Il Premio Chatwin al miglior libro di viaggio edito nel 2022, è stato assegnato allo scrittore e viaggiatore Colin Thubron per il suo ultimo lavoro, ‘Tra Russia e Cina: Lungo il fiume Amu’ (ed.Ponte alle Grazie).
Il Premio Chatwin “L’occhio assoluto” è stato invece assegnato al fotografo e storyteller Davide Monteleone.
A vincere la sezione narrativa è stata invece Clara Valenzani con il racconto “Cuore di ruggine”.
Venezia, novembre 1653. Nicolò Manucci sale a bordo di un veliero pronto a salpare e si nasconde tra i sacchi delle provviste. Il vascello lascia a poppa le luci notturne di Palazzo Ducale. Destinazione: l’ignoto. Nel Seicento, Venezia rimaneva, assieme a Lisbona, Amsterdam e Londra, una delle principali porte europee verso le sconfinate terre dell’Asia. Da lì partivano mercanti, ambasciatori, consoli, cartografi, navigatori e spie. Nicolò Manucci non era però nessuno di questi. Aveva quattordici anni, era di umili origini ed era appena scappato di casa. A bordo di quella nave il ragazzo venne reclutato da un aristocratico inglese con un braccio solo: Lord Bellomont. L’antesignano agente segreto di Sua Maestà britannica stava svolgendo una delicata missione diplomatica alla corte di Persia. Una volta approdati nel porto ottomano di Smirne, la destinazione dei due avventurieri sarebbe diventata Isfahan, la capitale dell’impero safavide. Isfahan all’epoca veniva soprannominata in persiano «nisf-i-jahan»: «la metà del mondo». Per arrivare nella «la metà del mondo» Manucci e Lord Bellomont avrebbero dovuto attraversare in carovana la Turchia, l’Armenia e gli sconfinati altopiani desertici dell’Iran.
Tre secoli dopo, tra l’estate del 2015 e l’inverno del 2016, l’autore si è messo sulle tracce di Manucci insieme alla fotografa Angelica Kaufmann dopo aver ricostruito le sue avventure negli archivi di mezza Europa. Il viaggio procede da Venezia a Smirne allo stretto di Hormuz, oltre cinquemila chilometri via terra, un lungo e impervio tragitto attraverso le frontiere militarizzate delle più instabili regioni del pianeta. Il libro è allo stesso tempo un reportage e una ricerca storica, ma anche un viaggio di formazione, attraverso le geografie culturali più complesse e affascinanti della nostra contemporaneità: un viaggio oggi irripetibile.
Tra Russia e Cina di Colin Thubron
Nel suo ottantesimo anno di età, Colin Thubron si rimette in viaggio, verso Oriente, nei territori che predilige: nel cuore dell’Asia, all’antica convergenza di steppa e foresta. Da solo, senza nessuno a pregiudicare i suoi incontri. Parla russo e mandarino, quindi può farsi raccontare dalla gente del posto cosa succede in quelle terre. Seguendo per tremila miglia il corso di un fiume quasi sconosciuto – a cavallo, in autostop, in barca, in treno, a piedi – passa dalle sorgenti mongole e lungo il confine russo-cinese fino all’Oceano Pacifico, dove il fiume termina la sua corsa. Un fiume dove le due grandi potenze ex comuniste trovano il loro limite e la loro comune, pericolosa frontiera. Ampiamente dettagliato, lirico, pieno di intuizioni e di meraviglia per lo sconosciuto, Tra Russia e Cina è il resoconto appassionato dell’ultima avventura di un autore pluripremiato, una lezione urgente di Storia e il culmine della carriera strabiliante dell’ultimo dei grandi viaggiatori del Novecento.
La suite di Java di Jan Brokken
È il 1935 quando Olga, poco più che ventenne, arriva in Indonesia, allora colonia olandese. Insieme al marito Han trascorre dieci anni tra Giava e Sulawesi e torna nei Paesi Bassi solo dopo la Seconda guerra mondiale, con due figli al seguito. Nel 1949 darà alla luce lo scrittore Jan Brokken. Gli anni della madre a Giava sono sempre rimasti avvolti nel silenzio, ma la storia torna a incuriosirlo quando, ormai adulto, un mattino di tarda estate rimane folgorato da una sonata per pianoforte ascoltata alla radio, I giardini di Buitenzorg, dalla Suite di Giava di Leopol’d Godovskij. Buitenzorg, oggi Bogor: la città in cui Olga ha vissuto, nei cui giardini ha passeggiato accompagnata dal fruscio delle palme. Chi era Olga prima di diventare sua madre? E chi era Godovskij? Grazie alle lettere ereditate dalla zia, Jan Brokken ricostruisce la storia intima di una donna curiosa e infaticabile, che ha imparato la lingua makassar e insegnato alle giavanesi a usare la macchina per cucire, ha conosciuto il dolore della perdita di un figlio ed è sopravvissuta alla prigionia in un campo giapponese. E accanto alla vita di Olga scopre quella di Godovskij, «anima baltica» che dalla Lituania viaggia per l’Europa e l’America impressionando con il suo talento di virtuoso del pianoforte, per poi innamorarsi dell’Indonesia. Nell’intrico di culture e fedi dell’arcipelago asiatico, tra i ritmi delle danze di Borobudur e i suoni del gamelan, Jan Brokken disvela le storie di scrittori e compositori, da Hella Haasse a Paul Seelig, che hanno guardato al mondo intorno a loro senza l’avidità predatoria del colonizzatore, ma con la curiosità e l’apertura del viaggiatore. Proprio come Olga.