Buna tuturor! Benvenuti in Moldavia, tappa odierna del nostro tour letterario. Anche nota come Repubblica di Moldavia, indipendente dall’Unione Sovietica dal 1991, la Moldavia è racchiusa tra l’Ucraina e la Romania con la quale condivide anche la lingua. La sua storia e la stretta vicinanza geografica con diversi stati la rendono una nazione multiculturale. Dato il forte legame storico-culturale con la Romania, la tradizione letteraria della Moldavia confluisce nel macrogruppo della letteratura romena.
Scopriamola insieme.
Ivan Turbincă di Ion Creangă
E’ un racconto del 1880, fiaba e testo satirico dello scrittore rumeno Ion Creangă, che fa eco a temi comuni nel folklore rumeno ed europeo. Racconta le avventure di un omonimo soldato russo, che passa tra il mondo dei vivi, il Paradiso e l’Inferno, alla ricerca dell’immortalità.
Compito per domani di Nicolae Dabija
1940: a Poiana, piccolo villaggio romeno, i soldati di Stalin fanno irruzione e arrestano il giovane insegnante Mihai, spedendolo in Siberia. Maria, alunna segretamente innamorata di lui, si mette sulle sue tracce. Dopo tredici anni Mihai, testimone di tante brutture, farà ritorno a Poiana portando con sé un nuovo motivo di speranza. La vita continua, malgrado l’intromissione delle forze del male. Un’intensa storia d’amore tra gli orrori del gulag.
Secondo alcuni sondaggi il romanzo Compito per domani – tradotto in diverse lingue – è il libro più letto negli ultimi cinquanta anni in Moldavia.
Miei cari figli, vi scrivo di Lilia Bicec
«Non ero pronta a partire, ma ho dovuto abbandonare tutto e andarmene». Eppure Lilia, una giornalista moldava di trentacinque anni, una fredda mattina di dicembre decide di gettarsi alle spalle un marito indolente e violento e un paese soffocato dal caos e dalla povertà. Quando arriva in Italia non ha un lavoro né un posto dove stare, ma le strade sono illuminate come «palazzi dei grandi principi» e ovunque si legge la scritta «Buon Natale». Qui a nessuno importa della sua laurea e della sua istruzione, ma a poco a poco trova lavori e sistemazioni migliori e può fare i documenti per ottenere il permesso di soggiorno. La sua sete di conoscenza è fortissima: vorrebbe saperne di piú della storia e dell’arte italiana, vorrebbe leggere, studiare, ma la sera è cosí stanca da non riuscirci mai. Del resto, lei ha abbandonato da tempo il suo vero mestiere per i detersivi e i canovacci, e la sua vita interiore si è ridotta all’osso, assottigliata, proprio come il suo corpo che smagrisce sotto il peso della fatica e delle corse in bicicletta da un’abitazione all’altra.
Non le resta che scrivere. Scrivere ogni volta che può. Scrivere ai suoi adorati bambini rimasti in Moldavia con il padre. Scrivere per sentirli crescere, per sentirli ridere e piangere. Scrivere perché raccontare ai figli la sua vita italiana è l’unica cura per la solitudine.
Di pagina in pagina il racconto di Lilia si arricchisce di trame nuove e antiche, di storie del passato – dall’avventuroso esilio siberiano dei suoi nonni durante la Seconda guerra mondiale, alla campagna italiana di Russia di cui apprende da un anziano soldato – e del presente: il pianto di una madre disperata incontrata in treno o la storia di un ragazzo rumeno arrestato per errore. E cosí, il suo racconto si popola di personaggi forti, determinati, alla conquista di un posto nel mondo: uomini, ma soprattutto donne, che come piante senza radici non si sentono piú a casa da nessuna parte e sono tormentate dal dor , la nostalgia che è anche desiderio. «Questa è la mia storia, – dice, – ma anche quella del mio Paese: è la mia tragedia, ma è anche la tragedia di tante altre madri»