Tere kõigile! Il nostro tour letterario europeo fa tappa in Estonia.
Premettendo che il numero di parlanti estoni è relativamente basso (oggi circa un milione di persone), l’Estonia ha sviluppato relativamente tardi un sistema scolastico e quindi una propria letteratura. Gli scritti in estone divennero significativi solo nel XIX secolo. Inoltre, molti scrittori andarono in esilio durante la seconda guerra mondiale , il che portò a una notevole produzione di letteratura in esilio del dopoguerra. I romanzieri in esilio trovarono ispirazione nel fatto stesso del loro esilio.
Il nostro viaggio sarà una meravigliosa scoperta, anche per i più piccini.
Il pazzo dello zar di Jaan Kross
Dopo nove anni di prigionia nella fortezza di Schlüsselburg, il barone Timo von Bock, dichiarato pazzo, viene confinato con la famiglia nei suoi possedimenti baltici, sotto la stretta sorveglianza di spie governative. Che crimine ha commesso questo brillante aristocratico e colonnello dell’Impero russo, ammirato da Goethe e amico intimo dello stesso zar Alessandro? Nato nella culla dei privilegi, Timo è colpevole della follia di non riuscire a scendere a patti con i propri ideali rivoluzionari, un liberale troppo avanti con i tempi, che rifiuta una principessa per sposare una contadina, che libera i suoi servi e tratta da pari i domestici, fino a scrivere allo zar, con la schietta lealtà che il sovrano esige da lui, un’infuocata denuncia contro il regime. Come un «chiodo piantato nel cuore dell’impero», con la purezza pericolosa di un bambino, Timo ingaggia una lotta a distanza con il sovrano, che tenta ogni genere di lusinga e di persecuzione per «guarirlo», in un confronto tra l’intellettuale e il potere, lo spirito libero e il conformismo, e tra due eroi tragici fatalmente legati da un’impossibile amicizia. Jaan Kross si ispira a una reale vicenda storica per scrivere il suo grande romanzo contro l’oppressione, la stessa che i suoi Paesi Baltici continuavano a subire, non più dai Romanov ma dall’Unione Sovietica, e che l’aveva condannato a otto anni di prigionia. Come a dire che la Storia non si ferma, che i sogni dei sognatori sono destinati a essere sognati di nuovo e che, per quanto folli e irrealizzabili, possono dare dignità all’esistenza.
Le api di Meelis Friedenthal
Avvolto nel suo lungo mantello, con un baule da viaggio e un curioso pappagallo, il giovane studente Laurentius Hylas approda in Estonia un freddo giorno di fine Seicento. In fuga da un oscuro passato e sospettato di eresia, è diretto a Tartu, la «città delle muse», piccolo centro ai margini dell’allora regno di Svezia, ma sede di una vivace università, dove circolano già le idee rivoluzionarie di Newton e Cartesio, si inaugurano i primi teatri anatomici e si segue la nuova moda dell’opera sulla scia di Molière. In quel fermento scientifico e filosofico che porterà al secolo dei lumi, Laurentius cerca ossessivamente una cura per il male che lo tormenta e che i suoi contemporanei chiamano malinconia. Ma più si addentra nelle domande cui non sa dare risposta – Da dove viene l’anima? Che rapporto ha con il corpo? – più è attratto dal mondo di istinto, superstizione e magia dei contadini nelle campagne. Un mondo che ha già conosciuto da bambino, quando è stato coinvolto nella caccia alle streghe, e ora ritorna a perseguitarlo in sogni e visioni che cominciano a confondersi fatalmente con la realtà. Attraverso il vivido affresco storico di un inedito angolo d’Europa e la vicenda di un intellettuale che sembra dare corpo alle contraddizioni del suo tempo, Friedenthal si cala nelle viscere del secolo di Shakespeare per raccontare il travaglio della modernità e l’avvento di una nuova epoca della ragione, quando la medicina si fa strada tra umori, paure e l’antica fede nell’alchimia, e il buio Nord sogna la radiosa antichità, i simposi in giardini mediterranei avvolti dal dolce ronzio delle api, l’armonia di un mondo che può forse guarire una nostalgia di luce, di oro, di miele.
Terra di confine di Emil Tode
Forse è proprio perché viene «da un secolo passato, da una terra scomparsa», da uno di quei Paesi Baltici da cui ha avuto inizio la frantumazione dell’Impero, che Tode arriva a dirci qualcosa di nuovo sulla nostra epoca. Lo fa guardando da finestre, cogliendo il «frammento della vita», e scegliendo ironicamente di presentarlo nella forma epistolare del classico «viaggio di formazione». Poco dopo la proclamazione d’indipendenza del suo paese, un giovane traduttore estone arriva a Parigi per curare un’antologia della poesia francese del Dopoguerra. E’ fuggito «da un tempo che era come un blocco di ghiaccio», da una terra dove il sole è «una favolosa moneta d’oro che si gira e si rigira al chiarore del fuoco, e la si morde prima di fidarsene» e, dal grigiore dell’Europa dell’Est, approda nella città «dove sono accumulate tante delle bellezze e delle ricchezze del mondo, tutti gli immaginabili doni del sole e altrettanto dolore, altrettanta miseria e bruttezza che l’oro e le pietre preziose stentano a nascondere». Due mondi inconciliabili che si scontrano nella sua natura ambiguamente androgina, nella sua coscienza di disincantato «flâneur», spettatore dell’inganno del vivere, in un rapporto di fascino e repulsione, di attrazione e distruzione, che nel romanzo si risolve simbolicamente nel delitto. Le lettere, che non spedirà mai, a un emblematico Angelo, sono la confessione dell’omicidio dell’amante Franz, docente di filosofia, di cui ha accettato l’ospitalità e le elargizioni, accumulando nei suoi confronti il risentimento che gli suscita quella società ricca e raffinata in cui «la carne è ovunque pronta, ma lo spirito non si trova più da nessuna parte». I rapporti fra Est e Ovest, la ricerca di un’identità sono fra i temi fondamentali di questo romanzo, ma quello sguardo remoto, il continuo gioco fra racconto e ricordi, sogni e riflessioni, la rara qualità della scrittura trasformano il confronto con l’attualità in una meditazione sulla condizione umana di questa fine millennio, malata d’irrealtà, di estraneità, di non appartenenza, un mondo di nomadi votati alla provvisorietà, ovunque «terra di confine».
La gatta vagabonda di Aino Pervik
È facile fare la gatta vagabonda finché sei da sola. Ma quando nascono dei gattini, hai assolutamente bisogno di una casa dove i piccoli possano crescere tranquilli. La vita di una mamma gatta vagabonda non è per niente semplice.
Lotte. L’avventuroso viaggio al sud di Andrus Kivirähk
Lotte è un’allegra cagnolina che attraverso una serie di cartoni animati che la vedono protagonista è diventata una vera e propria eroina. Il primo libro a lei dedicato è “Il viaggio di Lotte”, nel quale organizza una missione insieme a suo padre e ai suoi amici per aiutare il piccolo uccello Pipo a riunirsi al suo stormo. Durante il viaggio incontra personaggi bizzarri che con generosità la aiutano a superare tutte le difficoltà.