Il premio Nobel giapponese Kawabata Yasunari (1899 – 1972) trova una nuova casa negli Oscar Mondadori, che per l’occasione hanno messo a punto una “uniform edition” che valorizza toni e temi delle sue opere: le prime annunciate sono “La casa delle belle addormentate”, “La danzatrice di Izu” e “Il lago”.
La particolarità delle edizioni Oscar Moderni risiede nella cura delle impeccabili traduzioni offerte da esperti di lingua giapponese, specialisti della traduzione e della letteratura nipponica, con l’obiettivo di rendere e rispettare il valore linguistico e letterario dell’opera dell’autore nella sua interezza. Tra questi: Giorgio Amitrano, Costantino Pes, Antonietta Pastore e altri.
Tutte le edizioni Oscar presentano al loro interno un accurato glossario dedicato alla terminologia giapponese e una biografia essenziale dell’autore.
La danzatrice di Izu
Uno studente di Tōkyō intraprende un viaggio solitario nella pittoresca penisola di Izu: spera di trovare sollievo ai propri tormenti. Nella bellezza del paesaggio autunnale, il protagonista vive un’esperienza che lo segnerà a fondo: conosce Kaoru, una giovane danzatrice errante, pura nella sua naturale semplicità e nel suo animo infantile. In un delicato equilibrio tra lo scenario idilliaco di Izu e le dinamiche emotive fra i due, Kawabata esplora il tema della bellezza effimera e dell’innocenza perduta, catturando con maestria la fugacità del momento. Opera giovanile dell’autore, fortemente autobiografica, La danzatrice di Izu (1927) secondo Mishima «ha la bellezza incompiuta della giovinezza stessa». La accompagnano in questo volume altri tre racconti, come nell’edizione Shinchōsha del 1950: Locanda termale (1930), che nella coralità tutta declinata al femminile ricostruisce con vividezza gli stessi ambienti della Danzatrice di Izu; Lirica (1934), un’interpretazione di rara intensità dello struggimento di una donna per l’amore perduto; e Uccelli e altri animali (1934), un racconto in cui vita e scrittura si fondono in un’allegoria disturbante. In ognuno di questi testi – al di là di una semplice narrazione di eventi e azioni – Kawabata riesce a offrire un affresco di indelebili emozioni, così fine da penetrare profondamente nell’animo del lettore.
La casa delle belle addormentate
Afflitto da profonda solitudine, raggelato dalla vecchiaia, Eguchi decide di visitare una casa misteriosa e segreta dove uomini anziani come lui possono trascorrere la notte riscaldandosi accanto ai corpi di giovani donne profondamente addormentate. Svegliarle è impossibile, toccarle assolutamente vietato. In questo luogo sospeso tra sogno e realtà, Eguchi – turbato dal fascino magico delle ragazze «in un letargo di morte apparente» – esplora gli sfumati confini tra piacere, memoria e rimpianto in una delicata rapsodia di sensazioni e ricordi. Raffinato racconto erotico, viaggio nei più profondi recessi della psiche, La casa delle belle addormentate (1961) è – secondo Mishima – «un capolavoro di letteratura decadente capace di mantenere una bellezza formale, pur emanando allo stesso tempo una fragranza simile al marciume di un frutto troppo maturo». Un’opera che intreccia soffocanti fantasie sessuali con il disgusto per la vita, che trae dall’atmosfera onirica – tipica della prosa delicata, rarefatta e luminosa di Kawabata – riflessioni sulla natura effimera dell’esistenza umana, sulla fugacità del tempo e sull’ineluttabilità della morte. Il breve romanzo è accompagnato da due racconti: Il braccio (1965), in cui le ossessioni e la bramosia sessuale si riversano nel desiderio allegorico dell’autore di «un mondo di solitudine assoluta», e il giovanile La bellezza sfiorisce presto (1935), ispirato a un caso di duplice omicidio di due ragazze avvenuto nel 1928.
Il lago
Momoi Ginpei, ex insegnante tormentato dalle proprie insicurezze e afflitto per la bruttezza dei suoi piedi, è fortemente attratto dalla bellezza femminile. Al punto che comincia a seguire le donne di cui si invaghisce: un’ossessione per il bello che lo condurrà a una vera e propria «ribellione contro se stesso». Nel suo breve romanzo, inizialmente pubblicato a puntate nel 1954, Kawabata esplora le impalpabili sfumature dell’animo umano e la complessità delle relazioni interpersonali, alternando il presente di un mondo reale – quello di un Giappone postbellico – con i ricordi del passato di Ginpei. La trama si snoda lungo una sottile linea tra il conscio e l’inconscio in cui le visioni enigmatiche del protagonista – sottolinea Kakuta Mitsuyo nella postfazione – «non sorgono dai suoi pensieri consci, ma sono qualcosa di cui lui stesso non riesce a comprendere l’origine, che si manifesta viscido dal suo io più profondo». Al di là di una semplice narrazione realistica, Il lago ci guida alla ricerca di significati più profondi ed esplora il potere della memoria e dell’autoanalisi, rivelando non solo una nevrosi legata alle paure personali di Ginpei ma anche la progressiva sconfitta morale di un uomo e di una nazione.