Uscirà domani in tutte le edicola e le fumetterie Super conductive Brain Parataxis, volume unico dedicato alla miniserie del maestro Shintaro Kago targata Star Comics, di cui abbiamo parlato qui. Noi di Nerdangolo però lo abbiamo letto in anteprima per voi.
Edita per la prima volta in Giappone quasi due decadi fa–nel 1997–la miniserie in 8 episodi (6 + due “mezzi” episodi), si inscrive perfettamente nel filone post-apocalittico di quegli anni.
A seguito di una non meglio precisata catastrofe planetaria, l’umanità ha rischiato di scomparire. Eppure ha ben presto trovato una nuova età dell’oro. La narrazione, sebbene episodica, crea un affresco sociale e umano piuttosto strutturato e rigoroso. Il primo episodio getta immediatamente il lettore nel contesto di una megalopoli caotica, in continua crescita. E’ chiaramente un mondo in pieno sviluppo economico, nel quale però spicca fin da subito una strana, grottesca tecnologia. Tutte le macchine infatti, sembrano ricavate da pezzi smembrati e variamente ricomposti di enormi esseri umani. Sono ciò che gli abitanti di questo mondo chiamano sadra, cloni artificiali di una razza di giganti ormai scomparsa. Gli episodi successivi getteranno via via nuova luce su queste premesse, svelando dettagli tanti affascinanti quanto inquietanti. Già da questa prima storia però, Shintaro Kago delinea alla perfezione il volto di una società spietata e disumanizzata, in cui qualsiasi barlume di riscatto o compassione per l’altro viene soffocato.
A ben vedere quello del post-apocalittico non è l’unico tema alla base dell’opera. Sono ben presenti infatti, anche tutte le caratteristiche del fumetto mecha, tanto caro alla narrativa giapponese. Riproposte però in una versione distorta e allucinata che, eliminando ogni distanza fra uomo e macchina, pone senza barriere emotive i temi che la fantascienza classica ha sempre veicolato nel tema del robot: identità, intelligenza, alterità, sfruttamento. L’immagine di un’umanità letteralmente fatta a pezzi e utilizzata come macchinari da costruzione evoca nella mente scenari purtroppo non inediti, nella finzione come nella realtà. La vena comico-umoristica dell’autore riemerge però costantemente, a stemperare e alleggerire una narrazione che sarebbe altrimenti eccessivamente drammatica e cruenta.
Le matite di Kago, anch’ esse realistiche e caricaturali assieme, uniscono al contempo splatter e commedia, azione dinamica e accuratezza del dettaglio. Il complesso, come accennato, risulta volutamente grottesco e disturbante, eppure divertente e di semplice lettura. I personaggi che si aggirano nel piccolo mondo affollato – quasi claustrofobico, nonostante le immense strutture – incrociano i propri destini in una trama complessiva solida e ben strutturata. Seguendo questo andamento narrativo, solo apparentemente paratattico, il lettore scoprirà uno dopo l’altro i segreti e i misteri di questa strana civiltà selvaggia–così aliena eppure così familiare– ritrovandosi infine con le spalle al muro, incastrato in una conclusione amara, ma forse non ineluttabile. Sospeso nell’ eterno dubbio che una scelta diversa sia possibile.