New Jersey, 1966. Un’ondata di morti inspiegabili scuote il tranquillo Riverdell Hospital di Oradell. Pazienti entrati per interventi di routine spirano improvvisamente, avvolti da un alone di sospetto che presto si concentra su un nome: quello del carismatico chirurgo argentino Mario Enrique Jascalevich, ribattezzato dalla stampa come il sinistro “Dottor X”.
Le prime avvisaglie giungono silenziose, subdole. Nove decessi anomali in un breve lasso di tempo, pazienti il cui destino sembra segnato non dalla malattia, ma da un nemico invisibile annidato tra le asettiche mura dell’ospedale. L’inchiesta ufficiale si avvia il 1° novembre 1966, quando una scoperta agghiacciante getta un’ombra inquietante sul dottor Jascalevich: diciotto fiale di curaro, un potente miorilassante capace di paralizzare i muscoli respiratori fino alla morte, vengono rinvenute nel suo armadietto personale. La sua spiegazione, vaghi esperimenti su cani, non convince gli inquirenti, lasciando aperto un interrogativo angosciante: perché un chirurgo dovrebbe possedere una sostanza letale del genere? E, soprattutto, era collegata alle morti misteriose?
Il caso si arena per un decennio, inghiottito dal silenzio e dalla mancanza di prove concrete. Ma nel 1976, una lettera anonima giunta alla redazione del New York Times riapre ferite mai cicatrizzate. Una donna, nell’ombra, parla di ben quaranta pazienti assassinati in un ospedale dal loro primario. Il giornalista investigativo M.A. Farber fiuta la verità dietro quelle parole cariche di orrore e inizia una sua personale crociata.
Le indagini di Farber lo conducono a un esperto di tossicologia forense, il quale ricorda un caso sospetto proprio al Riverdell Hospital, nel frattempo chiuso. Pezzo dopo pezzo, il puzzle inizia a ricomporsi. Il “Dottor X” ha un nome e un volto: Mario Jascalevich, il brillante chirurgo argentino con un’ombra oscura che si allungava sui suoi pazienti. Mentre i suoi interventi sembravano avere successo, quelli di un nuovo collega erano funestati da un tasso di mortalità inspiegabilmente alto. La svolta arriva quando il nuovo chirurgo e i direttori dell’ospedale forzano l’armadietto di Jascalevich, scoprendo le diciotto fiale quasi vuote di curaro.
Le rivelazioni di Farber scatenano un’onda d’urto mediatica. Il New York Times svela al mondo la storia del “Dottor X”, seminando paura e interrogativi. Il Record, il principale quotidiano locale, dedica ben tredici giornalisti alla vicenda. L’opinione pubblica è sconvolta.
Il procuratore della contea di Bergen, Woodcock, ordina la riesumazione dei corpi di cinque possibili vittime. La scienza, con nuove tecnologie, porta alla luce tracce di curaro in tre di essi. Il 18 maggio 1976, la giuria popolare emette l’incriminazione: Jascalevich è accusato di cinque omicidi, tra cui quelli della piccola Nancy Savino, di soli quattro anni.
Il processo, iniziato nel 1978, si trasforma in un’estenuante battaglia legale. L’accusa, guidata dalla giovane Sybil Moses, si scontra con l’abile difesa di Raymond A. Brown. Due capi d’imputazione cadono per mancanza di prove. Brown sferra un attacco frontale alla credibilità del giornalista Farber, chiedendo la consegna di tutti i suoi appunti e scritti relativi a 193 potenziali testimoni. Un atto che Farber definirà “il mandato di comparizione più ampio mai emesso per un giornalista americano”.
Dopo trentaquattro settimane di deposizioni, il verdetto finale gela l’aula di tribunale: Mario Jascalevich viene assolto il 24 ottobre 1978. La giustizia terrena non è riuscita a inchiodare il “Dottor X”.
Ma l’ombra del sospetto continua a perseguitare Jascalevich. Nel 1980, il Consiglio dei Medici Esaminatori del New Jersey gli revoca la licenza medica, giudicandolo colpevole di “grave malasanità o grave negligenza e mancanza di buona condotta morale”. Nel frattempo, il Riverdell Hospital, macchiato da una reputazione infamante, viene demolito nel 1984.
Nello stesso anno, Mario Jascalevich muore in Argentina per un’emorragia cerebrale, portando con sé nella tomba il segreto delle morti del Riverdell Hospital. Sebbene legalmente innocente, molti continuano a considerarlo il “Dottor X”, l’angelo della morte che si aggirava silenzioso tra i corridoi dell’ospedale, iniettando l’ombra del curaro nelle vite dei suoi pazienti. Il mistero rimane irrisolto, un inquietante monito sulle zone d’ombra della medicina e sulla fragilità della vita.