E’ morta ad Amsterdam il 17 marzo la scrittrice croata Dubravka Ugresic.
Nata nel 1949 in quella che allora si chiamava Iugoslavia, da padre croato e madre bulgara, aveva 73 anni.
Costretta all’esilio nel 1993, la Ugresic è stata tradotta in oltre venti lingue e si è aggiudicata alcuni dei più prestigiosi premi letterari internazionali proprio mentre nel suo Paese veniva insultata e disprezzata. Laureata in Letteratura comparata e in Letteratura russa, la Ugresic ha lavorato per molti anni all’Istituto di Teoria della Letteratura dell’Università di Zagabria, facendo carriere parallele come scrittrice e accademica. Nel 1991, quando è scoppiato il conflitto in Iugoslavia, ha preso una ferma posizione contro la guerra, diventando per questa ragione un bersaglio per i giornali nazionalisti, i politici e anche per alcuni colleghi scrittori. Dal 1993 ha vissuto fra gli Stati Uniti e l’Olanda e ha insegnato in numerose università americane ed europee tra cui ad Harvard, Columbia e la Freie Universität di Berlino.
La volpe
Per quasi tutte le tradizioni mitologico folcloriche la volpe è l’incarnazione dell’astuzia, maestra di finzione, ingannatrice per antonomasia, simbolo dell’eros femminile e del narcisismo, può essere ipocrita e ruffiana quanto coraggiosa. È animale duplice, sempre in bilico tra il mondo dei vivi e quello dei morti, terribilmente affascinante nel suo essere in grado di cambiare volto e carattere. Per queste ragioni lo spirito della volpe è il totem degli scrittori, come sosteneva Boris Pil’njak in una citazione che Dubravka Ugresic riprende e fa sua, e con cui da inizio a questo racconto che è, prima di tutto, un’appassionata dichiarazione d’amore alla letteratura. Partendo dalla sua esperienza di scrittrice e conducendo il lettore in un viaggio che attraversa la Russia e i Balcani, passando per Tokio, Napoli e gli Stati Uniti, l’autrice esplora il potere della narrazione e dell’invenzione letteraria, raccontando le storie di personaggi minori che, in un modo o nell’altro, sono stati fondamentali per la letteratura. In questo racconto coinvolgente e ricchissimo, che reinventa continuamente se stesso, Dubravka Ugresic affronta alcuni dei temi a lei più cari come l’identità, la forza della scrittura, l’intreccio tra finzione e realtà, il posto delle donne nel canone letterario, la mentalità iugoslava e post-iugoslava, l’inaffidabilità della memoria, ricordando a tutti che finché esisterà la letteratura sarà legittimo avere speranza nel futuro.
Il museo della resa incondizionata
Durante la guerra dei Balcani molti iugoslavi in fuga dalle violenze e dai nazionalismi raggiunsero, esuli, Berlino. Queste donne e questi uomini cercarono di preservare quello che restava della loro cultura e della loro identità, entrambe messe a repentaglio dalla dissoluzione della Iugoslavia e, al contempo, si trovarono a dubitare delle certezze con cui erano cresciuti dovendo fronteggiare un futuro nuovo e imprevisto. Per chi, come l’autrice, era stato costretto alla fuga e alla precarietà dell’esilio il bene più importante divennero i ricordi. Ed è per questo che, partendo da una serie di fotografie tenute in una borsa di pelle in fondo a un armadio, Dubravka Ugrešić ricostruisce la vita della madre. Mentre, parallelamente, racconta anche la sua storia, il suo presente e il suo passato, intrecciandola ad aneddoti di vita quotidiana, a suggestioni letterarie e a riflessioni sulla vita e la scrittura creando così un collage fatto di frammenti nitidi come fotografie che, insieme, danno vita a un quadro più grande.
Il ministero del dolore
Tanja Lucic è scappata dalla Jugoslavia, dilaniata dalla guerra etnica degli anni Novanta. Ha trovato rifugio ad Amsterdam, dove insegna all’Università. I suoi studenti sono profughi come lei, e per mantenersi gli studi lavorano al “Ministero”, una pornosartoria che rifornisce di indumenti sadomaso i sexy shop della città. Il compito di Tanja sembra impossibile: insegnare letteratura jugoslava, una materia che non esiste più, come la sua identità e il nome del suo paese. Tutto ciò che definiva il termine “jugoslavo” è stato distrutto, ridotto a numero, gruppo di sangue, confine. Le lezioni diventano così una meditazione su una terra perduta e su quanto esista ancora di recuperabile. La nostalgia è il fragile legame che unisce Tanja agli studenti, accomunati dalla loro condizione di stranieri sia nel paese di origine sia in quello che li ha accolti. Un legame che rischia di spezzarsi quando eventi tragici costringono il gruppo ad affrontare le conseguenze della violenta disintegrazione della loro patria.
Baba Jaga ha fatto l’uovo
Baba Jaga è una vecchia strega che vive in una capanna piantata su due zampe di gallina e circondata da teschi umani. Baba Jaga ha una gamba d’osso e, nelle favole slave dalla Russia al Montenegro, vola su un mortaio e mangia i bambini. A partire da questa stravagante figura e dalle sue incarnazioni, Dubravka Ugresic ha costruito un mondo romanzesco al femminile, dove una scrittrice si imbarca in un viaggio in Bulgaria per ritrovare un po’ dei ricordi perduti nella mente svagata della madre, dove tre terribili vecchiette si regalano una vacanza in una spa, sconvolgendo le vite degli altri ospiti, e dove una giovane studiosa di folklore scrive un eccentrico compendio su Baba Jaga che finisce per risultare un’incitazione alla rivolta delle donne. Con i piedi nel mito e la testa nel presente, la scrittrice riflette con raffinata intelligenza e cinismo agro sulla vecchiaia e l’amore, offrendoci un anomalo e pericoloso anti-modello di femminilità.
Vietato leggere
“Vietato leggere” è una raccolta di brevi scritti sull’industria culturale, dal punto di vista di uno scrittore in esilio. “L’esilio,” scrive Ugresic, “è una condizione letteraria; non solo fornisce una ricca lista di citazioni letterarie, ma è una citazione letteraria”. Dubravka Ugresic, romanziera e saggista, scrive nella sua introduzione che una delle sue maschere è quella di “una brontolona dell’Europa dell’Est confusa dalle dinamiche del mercato globale del libro”, ma il suo tono è leggero, vivace e pungente nel raccontarci i difficili rapporti fra uno scrittore e i suoi mediatori letterari. E ci rivela la strada accidentata che ogni libro deve compiere per cadere nelle mani del lettore.