Quando il giornale mi ha chiesto di ricordare Keith Haring in occasione dell’anniversario della sua morte mi sono, in ordine, prima entusiasmato poi intimorito. Cosa si scrive di un genio su cui è stato detto già tutto? Mentre scrivo me lo domando. Come tutti gli artisti, era una persona semplice, schiva e parlava attraverso i suoi quadri.
Haring è morto nel 1990 per complicazioni da HIV, ma è come se fosse ancora vivo, la sua fondazione, le sue opere, i murales ci fanno compagnia in tutto il mondo. Un’ artista non muore mai del tutto.
I suoi disegni, semplici e diretti, il suo tratto sicuro, le linee ininterrotte con cui disegnava le sue creature, senza fare errori erano il suo marchio. Gli omini, senza volto, in cui tutti possono identificarsi, ma espressivi nei loro semplici gesti, manifestavano la sua visione del mondo, gioia, tristezza, paura. La semplicità del disegno lo rendeva accessibile a tutti, i bambini per primi cominciano a “masticare” l’arte grazie a lui. Apparentemente i suoi disegni sembrano infantili, ma in realtà lanciano dei messaggi molto forti, omosessualità, violenza, omicidi, malattie. Paradossalmente proprio la semplicità dell’arte che lo rese popolare lo fece distanziare dagli altri artisti, più enigmatici e non d’impatto immediato come lui, che lo consideravano un semplice graffitaro. Haring è stato spesso snobbato dall’elite artistica degli anni’80.
Keith ha sempre disegnato, ogni Natale, racconta la madre in un documentario, chiedeva fogli enormi e matite, e si metteva a disegnare, per ore. IL DISEGNO ERA NEL SUO DNA.
Si sposta dalla natìa Reading (Pennsylvania) a New York e li diventa, poco a poco, famoso. Lui disegnava e disegnava ogni giorno, criticava i colleghi artisti che componevano poche opere solo per venderle, lui pensava che l’arte era del popolo, doveva essere di tutti, produceva mole di lavoro vastissima non solo a fini economici. Solo in un secondo momento su consiglio anche di Andy Warhol aprì il pop shop con i suoi prodotti. Ora resta il negozio online.
Keith ha lavorato in tutto il mondo, è noto in Italia il suo murales a Pisa tutt’oggi preservato come opera d’arte.
Disegnava negli ospedali, scuole spesso circondato da bambini affascinati dal “cane” dal “bambino raggiante” non negava mai un autografo a cui abbinava un disegnino personalizzato per ognuno. Ai figli dei suoi amici come Yoko Ono regalava, per i compleanni, una sua opera. I piccoli erano il centro del suo mondo.
Keith, sincero e puro come un vero artista non negò di aver contratto l’HIV, ammise di essere stato promiscuo e poco attento nella scelta dei partner sessuali. Ventotto anni fa si spense lasciando un patrimonio culturale enorme gestito oggi dalla sua fondazione, riuscì ad organizzare il “dopo” con calma scegliendo personalmente lo staff ed a chi destinare gli introiti, morì con dignità e silenzio.
Oggi, il suo mito è più vivo che mai. L’ultimo disegno lo stava finendo con la sorella facendosi aiutare a tenere il pennarello tra le tremanti mani. Rimase incompiuto.
Sogno che un giorno lui torni e mi decori la casa e la vita con i suoi personaggi.
Keith Haring il geniale artista che ci ha lasciato troppo presto

Autore dei romanzi "La pecora Rosa"e "Crazy Bear Love" e "A Destra dell'Arcobaleno" e giornalista,Carlo Ditto con la sua ironia e il suo tono sempre sopra le righe,riesce a raccontare in modo davvero unico,la quotidianetà.Nella sua rubrica "L'angolo della Pecora Rosa",accompagnerà i nostri lettori nel mondo LGBT.