C’è poco da fare, l’ultimo anno nel mondo dei videogiochi ha visto come assoluto protagonista un “nuovo” (nella popolarità, non certo nelle meccaniche) genere: il Battle Royale. Ho già espresso la mia opinione su questo exploit e sul gioco forse più rappresentativo di questo ampissimo fenomeno, ossia Fortnite. In particolare, esso non si è limitato a propagarsi sulle piattaforme dedicate specificatamente al gaming, ma ha “infettato” un po’ tutti i mezzi di comunicazione; basti pensare ai numerosi sportivi (Antoine Griezmann, calciatore candidato per lo scorso pallone d’oro, su tutti) che hanno fatto proprie le danze celebrative del videogioco, facendole diventare esultanze caratteristiche. Insomma, il successo di Fortnite non è solo quantificabile attraverso i milioni di ragazzi che ci giocano, ma anche grazie all’incredibile influenza socio-culturale che ha procurato.
Lo scettro di re di questi due fattori (il numero di giocatori e l’influenza culturale) sembrava essere, fino a uqualche giorno fa, saldamente in mano del prodotto di Epic Games. Avrete notato l’imperfetto utilizzato nella frase precedente. Questo modo verbale è giustificato dal fatto che poco più di una settimana fa è uscito Apex Legends, titolo free-to-play, Battle Royale per l’appunto, sviluppato da Respawn Entertainment (casa produttrice della saga di Titanfall, per capirci) e pubblicato da Electronic Arts. Ovviamente, per quanto riguarda l’aspetto culturale, ormai il passaggio è stato fatto ed è difficile che, nel breve periodo, si abbia un altro prodotto con tale impatto. Dal punto di vista, invece, della quantità di giocatori, il primato di Fortnite rischia seriamente di cessare, a mio parere per almeno due motivi.
Il primo motivo è meramente legato ad aspetti di gameplay. Innanzitutto Apex Legends ha la straordinaria qualità di essere uno sparatutto non obbligatoriamente legato all’abilità individuale (come Fortnite), ma è molto di più vicino ad un concetto di squadra, sia perché, banalmente, i giocatori in game sono sessanta, divisi in venti squadra da tre membri ognuno; quindi non c’è proprio la possibilità di effettuare un partita in solitaria, cosa che invece è presente in praticamente tutti gli altri Battle Royale. Inoltre, l’aspetto legato al team è rappresentata dal fatto che è possibile respawnare in game (anche dopo essere stati completamente sconfitti), se il proprio team è in grado di recuperare i resti del compagno caduto, per poi portarli in determinati punti della mappa per far ritornare il proprio commilitone. La componente cooperativa è uno dei punti chiave del sorpasso, possibile non sicuro, di Apex Legends nei confronti di Fortnite, anche perché la diminuzione del numero di concorrenti, dai canonici cento ai sessanta di Apex, limita un minimo l’influenza del fattore fortuna all’interno del gioco. Altro aspetto legato al gameplay, molto personale, che può segnare l’ascesa di quest’ultimo Battle Royale, è il fatto di essere in prima persona, e non in terza come quasi tutti gli altri titoli di questo genere. Ci tengo a precisare che questa è un’opinione del tutto personale, ma credo che tutti i titoli sparatutto che hanno mostrato il migliore feeling nello shooting ed, in generale, con i comandi, siano stati in prima persona. Insomma, questo Apex Legends ha tutte le caratteristiche tecniche per sorpassare Fortnite, a mio parere.
L’altro aspetto che sarà fondamentale per la nascita di “un’epopea Apex” e, probabilmente, più difficile da perfezionare sarà quello legato allo sviluppo dell’influenza di questo titolo nei confronto degli altri media. Ed è proprio quando Apex riuscirà ad avere un impatto simile a quello che ha avuto Fortnite (che già solo il fatto di essere l’unico termine di paragone fa capire quale sia stato il vero impatto di questo fenomeno) che si potrà parlare di vero e proprio sorpasso. Non basta, purtroppo, nel 2019, essere un prodotto solido nel proprio campo di competenza, ma bisogna cercare di essere un prodotto solido su tutti i campi.