La pressione alta fa paura! Frequentemente i pazienti alla prima alterazione pressoria si fanno prendere dal panico e corrono in pronto soccorso, certi che un rischio di ictus cerebrale è imminente e che necessitino di cure immediate per cercare di far scendere il più rapidamente possibile i valori elevati di pressione. Una volta giunti in pronto soccorso ci si accorge che la realtà è un po’ differente, che non sempre un valore anomalo di pressione ha la priorità e che spesso non è necessario alcun intervento d’urgenza. Cerchiamo di comprendere cosa sia l’ipertensione arteriosa e quando sia necessario un intervento terapeutico rapido.
Secondo le linee guida 2017 dell’American College of Cardiology (ACC) e American Heart Association Task Force (AHA) si definisce ipertensione arteriosa la condizione nella quale il valore di pressione arteriosa sistolica (la più famosa pressione massima) è superiore ai 130 mmHg e/o il valore di pressione diastolica (la famosa pressione minima) è superiore agli 80 mmHg. In caso di riscontro di alterazione pressoria al di sopra dei 130 non è necessario correre allarmati in pronto soccorso, ma è fondamentale rivolgersi al proprio medico di base per un monitoraggio dei valori pressori ed eventuale trattamento farmacologico. Spesso non è identificabile una causa precisa che provochi l’aumento dei valori pressori, infatti in più del 95% dei casi si parla di ipertensione arteriosa essenziale, ciò che però si sa è che valori alterati di pressione arteriosa, nel corso del tempo possono aumentare il rischio di eventi cardiovascolari ed è quindi necessario un eventuale trattamento farmacologico atto a mantenere i valori di pressione entro i limiti di normalità (generalmente 120/80 mmHg, valori variabili in base alle copatologie).
La vera emergenza ipertensiva è invece una condizione differente da una semplice alterazione dei valori pressori, infatti sempre secondo le linee guida ACC/AHA si definisce emergenza ipertensiva: un importante aumento dei valori pressori (>180/120 mmHg), associato a danni agli organi bersaglio.”
Generalmente i danni d’organo comprendono:
- encefalopatia ipertensiva
- preeclampsia ed eclampsia
- insufficienza ventricolare sinistra con edema polmonare
- ischemia miocardica
- dissezione aortica acuta e insufficienza renale
Tali condizioni sono associate a sintomi specifici come severa cefalea con sintomi neurologici centrali (stato confusionale, emiparesi, convulsioni) o tipico dolore cardiaco ischemico, definito angor (senso di oppressione toracica) o ad esempio dispnea indotta da edema polmonare conseguente a scompenso cardiaco acuto.
Un’emergenza ipertensiva è quindi una condizione patologica grave che necessita di osservazione ospedaliera e trattamento medico immediato. È importante sottolineare che la pressione arteriosa non va abbattuta rapidamente, ma è consigliato ridurre la pressione media di circa il 20-25% nella prima ora per non incorrere nel rischio di ipoperfusione cerebrale con possibilità di ictus.
Quando, invece, si presenta una pressione arteriosa molto elevata senza danno d’organo si parla di urgenza ipertensiva. In questo caso non è necessario un intervento immediato poiché la possibilità di sviluppare complicanze acute è molto bassa; è comunque indicato un monitoraggio (anche domiciliare) della pressione arteriosa per la valutazione di un inizio di terapia antipertensiva cronica.
In conclusione, gli episodi di urgenza ipertensiva (cioè una condizione poco pericolosa) sono fortunatamente molto più frequenti rispetto all’emergenza ipertensiva (condizione medica più pericolosa); spesso però i pazienti, giustamente presi dal panico, ricorrono subito al pronto soccorso quando in realtà non vi è necessità di cure immediate. Quindi in caso di riscontro occasionale di elevati valori pressori, senza associati sintomi, basta semplicemente monitorizzare la pressione e parlarne con il proprio medico di base per il prosieguo terapeutico, questi comportamenti sono fondamentali per ridurre il sempre maggiore sovraffollamento nei pronto soccorso.