Gli elementi peculiari che rendono unici i dipinti di Michelangelo Merisi, detto il “Caravaggio”, sono stati individuati non solo nello stile, ma anche nel processo creativo e nella tecnica esecutiva. Egli stravolse il modo di dipingere, rappresentando la realtà come gli si presentava, senza una gerarchia nella scelta dei soggetti, ne alcuna idealizzazione. La sua presenza in molte città, da Roma a Napoli, fino ad arrivare in Sicilia e a Malta, ha influenzato diversi artisti che sono stati classificati come “scuola caravaggesca”. Una proficua comparazione per approfondire questo tema, è la mostra allestita nella Pinacoteca Civica “Bruno Molajoli” di Fabriano, in provincia di Ancona, dal titolo: “La luce e i silenzi: Orazio Gentileschi e la pittura caravaggesca nelle Marche del Seicento”, a cura di Anna Maria Ambrosini Massari e Alessandro Delpriori, fino all’ 8 dicembre 2019. Orazio Gentileschi, pittore commovente, caravaggesco elegiaco e limpido, rivela uno speciale focus nel momento fabrianese e marchigiano. L’exihibit riunisce i capolavori realizzati in diverse città delle Marche, e da Ancona proviene la sublime “Circoncisione”. Il dipinto si divide in due livelli: in basso si svolge la scena del rito, in alto, invece, sulle nuvole, Dio Padre e gli angeli sembrano controllare e dirigere l’avvenimento sottostante. Gentileschi riesce a creare un perfetto equilibrio tra il realismo caravaggesco e la richiesta di “decoro” della pittura religiosa devozionale. I giochi di luci e ombre, i riflessi sui visi dei personaggi (in particolare si notino i due giovani all’estrema destra e sinistra), ma anche la resa morbida e sciolta dei panneggi o la splendida natura morta sul piano dell’altare, sono tutti dettagli che caratterizzano il moderato naturalismo dell’artista. Una novità-curiosità accattivante, che si deve alla giovane ricercatrice di Sassoferrato, Lucia Panetti, è quella che riconosce il volto di Artemisia, nota figlia del pittore e grande pittrice, all’epoca quattordicenne, nella “Circoncisione”: tra gli angeli nel cielo il suo ritratto è nelle vesti di Santa Cecilia che suona l’organo portativo.
“Circoncisione” (1606-1607)- Orazio Gentileschi.
Dalla città organizzatrice della mostra, da Fabriano, invece, provengono diverse opere, tra cui: “La Vergine del Rosario” (1613-1619), oggi nella Pinacoteca Civica. Al centro, su un trono con dorsale a nicchia, la Madonna e il Bambino donano il rosario a San Domenico (sinistra), e a Santa Caterina da Siena (destra), genuflessi sui gradini rivestiti di un tappeto finemente decorato. Ai lati, in piedi due angeli reggicortina tengono in mano un giglio. In alto, la colomba dello Spirito Santo e quattro angeli. In basso, ai piedi del trono, un fanciullo odora una rosa.
“La Vergine del Rosario” (1613-1619)- Orazio Gentileschi.
Altre opere che provengono da altri centri urbani che si possono ammirare all’interno del percorso espositivo sono: la “Visione di Santa Francesca romana”, oggi a Urbino (Galleria Nazionale delle Marche), l’intensa “Maddalena” per l’Università dei Cartai, nucleo di una stanza tematica in cui Gentileschi viene messo a confronto con Giovan Francesco Guerrieri, il grande caravaggesco marchigiano a cui è riservata una “mostra nella mostra”, oltre alle opere di Giovanni Baglione, Alessandro Turchi e Valentin de Boulogne, di Bartolomeo Manfredi e Antiveduto Gramatica, di Giovanni Serodine e Angelo Caroselli, fino a Carlo Bononi. Delle opere di Giovan Francesco Guerrieri, di notevole valenza è la “Maddalena Penitente” del 1611. La posizione della donna con le braccia conserte al petto, al tavolo con libro e teschio, è caratterizzata da una camicia con gli orli e da fruscianti panneggi.
“Maddalena Penitente” (1611)- Giovan Francesco Guerrieri.
In netta contrapposizione allo stile del Merisi, la mostra offre la possibilità di osservare dei dipinti preziosi che hanno fatto da contrappunto alla diffusione del linguaggio caravaggesco, mostrandone l’impatto, ma con un’inflessione più classicista, tra Bologna e Roma, come in Giovanni Lanfranco, Simone Cantarini, Guido Cagnacci, Giuseppe Puglia, Girolamo Buratti o nel dibattersi di due anime e due epoche, come in Pomarancio, Andrea Lilli e Filippo Bellini.
“Maddalena Penitente” (1640)- Guido Cagnacci.
Estatica e sensuale, il dipinto, “Maddalena penitente” di Guido Cagnacci, si divide tra un naturalismo caravaggesco e l’idealismo reniano, contraddicendone il segno e superando ogni classificazione. L’artista mantenne sempre la propria autonomia, giungendo ad elaborare soluzioni nuove e personali, di cui lo splendido dipinto preso in esame ne è esempio. Il raccoglimento devoto, in cui è immersa la santa, è senz’altro di matrice reniana, non rinunciando alle proprie inclinazioni naturalistiche che gli consentono una piena incarnazione e umanizzazione del soggetto sacro.