Nel bene o nel male, l’importante è che se ne parli. Ed è così ogni anno per Sanremo: il sofisticato che non ascolta musica italiana, la mamma che si trova orfana di “C’è posta per te” (perchè la Maria nazionale è una donna intelligente e non gareggia con Sanremo), il padre che si ritrova nella stessa stanza, chi non rinuncia mai ma proprio mai al Festival della Canzone Italiana, i giornalisti che per lavoro sono costretti a vederlo… Sanremo unisce tutta l’Italia ed è ben chiaro dal risultato dello share di ieri sera: il 60,6% di share, 11.477.000 telespettatori hanno scelto rai uno per vedere la finalissima.
Alla fine della giostra, ha vinto una canzone classica italiana: “Fai Rumore“. A portarla sul palco, Antonio Diodato, un ragazzo semplice, con la faccia pulita, di Taranto, laureato al DAMS, nel 2007 pubblicò un EP auto prodotto, ma poi nel 2010 riceve l’offerta della prima casa discografica. Nel 2013 si esibisce al 1 maggio di Taranto. A Sanremo c’era già stato nel 2014 ma come nuova proposta, anno in cui arrivò secondo dopo Rocco Hunt.
Vincitore a parte, questa edizione, la numero 70 del Festival della Canzone Italiana, ci ha regalato momenti di puro trash, mi riferisco alla lite tra Bugo e Morgan, un simpatico siparietto in cui Morgan, che si sente ormai onnisciente ed ha perso completamente la testa, ha litigato persino con l’orchestra proponendo arrangiamenti definiti dai musicisti “insuonabili” e “incomprensibili”. Ha deciso mentre era sul palco di cambiare le parole della loro canzone ad insaputa del suo compagno, definendolo un “irriconoscente” per usare un eufemismo. Bugo ha deciso di andare via e si sono beccati la squalifica.
Per non parlare dell’annuncio del vincitore tanto atteso: all’1:15 circa viene chiuso il televoto e, ovviamente, i giornalisti vengono avvisati prima del resto dell’Italia per poter mandare in stampa o in video per il giorno DOPO la notizia. Ma un piccolo errore umano di Sky Tg 24 ha rivelato il nome del vincitore all’1.44 circa. Il web si è scatenato con foto e video, mentre i comuni mortali erano lì a sorbirsi mille balletti succinti, latino americani, Vittorio Grigolo, cantante lirico, ed ex insegnante di “Amici” che ha fatto rivoltare Freddy Mercury nella tomba, filmati di Alberto Sordi a caso (come diceva Moretti: “Ve lo meritate tutto Alberto Sordi”) e niente nel frattempo sugli schermi Gabbani e Diodato che aspettavano il verdetto, dato poi alle 2:15. Ma va bene così, quantomeno il testo di Diodato è un bel testo, con una bella musica. Certo, sembra di essere tornati indietro di mille anni. Se avesse dovuto vincere la voce, la classicità, a quel punto c’era Tosca. Ma no. Dopo Elettra Lamborghini che cantava al pari di Cicciolina, un Achille Lauro che per me potrebbe candidarsi in politica per quanto è avanti mentalmente, ma potrebbe tranquillamente evitare di cantare; dopo una Rita Pavone scatenata che si è mangiata in energia tutti i pischelli, un Piero Pelù che per noi nostalgici grande sound, ma che si è presentato come un nonno che dedica la canzone al nipotino (addio Diablo). Dopo un Marco Masini e un Michele Zarrillo che non si arrendono al tempo e a un nuovo tipo di musica, io salvo Anastasio, che ha tentato di fare un rap su base rock. L’unica vera innovazione di questo Festival. E ode a Sabrina Salerno che ha 51 anni è ancora la più bella in mezzo a una schiera di bimbe/vecchie rifatte.