Una brezza tropicale che porta con sé un’eco di terrore. Tra il 1985 e il 1986, l’apparente paradiso hawaiano fu scosso da un’ondata di crimini efferati che lasciarono la comunità nel panico e le forze dell’ordine alle prese con un assassino spietato e sfuggente. Cinque donne persero la vita per mano di un individuo soprannominato “lo Strangolatore di Honolulu”, un predatore nell’ombra il cui modus operandi agghiacciante e la cui identità rimangono, ancora oggi, un inquietante mistero. Questo è il racconto di un’epoca buia, di vittime innocenti e di un’indagine che, nonostante gli sforzi congiunti di polizia locale e FBI, non è mai riuscita a consegnare il colpevole alla giustizia.
Il terrore si materializzò per la prima volta il 30 maggio 1985, quando il corpo senza vita di Vicki Gail Purdy, una giovane donna di 25 anni, fu scoperto su un terrapieno nella tranquilla Keehi Lagoon. Vicki, moglie di un pilota di elicotteri dell’esercito, era uscita la sera precedente per una serata in discoteca a Waikīkī, ma non aveva mai incontrato i suoi amici. L’ultimo contatto con il mondo esterno fu con il tassista che l’aveva accompagnata allo Shorebird Hotel, apparentemente per recuperare la sua auto, poi ritrovata nel parcheggio. La macabra scoperta del suo corpo rivelò una scena raccapricciante: mani legate dietro la schiena, segni inequivocabili di violenza sessuale e la tragica conferma di una morte per strangolamento. Il marito di Vicki, Gary Purdy, sollevò un’inquietante ipotesi, suggerendo un possibile collegamento con il lavoro della moglie in un videonoleggio che trattava anche materiale pornografico, lo stesso luogo dove, un anno prima, due donne erano state brutalmente accoltellate. Un presagio sinistro di una violenza inaudita che stava per abbattersi su Honolulu.
L’incubo si ripeté pochi mesi dopo, il 15 gennaio 1986, con il ritrovamento del corpo di Regina Sakamoto, una studentessa diciassettenne della Leilehua High School. Regina era scomparsa il giorno precedente dopo aver perso l’autobus per la scuola. L’ultima volta che il suo fidanzato l’aveva sentita era stata alle 7:15 del mattino, quando lo aveva chiamato per avvisarlo del suo ritardo. Il suo corpo fu rinvenuto nello stesso lugubre scenario di Keehi Lagoon, con indosso una canottiera blu e una felpa bianca, ma privo degli indumenti inferiori. Anche Regina aveva le mani legate dietro la schiena ed era stata vittima di violenza sessuale e strangolamento. La giovane promessa, che sognava di frequentare la Hawaii Pacific University, divenne il secondo tragico tassello di un puzzle criminale sempre più inquietante. La somiglianza nel modus operandi con l’omicidio di Vicki Purdy fece scattare l’allarme nella polizia, che iniziò a sospettare l’azione di un unico, serial killer.
La paura si diffuse in tutta l’isola con la scomparsa e il successivo ritrovamento di Denise Hughes, una segretaria di 21 anni, attiva nella sua comunità religiosa e solita utilizzare l’autobus per i suoi spostamenti. Denise non si presentò al lavoro il 30 gennaio 1986 e il suo corpo in decomposizione fu scoperto il 1° febbraio da tre giovani pescatori nel torrente Moanalua. Il corpo era avvolto in un telo blu, vestito di un abito blu e, ancora una volta, con le mani legate. L’autopsia confermò l’ennesima aggressione sessuale e la morte per strangolamento. Il ritrovamento di un terzo corpo in circostanze così simili segnò un punto di svolta cruciale. Il 5 febbraio, le autorità istituirono una task force dedicata ai serial killer, un segnale tangibile della gravità della situazione e della crescente pressione per fermare l’ondata di terrore.
La quarta vittima attribuita allo Strangolatore di Honolulu fu Luisa Medeiros, una donna di 25 anni residente a Waipahu. Luisa si era recata a Kauai per stare vicino alla sua famiglia in seguito alla morte della madre. Il 26 marzo, prese un volo notturno per tornare a Oahu e comunicò ai suoi cari che sarebbe rientrata a casa in autobus dall’aeroporto. Dopo essere sbarcata, di lei si persero le tracce. Il suo corpo in decomposizione fu ritrovato il 2 aprile vicino al fiume Waikele da alcuni operai stradali. Indossava la sua camicetta, ma la parte inferiore del corpo era svestita e, come le vittime precedenti, aveva le mani legate dietro la schiena. Di fronte a questa ennesima tragedia, la polizia intensificò le proprie azioni, organizzando operazioni sotto copertura con agenti di sesso femminile nei pressi della laguna di Keehi e dell’aeroporto internazionale di Honolulu, nella disperata speranza di intercettare il killer.
