carcere fu interrogato ammetterà i suoi delitti e di aver compiuto atti di cannibalismo su almeno una delle sue vittime, spiegando con accuretezza di particolari il suo feroce atto. Durante il processo, si dichiarò incapace di intendere e di volere, ma fu giudicato colpevole per tutti gli otto omicidi, fu richiesta la pena di morte, ma essendo stata sospesa all’epoca dei fatti, fu condannato all’ergastolo. Non ha mai mostrato alcun segno di rimorso per i suoi gesti e non ha mai chiesto scusa ai parenti delle sue vittime. Anzi si è mostrato orgoglioso del fatto che nessuno lo abbia mai sospettato per i suoi crimini, e che la polizia abbia dovuto attendere una sua confessione per scovarlo. Dalla prigione Kemper si è larureato in informatica e partecipa attivamente ad un programma di trascizione di opere in Braille. Attualmente Kemper continua a vivere in prigione nello stato della California.