E’ tornata a zampillare la storica Fontana del Belvedere a Capodimonte grazie a un restauro di 150mila euro finanziato dall’azienda di acque minerali Ferrarelle SpA e sono ritornati nuovamente visibili i giochi d’acqua che hanno incantato generazioni di napoletani. Lo sporco, le massicce incrostazioni di calcare e i muschi hanno lasciato il posto al bianco splendente del complesso scultoreo che poggia su una base in ritrovata pietra lavica vesuviana (il materiale e il colore erano ormai irriconoscibili negli ultimi decenni).
Studi e ricerche storiche
Le operazioni di restauro, inoltre, hanno portato informazioni preziose anche per l’attribuzione della Fontana stessa. Gli storici dell’arte, infatti, collocavano la sua costruzione tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, ma il suo autore restava ignoto.
Le ricerche condotte finora sulla Fontana del Belvedere da due giovani studiosi, il francese Benjamin Burguete e la napoletana Rossella Napoli, segnano l’inizio di un’attività di studio mirata alla conoscenza di tutte le fontane esistenti nel Parco di Capodimonte e del sistema idraulico dei siti reali borbonici (e poi anche in epoca Savoia), che nell’impianto del verde prevedeva innanzitutto il convogliamento delle acque d’irrigazione e anche il loro utilizzo in armoniose fontane di arredo: a Portici come a Caserta, Carditello, San Leucio e nella Favorita di Resina. In un documento d’archivio, rintracciato da Rossella Napoli (2019), si evince che il gruppo scultoreo era già stato realizzato nel 1760 data dell’impianto idraulico, e ciò rende verosimile l’attribuzione avanzata per motivi storici e stilistici da Benjamin Burguete (2018) allo scultore di origine fiamminga, Giuseppe Canart (1713-1791), attivo presso la corte borbonica, autore tra l’altro della Fontana delle Flora o delle Sirene (1762-1767) per il Giardino Grande della Villa di Portici.
Nel 1882, re Umberto I di Savoia promosse la sistemazione dell’area del Belvedere per la quale Annibale Sacco, Direttore della Real Casa Savoia, aveva programmato la costruzione di una nuova fontana mai realizzata. Si decise, invece, di prelevare l’attuale gruppo scultoreo dalla fontana della Reale Frutteria del Giardino Torre nel Real Bosco di Capodimonte e di adattarlo, posizionandolo su uno scoglio di maggiori dimensioni di quello originario, all’interno di una vasca più grande, recuperata dalla fonte della Vaccheria, poco distante. Nel giugno del 1885, il Sacco affidò al marmoraro Antonio Belliazzi i lavori di smontaggio, pulitura e restauro dell’intero complesso e quelli relativi alla costruzione delle fondamenta per la sua nuova collocazione.
Al centro della vasca si erge uno scoglio sul quale poggiano quattro figure marmoree. Tra eleganti festoni di frutta e fiori, due delfini dalle sembianze grottesche, accanto a due divinità fluviali, sorreggono una conchiglia, ornata da una pigna centrale dalla quale fuoriescono zampilli d’acqua.
La fontana contribuì a rendere la zona del Belvedere uno tra i luoghi di maggiore richiamo del giardino reale, rispecchiando l’età d’oro della Reggia di Capodimonte come testimonia anche una cartolina del 1890.
Le parole dei protagonisti
“Oggi è davvero una giornata storica, una festa per il restauro di un monumento che il quartiere attendeva da anni – commenta il direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte, Sylvain Bellenger – Non avrei potuto immaginare uno sponsor migliore, così legato all’acqua, alla bellezza che questa può creare e alla missione ambientale del Bosco di Capodimonte, il più grande polmone verde della città. Grazie a Ferrarelle la Fontana ha ritrovato il suo splendore e la piena funzionalità dei suoi giochi d’acqua. Il restauro, inoltre, ci ha permesso di avviare, insieme a due giovani studiosi, una campagna di studi e ricerche su tutte le fontane di Capodimonte che porterà maggiore conoscenza e, spero, consapevolezza del grande valore storico di questo luogo unico”.
“E’ un grande privilegio essere qui oggi e siamo molto riconoscenti al Direttore Bellenger ed a tutto il Museo e Real Bosco di Capodimonte per averci coinvolto in questo magnifico restauro. Ferrarelle continua un percorso di responsabilità sociale convinta che queste operazioni siano vincenti per esprimere la vicinanza della marca al territorio ed alle persone, comunicando valore ed attenzione e rispondendo a quel principio di restituzione sociale, da sempre valore fondante della vita d’impresa della nostra famiglia” afferma Michele Pontecorvo Ricciardi, vicepresidente Ferrarelle SpA.
“Le pietre sono sinonimo di solidità e tenacia nel tempo, ma la naturale evoluzione delle rocce, esposte agli agenti atmosferici, ancor più agli inquinanti e all’azione antropica, porta le pietre stesse, nel corso dei secoli, a divenire suolo-polvere. Noi possiamo solo arginare o eliminare i fattori di degrado, recuperando il più possibile le condizioni originarie delle pietre lavorate, adempiendo così al dovere di garantire un futuro ai manufatti artistici” afferma il restauratore Vincenzo Centanni.