L’ultima vittima conosciuta dello Strangolatore di Honolulu fu Linda Pesce, una donna di 36 anni. Secondo la sua coinquilina, Linda uscì di casa la mattina del 29 aprile 1986, prevedendo di rientrare tardi a causa di una riunione di lavoro. La mattina seguente, dopo essere stata informata che Linda non si era presentata al lavoro e che la sua auto era parcheggiata sul lato del viadotto Nimitz-H1, la coinquilina ne denunciò la scomparsa. In un colpo di scena inquietante, un uomo di nome Howard Gay contattò la polizia affermando che un sensitivo gli aveva rivelato la possibile ubicazione di un corpo a Sand Island. Il 3 maggio, Gay condusse gli agenti nel punto indicato, ma inizialmente non fu trovato nulla. Tuttavia, una successiva perquisizione dell’intera isola portò al ritrovamento del corpo di Linda Pesce. Era nuda e, ancora una volta, con le mani legate dietro la schiena, confermando il macabro filo conduttore che legava tutte le vittime.
L’indagine si fece febbrile. Il Dipartimento di Polizia di Honolulu, con il supporto dell’FBI e della task force di Green River (nota per la caccia a un altro famigerato serial killer), formò una squadra speciale di 27 uomini. Il profilo dell’assassino tracciato dagli esperti delineava un opportunista, un predatore che non pedinava le sue vittime ma le adescava in luoghi vulnerabili come le fermate degli autobus. Si ipotizzava che vivesse o lavorasse nella zona degli attacchi, in particolare a Waipahu o Sand Island.
In seguito all’omicidio di Linda Pesce, la polizia intensificò i controlli, istituendo posti di blocco per interrogare i pendolari abituali. Alcuni testimoni riferirono di aver visto un furgone di colore chiaro e un uomo caucasico o meticcio nei pressi dell’auto di Linda. La svolta nelle indagini sembrò arrivare il 9 maggio con l’arresto di Howard Gay come principale sospettato. L’ex moglie e la fidanzata di Gay fornirono agli inquirenti un quadro inquietante dell’uomo, descrivendolo come un abile manipolatore verbale. Rivelarono inoltre un dettaglio potenzialmente cruciale: entrambe ricordavano di aver praticato attività di bondage con lui, durante le quali venivano legate con le mani dietro la schiena per poi avere rapporti sessuali. La fidanzata di Gay raccontò che nelle serate successive ai loro litigi, lui usciva di casa, e queste coincidevano con le notti in cui erano avvenuti gli omicidi. Gay viveva a Ewa Beach e lavorava come meccanico presso una delle compagnie aeree cargo lungo Lagoon Drive. Sottoposto a un lungo interrogatorio tra le 20:00 e le 3:00 del mattino, Gay fallì il test del poligrafo, ma fu infine rilasciato per mancanza di prove concrete.
Nonostante il rilascio, la polizia continuò a sorvegliare Gay, mentre aziende private offrirono una ricompensa di 25.000 dollari per informazioni utili. Due mesi dopo l’arresto di Gay, una donna si fece avanti affermando di aver visto un uomo in compagnia di una vittima non identificata la notte della sua scomparsa. Riconobbe Gay da un album fotografico come l’uomo in questione, ma si rifiutò di testimoniare per timore di essere stata a sua volta notata.
Nonostante i sospetti e gli indizi inquietanti, Howard Gay non fu mai formalmente accusato degli omicidi dello Strangolatore di Honolulu. Morì nel 2003, portando con sé nella tomba la verità su uno dei casi di omicidio seriale più angoscianti e irrisolti della storia delle Hawaii.
Il mistero dello Strangolatore di Honolulu continua a ossessionare l’immaginario collettivo, alimentando libri, podcast e documentari true crime. Il caso è stato trattato dal “Casefile True Crime Podcast” (7 ottobre 2017), dal programma di Investigation Discovery “Breaking Homicide” (13 maggio 2018), dal podcast “My Favorite Murder” (12 luglio 2018), dal podcast “Ghostlore of Hawaii” (8 luglio 2022) e dal podcast “Crime Junkie” (3 luglio 2023), testimoniando il perdurare dell’interesse per questa oscura pagina della cronaca nera.
Le famiglie delle vittime continuano ad attendere risposte, intrappolate in un limbo di dolore e incertezza. L’ombra dello Strangolatore di Honolulu aleggia ancora sull’arcipelago, un monito inquietante sulla fragilità della sicurezza e sulla persistenza del male, un enigma irrisolto che grida ancora giustizia.