È successo di nuovo, questa volta nella notte di venerdì 17 maggio, alle 2.30 circa; ed è successo in un altro luogo che, per la sua importanza e delicatezza, mai dovrebbe essere coinvolto in fatti del genere. Ci stiamo riferendo, chiaramente, alla sparatoria avvenuta all’ingresso del Pronto Soccorso del Vecchio Pellegrini, nel cuore della Pignasecca. Come appreso da tutte le testate giornalistiche, infatti, dopo l’arrivo di un 22enne sparato alle gambe, accompagnato da un ragazzo e una ragazza minorenni, è sopraggiunto un altro uomo, coperto da un caso integrale, il quale ha aperto il fuoco ben quattro volte dal piazzale antistante all’ospedale, colpendo le scale, l’ascensore e ferendo di striscio i due minori. Verosimilmente, il sicario in questione è lo stesso che già aveva gambizzato in via Toledo, nei pressi di Piazza Plebiscito, il giovane appunto portato al Pellegrini per essere assistito. La vittima, ora in condizioni stabili, è nota alle autorità, in quanto, nel marzo 2018, fu arrestato – ma è poi tornato in libertà – con l’accusa di aver partecipato in uno scontro tra bande di giovanissimi, in cui perse la vita un sedicenne. I due più piccoli, invece, come riferito da un chirurgo che ha assistito alla scena, nonostante le ferite lievi, sono fuggiti.
“Credo proprio che questa notte sia stato oltrepassato ogni limite. Di questo passo arriveremo ai camici bianchi antiproiettile”. Queste le parole, riportate da La Repubblica, del commissario straordinario dell’Asl Napoli 1, Ciro Verdoliva, il quale ha aggiunto: “ Ha sparato tra la folla ad altezza d’uomo, senza curarsi del fatto che, sulle scale del pronto soccorso, c’erano almeno quattro o cinque persone. Poteva essere una strage”.
Non bastano, quindi, tutte le aggressioni che il personale sanitario – come spesso ci restituiscono le cronache – è costretto a subire da parenti e utenti, ora si aggiunge anche il delirio malavitoso.
Restiamo, ovviamente sconcertati da questo ennesimo episodio di violenza inaudita, che giunge a pochi giorni di distanza dallo scandalosa vicenda di Piazza Nazionale, durante la quale, come è noto, è stata quasi ammazzata una bimba di 4 anni. È un periodo in cui, con buona evidenza, stiamo assistendo ad un inasprimento degli scontri, delle stese e delle intimidazioni di natura camorristica. Si spara praticamente ovunque, incluso nel centro storico, in zone turistiche e persino presso scuole (come a San Giovanni a Teduccio) e ospedali. Pare quasi di essere precipitati in uno “stato di guerra”, in un assedio permanente. È, a tutti gli effetti, un’emergenza, una vera emergenza, a dispetto di quelle che ci impongono attraverso i media, per le solite logiche elettorali del “dividi et impera”.
Per ironia della sorte, quest’ultimo fatto, poi, si è verificato proprio nello stesso giorno in cui il Ministro degli Interni, che si occupa di sicurezza (sì, anche quando non si tratta di stranieri), tra le proteste, è tornato a Napoli per presiedere il Comitato per l’ordine pubblico. Come sempre si è parlato di un maggiore impiego di agenti (circa 500), il che, con la speranza che non resti ancora una promessa, ovviamente, è giusto. Tuttavia, come abbiamo avuto modo di dire diverse volte, ciò non è sufficiente se si vuole agire alla radice del fenomeno; è un po’ come limitarsi a nascondere la polvere sotto al letto ed essere convinti, così facendo, di aver pulito.
Fino a quando non si vedranno misure capaci di garantire anche al nostro territorio livelli adeguati per uno Stato che voglia definirsi di diritto, con un’equa distribuzione di risorse, servizi e diritti, non potremo ritenerci soddisfatti. Perché senza combattere la dispersione scolastica (sorprende la giovane età dei protagonisti), la disoccupazione e la carenza nelle infrastrutture, la camorra è destinata a vincere ancora a lungo, proliferando lì dove le istituzioni non arrivano… o forse non vogliono arrivare (?).