Sedici giorni dopo, si riparte: a poco più di due settimane dall’eliminazione in Champions per mano del Barcellona che ha concluso l’interminabile stagione 2019/2020, il Napoli di Rino Gattuso si ritroverà lunedì prossimo a Castel di Sangro, dove svolgerà il ritiro precampionato fino al 4 Settembre, in vista dell’inizio della Serie A fissato per Sabato 19.
Grande attesa per l’arrivo degli azzurri nella cittadina abruzzese, distante solo 130 km da Napoli, che sostituisce Dimaro come sede della preparazione estiva dopo 10 anni (il prossimo anno il Napoli effettuerà la preparazione in entrambe le località tra Luglio ed Agosto), e che si prepara a subire una festante e pacifica invasione da parte dei tifosi partenopei, pur con tutte le precauzioni che la pandemia da Covid-19 rende indispensabili.
Al di là dell’entusiasmo che da sempre caratterizza questi eventi, in cui è data la possibilità ai supporters azzurri di stare a contatto con la propria squadra del cuore, c’è da dire che il momento del Napoli non consente di essere particolarmente ottimisti.
L’ultima stagione, pur conclusa con la conquista di un trofeo importante come la Coppa Italia, ha infatti definitivamente sancito la fine di un ciclo, quello degli uomini scelti da Benitez ed esaltati dalla guida di Sarri, la cui conclusione era apparsa evidente già nella parte finale del primo anno della gestione Ancelotti.
A lasciare perplessi però, oltre al ritardo nell’iniziare un necessario processo di rinnovamento e ringiovanimento della rosa, sono anche alcune delle scelte prese dal club proprio durante questa fase.
Al netto dei deludenti risultati dello scorso girone di andata, resta innanzitutto l’amaro in bocca per l’esonero di Carlo Ancelotti, che aveva intuito la necessità di velocizzare il cambiamento, ma che di fronte all’inevitabile resistenza di alcuni senatori dello spogliatoio non ha potuto contare sull’adeguato supporto della società, evidentemente essa stessa ancora troppo legata agli eroi delle precedenti stagioni, o forse timorosa di non riuscire a sostituirli adeguatamente.
Le tensioni createsi sin dal ritiro (con tanto di richieste di spostamenti in ruoli più congeniali e via dicendo) sono culminate nel catastrofico ammutinamento del 5 Novembre, che ha segnato il destino sia di alcuni ex titolarissimi (Allan in particolare) che dello stesso Ancelotti, il cui a quel punto inevitabile allontanamento resterà comunque una delle più grandi occasioni di crescita perse dal Napoli nella propria storia.
L’avvento di Rino Gattuso, entrato immediatamente nelle grazie dell’ambiente (al contrario di Ancelotti, guardato da sempre con sospetto, come capitò a Benitez e come capita a chi arriva a Napoli con un curriculum troppo importante) per via dell’aria da “maestro di campo” e dell’aspetto grintoso, non ha dato frutti nell’immediato, dando definitivamente torto a chi chiedeva il ritorno al 4-3-3 ed al gioco Sarriano tutto basato sul possesso palla, sul pressing e sulla difesa alta, adottati inizialmente dal tecnico calabrese a furor di popolo.
Dopo una serie di tremende batoste, “Ringhio Star” è corso ai ripari con grande intelligenza e pragmatismo, varando un abbottonatissimo 4-1-4-1 che ha consentito agli azzurri, a cavallo del lockdown, di inanellare un filotto di successi in campionato e di vincere con merito la Coppa Italia ai danni di Lazio, Inter e Juventus.
La parte finale del campionato, in cui Gattuso ha provato a riproporre una pressione molto offensiva ed un gioco incentrato sul dominio della partita, ha però ribadito tutte le difficoltà degli azzurri, che hanno perso nuovamente equilibrio, subendo gol con impressionante puntualità, e confermando una inquietante sterilità offensiva (ottavo attacco del campionato con soli 61 gol, pur essendo la seconda squadra per conclusioni tentate).
A fine torneo, pur disputando un ottimo girone di ritorno (38 punti), Gattuso non è riuscito a migliorare una classifica da lui stesso definita “imbarazzante” al suo arrivo (settimo posto), vedendo viceversa aumentare notevolmente la distanza dalla qualificazione in Champions (da 7 a 16 punti), obiettivo dichiarato all’inizio della sua gestione.
Appare ormai evidente l’esigenza di trovare nuove soluzioni, abbandonando un tipo di calcio che l’addio di giocatori come Albiol, Jorginho ed Hamsik ha reso di difficile realizzazione, e provando a puntare meno sul possesso palla e più sulle verticalizzazioni e le giocate in profondità, sfruttando le caratteristiche di Lozano (vittima, al di là delle difficoltà di ambientamento, di un incomprensibile ostracismo) e del nuovo arrivato Osimhen, giovane nigeriano acquistato per la notevole cifra di 70 milioni.
La scelta di puntare forte su Osimhen (in attesa di capire il destino del neo-acquisto Petagna), d’altro canto, pur se affascinante, non può non definirsi azzardata, vista la poca esperienza ad alti livelli dell’ex centravanti del Lille, e vista la scelta del Napoli di rinnovare il contratto a Mertens invece di dare più spazio a Milik (miglior marcatore azzurro negli ultimi due campionati, probabilmente spinto a chiedere la cessione proprio in virtù della riconferma di Mertens) o di provare ad acquistare centravanti più affermati.
In tal senso, nonostante l’immenso affetto che ogni tifoso azzurro ha per Dries Mertens, entrato nella leggenda del club (miglior marcatore all-time) e nel cuore dei supporters per il suo rapporto viscerale con la città, lascia più di un dubbio la scelta di rinnovargli il contratto, garantendo un biennale (con opzione per il terzo anno) da ben 5 milioni di euro all’anno ad un 33enne che, al netto di qualche perla in Champions, ha realizzato solo 25 gol negli ultimi due campionati (e solo 9 quest’anno).
Ulteriori indicazioni sulle ambizioni del Napoli arriveranno ovviamente dalle altre operazioni di mercato: appare urgente infatti acquistare un terzino sinistro, vista la difficoltà di Ghoulam a tornare ai suoi livelli, e sopperire in difesa ed a centrocampo alle ormai sicure partenze di Koulibaly ed Allan, le cui cessioni tardive, unite ad una stagione incolore per entrambi, ne hanno fatto crollare il valore di mercato.
Sarà importante cercare di acquisire giocatori in grado di aumentare la fisicità della squadra (confortante in quest’ottica l’acquisto già formalizzato di Rahmani dal Verona), spesso in difetto di chili e centimetri rispetto alle avversarie, e soprattutto provare ad aggiungere un centrocampista dinamico e bravo negli inserimenti in area, dote di cui difettano sia Fabiàn che Zielinski, troppo innamorati del pallone tra i piedi.
Sarà inoltre necessario che i due centrocampisti centrali acquistati a Gennaio, Demme e Lobotka, innalzino sensibilmente il livello del loro gioco: troppo scolastico l’ex Lipsia, fino ad ora buono solo come frangiflutti davanti alla difesa, troppo discontinuo il nazionale slovacco, che ha anche mostrato una condizione fisica spesso approssimativa.
Tantissime le incognite, insomma, alla partenza di questa nuova stagione: non resta che augurarsi che le scelte operate da Aurelio De Laurentiis si rivelino ancora una volta vincenti, come quasi sempre avvenuto in questi ultimi 16 anni.