Mico Argirò cantautore originario di Agropoli (SA) arriva a noi con questo nuovo album “Vorrei che morissi d’arte” (uscito il 29 ottobre) dopo una carriera di tutto rispetto. Già due dischi all’attivo (che potrete trovare nei link di seguito riportati), e molte altre attività, sempre con un unica costante: Rimanere fedeli alla musica d’autore e alla ricerca di un sound personale.
Un album dai plurimi significati, e dalla sempre maggiori sorprese musicali, questo, che di sicuro non deluderà le aspettative dei suoi ascoltatori.
- Vorrei che morissi d’arte – Curiosa apertura in questo primo pezzo; la contrapposizione dei termini e delle parole, per un significato di fondo che ha del poetico, è piacevole…inusuale, potremmo dire, ma al contempo sorprendente e gradita. La linea vocale femminile aggiunge un tocco di calore ad un pezzo molto sentito.
- Figlio di nessuno – Una ballad dal sapore antico; è vivo il richiamo ad artisti come “Renga” che hanno fatto poesia in musica. Dolce, leggera e sensibile. Un qualcosa di non sbagliato, ma lontano e comunque piacevole.
- Saltare – Altra ballata; il pezzo scorre liscio e sinuoso accompagnato da una metrica del testo non proprio convenzionale; è possibile ad un primo ascolto, infatti, avvertire qualche piccola dissonanza nelle parole. Bella l’idea di narrare l’incontro come fosse un viaggio.
- Money – Si ritorna al ritmo del disco. Un pezzo dal groove deciso, secco ed a tratti funkeggiante. Inaspettato il chiaro richiamo ad un altro celebre omonimo della musica mondiale, anche se, forse, a volte il troppo storpia, e qualcosina qui proprio non andava.
- Chissà se tornerà – “Chissà se tornerà”…ce lo siamo chiesti tutti almeno una volta nella vita, ma stavolta è diverso. Stavolta siamo parte di un viaggio altrui; si questo pezzo è un viaggio…e non siamo lontani dal viaggio che abbiamo sempre desiderato fare. Un accompagnamento melodico minimo, nessuna grande innovazione, se non il desiderio di ammettere una propria debolezza verso un sentimento. A parere dello scrivente di sicuro il pezzo migliore.
- Il polacco – Un mix di generi e musica inseriti con bravura, ma che lasciano il sincero dubbio della riproduzione in sede live. Un pensiero a ciò che troppo spesso riteniamo diverso da noi; a ciò che non sappiamo e che non ci sforziamo di conoscere. Una bella apertura ad una tematica molto spigolosa, volendo essere ampi nel parlare, che spesso ci vede contrapporci in maniera ignorante a persone che altro non sono, che persone come noi.
- Lo scacchista – Ultimo pezzo; ritratto di un soggetto che non riesce apparentemente a vedere fuori da se. Lo “scacchista” come metafora di un uomo troppo ingabbiato dalle solite convenzioni e dalle solite mosse routinarie. Un bel pezzo tutto sommato
Conclusione: Il disco si lascia ascoltare, con qualche difficoltà nella comprensione a causa di alcuni passaggi un po’ troppo caotici. Bello come progetto, come idea di viaggio; un disco di musica cantata e non buttata per fare share. Ottima come nuova proposta a cui servirebbe certamente più spazio in sede di serate e passaggi radiofonici. Unica nota dolente qualche piccola imprecisione di registrazione musicale; qualche momento di caos dove non si sente bene il testo e dove le chitarre in assolo sovrastano i restanti strumenti. Tutto sommato, però, come prodotto è buono e meritevole di crescita.
Voto: 7
Ecco i link a cui potrete accedere per seguire questo artista:
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– www.youtube.com/user/MicoArgiro