E’ allestita nelle sale delle Galleria d’Italia della Banca Intesa-Sanpaolo in piazza Scala a Milano, la mostra “STORIE RESTITUITE. I documenti della persecuzione antisemita nell’Archivio Storico Intesa-Sanpaolo”, curata da Barbara Costa e da Carla Cioglia, fino al 23 febbraio 2020. I documenti della persecuzione antisemita riguardano i beni espropriati, confiscati e sequestrati in Lombardia dall’EGELI, organo governativo che si occupò della spoliazione degli ebrei fra il 1939-1945. Il fondo è costituito da 300 faldoni d’archivio contenenti oltre 1500 pratiche nominative di cittadini ebrei italiani e stranieri che, a partire dal 1939, subirono un provvedimento di confisca e sequestro dei beni. A questi si aggiungono circa 500 pratiche di cittadini dichiarati nemici dopo il 10 giugno 1940, data dell’entrata in guerra dell’Italia, i cui beni furono confiscati da EGELI sulla base della legge di guerra.
Il percorso espositivo è basato sul racconto di sei storie emblematiche tratte dai fascicoli d’Archivio: Eugenio Colorni, Rinaldo Jona, Aurelia Josz, Gino Emanuele Neppi, Piero Sonnino e Shulim Vogelmann, e mette in luce l’intreccio fra la dimensione storica e quella umana che scaturisce dai documenti.
Stazione centrale- Ricerche: Ufficio ricerche e assistenza ex internati e prigionieri alla stazione di Milano.
I famigerati Provvedimenti per la difesa della razza italiana emanati nel novembre 1938 trovarono attuazione dopo pochi mesi con la costituzione dell’Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare (Egeli). In seguito, estese le proprie competenze ai sequestri dei beni esattoriali e, con l’ingresso dell’Italia in guerra (10 giugno 1940), ai beni nemici nel Belpaese. Con la Repubblica Sociale Italiana iniziò una sistematica caccia all’uomo con l’arresto e la deportazione in campi di concentramento di tutti i cittadini ebrei italiani e stranieri.
La documentazione conservata nei fascicoli si apre con il decreto di confisca o sequestro da parte del Prefetto, cui segue la delega dell’EGELI al Credito Fondiario Cariplo. I beni sottoposti alla requisizione vennero dettagliatamente descritti nel verbale di presa in consegna, redatto generalmente da un funzionario di filiale. Fra la documentazione conservata nelle pratiche, oltre a quella legata alla gestione burocratica di quanto confiscato, emerge la corrispondenza con i proprietari dei beni o i loro eredi all’atto della restituzione; è fra queste carte che spesso ci si imbatte nella storia dei perseguitati e della loro deportazione. All’atto della restituzione venivano redatti i verbali di riconsegna siglati con la firma dei proprietari o dei loro eredi.
Ufficio della sede di Varese della Cassa di Risparmio delle Province lombarde (1939)
LE LEGGI RAZZIALI EMANATE DAL REGIME FASCISTA NEL 1938. La politica antisemita del regime fascista, già presente sotto traccia a partire dal 1935, dopo l’invasione dell’Etiopia, accelera nel 1938 con una serie di provvedimenti: a luglio la pubblicazione del cosiddetto “Manifesto degli scienziati razzisti” e la creazione della Direzione generale per la Demografia e la Razza presso il Ministero degli Interni; ad agosto, per la prima volta, il censimento degli ebrei separatamente dal resto della popolazione italiana, non sulla base dell’appartenenza ad una religione ma ad una razza; a settembre i Provvedimenti per la difesa dell’etnia nella scuola fascista, che causano l’allontanamento da istituti didattici e università di studenti, professori e personale scolastico ebreo. Il processo culmina con le cosiddette leggi razziali del 17 novembre 1938 che colpiscono ogni settore della società italiana, imponendo agli ebrei il divieto dei matrimoni misti, il licenziamento da tutti gli impieghi pubblici e assimilati, negli enti statali, nell’esercito, nelle aziende di rilevanza nazionale, nelle banche e nelle assicurazioni.
LE CONFISCHE DEI BENI DEGLI EBREI. La normativa ha anche un impatto patrimoniale sui beni ebraici perché impone di non possedere immobili e terreni di valore superiore a un limite prefissato dalla legge: tutto quanto eccede questo limite, viene espropriato e incamerato dallo Stato. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e la divisione dell’Italia in due, secondo la linea del fronte, le persecuzioni si aggravano rapidamente: è la vita stessa degli ebrei ad essere in pericolo. Dalla metà di settembre iniziano le stragi e gli arresti, il 23 settembre, dalla Germania, Mussolini presenta la nascita del nuovo Stato Fascista che dal 1° dicembre 1943 prende il nome di Repubblica Sociale Italiana. Un giorno prima, il 30 novembre, il Ministro dell’Interno Buffarini Guidi annunciò, nell’ordine di polizia numero 5, per tutti gli ebrei, italiani e stranieri, discriminati e non, l’arresto e l’internamento in campi di concentramento e l’immediato sequestro di tutti i loro beni, mobili e immobili: abitazioni, aziende, azioni, crediti, arredi, vestiario, effetti personali. In Lombardia soltanto dopo la Liberazione iniziò il lento e burocratico processo di restituzione dei beni, per i molti tra loro vittime della Shoah, ai loro eredi.
Colorni-fascicolo
I BENI “NEMICI“. Come detto in precedenza, con l’entrata in guerra dell’Italia (10 giugno 1940) viene dato all’EGELI anche il compito di sequestrare i beni dei cittadini aventi nazionalità di paesi in guerra contro il Belpaese. In Lombardia, come si evince dai documenti d’archivio, la maggioranza dei sequestri riguarda cittadini francesi, inglesi, americani (dopo il 1942) e in misura minore greci e turchi. Fra questi si annoverano anche cittadini ebrei stranieri o apolidi che si erano rifugiati in Italia per sfuggire alle persecuzioni o che vi si erano trasferiti negli anni ’20 senza prendere la cittadinanza o a cui era stata revocata per le leggi razziali. Fra i nemici ci sono anche cittadini di origine italiana, inglesi, francesi e americani che conservano nella madre patria piccole proprietà, spesso agricole, in comproprietà con i familiari rimasti nella penisola italiana. Le loro corrispondenze offrono una traccia interessante della storia dell’emigrazione italiana.
Nonostante questa mostra e altre iniziative, il negazionismo è ancora vivo in Italia. Fotografia allarmante quella che emerge dall’ultimo rapporto Eurispes. Dal 2004 ad oggi è aumentato il numero di coloro che pensano che la Shoah non sia mai avvenuta: erano solo il 2,7%, oggi sono il 15,6%. Inoltre, secondo l’indagine, riscuote nel campione un “discreto consenso” l’affermazione secondo cui “molti pensano che Mussolini sia stato un grande leader che ha solo commesso qualche sbaglio“.