Queer, essere queer, il mondo queer. Moda, costume, nuova normalità.
Il termine ormai di uso comune indica una sessualità fluida, volutamente non definita, ma anche uno stile, un modo di essere/apparire. Queer non è solo maschio o femmina, è tutto.
E forse il maestro Luca Guadagnino, benché italiano è un nome assolutamente che richiama Hollywood (o forse per stile e arte la vecchia Hollywood), si “aggancia” al concetto queer per raccontare una storia di amore gay tra due uomini di diverse età, ambientata negli anni 50 del secolo scorso in Messico.
Queer di Luca Guadagnino è l’adattamento del romanzo (incompiuto) di WilliamBurroghs, uscito in Italia nel 1985 con il titolo CHECCA.
Guadagnino, “sporca” il termine queer che è spesso associato a qualcosa di impalpabile, di ricercato, e lo mette al servizio di una storia dove al centro di questi due uomini c’è un traffico di droga. Un caldo soffocante e un’atmosfera polverosa tipica di una capitale messicana.
E da qui parte il film.
Il primo tempo è soporifero e sembra di sfogliare le pagine del prolisso Burroghs. Nel secondo tempo dove la scena si sposta in Ecuador, sembra un film di avventura immerso nel fango e nel sudore.
E poi c’è il sentimento.
L’amore è il protagonista di questo film, un amore intangibile, con poco sesso ma davvero eccitante a vedersi, un vortice di desiderio che trascina l’attempato Daniel Craig (perfetto nel ruolo del vecchio Lee fortemente invaghito,stereotipo del gay inibito, ma mai caricaturale) e ti fa dimenticare gli impeccabili panni dell’agente 007, film per cui è maggiormente conosciuto. Craig incarna il desiderio e le insicurezze di un uomo ormai vissuto, “una checca”, ma non effeminato.
E negli anni 50 questi termini nemmeno esistevano.
Infatti lui odia il suo essere queer ma non si limita in nulla, sembra sempre in cerca di giovani uomini e di alcol per passare le sue giornate. In questo si ritroveranno le vecchie generazioni costrette a nascondere la propria -inaccettabile all’epoca- identità sessuale, e, le nuove generazioni forse attratte proprio dal termine “QUEER” si troveranno a vivere una storia anacronistica di repressione sessuale, datata, ma ancora per molti realtà di vita.
Molto bravo il coprotagonista Drew Starkey nel ruolo del giovane Allerton, quasi un fantasma in carne e ossa che ossessiona e divora i giorni e le notti di Lee.
Queer ti accompagna dolcemente con la mano prima di far partire uno schiaffone, e benché la pellicola è abbastanza fedele al libro da cui è tratto, non si risparmia qualche guizzo narrativo personale. Forse la giusta conclusione al romanzo di Burroghs la sceglie proprio Guadagnino con il suo epilogo. Operazione cinematografica con tanti tranelli (Craig nel ruolo di un gay, l’intoccabile icona Burroghs, il difficile e attento pubblico LGBT) che Guadagnino supera con la maestria di un cineasta consumato. Chi andrà a vedere Queer resterà incantato dalla storia ben costruita e da una fotografia che farà respirare e rivivere le calde notti della tierra del sol.
Un film old style con un titolo assolutamente moderno